Cass. civ., sez. I, sentenza 04/05/2004, n. 8421

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Massime1

Nel quadro del principio per cui non può essere attribuita la rappresentanza processuale quando non risulti conferita al medesimo soggetto anche la rappresentanza sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, deve escludersi che il titolare della direzione affari legali di una società di capitali possa ritenersi munito, indipendentemente dal conferimento di apposita procura (e cioè per via di mera e necessaria deduzione logica dal fatto di ricoprire tale carica), di poteri di rappresentanza sostanziale in ordine ai rapporti caratterizzati dall'elemento comune di costituire oggetto di controversia. Ciò posto, la procura che attribuisca al detto dirigente il potere di decidere, a nome dell'azienda, le modalità di definizione dei rapporti controversi - se transigere, sottoporre la questione al giudice o agli arbitri, o resistere - non può essere interpretata quale conferimento di rappresentanza di ordine meramente processuale, atteso che l'anzidetto potere di scegliere ed attuare la migliore soluzione dei rapporti stessi rivela tipiche caratteristiche sostanziali e negoziali, comprendendo in sè e precedendo logicamente quello di costituirsi in giudizio (nella fattispecie, la Suprema Corte ha cassato la sentenza della Corte d'Appello, che aveva ritenuto che una procura rilasciata al direttore della Direzione affari legali della RAI SpA dal presidente del consiglio di amministrazione contenesse il conferimento di poteri esclusivamente processuali, nonostante che la procura stessa investisse tale direttore del potere di assumere "tutte le iniziative in ordine alla instaurazione dei giudizi ed alla resistenza nelle cause", nonché di "effettuare rinunce e transazioni").

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 04/05/2004, n. 8421
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 8421
Data del deposito : 4 maggio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. O G - Presidente -
Dott. P U R - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. M G V A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A., in persona del Direttore della Direzione Affari Legali, Avv. R E, elettivamente domiciliato in Roma, ltv. dei Mellini, n. 39, presso l'Avvocato R D L che lo rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
Tiber Travel Centre s.a.s. di M G B;

- intimata -
avverso la sentenza n. 1162/C1 della Corte d'appello di Roma, depositata il 29.3.2001;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27 gennaio 2004 dal Relatore Consigliere Dott. G V A M;

Udito, per il ricorrente, l'Avvocato R D L;

Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R R, che ha concluso per l'inammissibilità della memoria ex articolo 378 c.p.c., il rigetto del ricorso o, in subordine, l'assegnazione alle Sezioni Unite.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con decreto in data 22.2.1996 il presidente del tribunale di Roma ingiunse alla RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A. di pagare alla Tiber Travel Centre s.a.s. di M G B la complessiva somma di Lire 187.113.300, oltre interessi di mora dalla domanda e spese del procedimento, quale corrispettivo per l'acquisto di biglietti aerei negli anni dal 1985 al 1991.
Con atto di citazione notificato il 29.4.1996, la RAI - in persona del direttore p.t. degli affari legali, agente in virtù dei poteri conferitigli dal presidente e dal direttore generale della società con le procure in date 16.2.1995 e 17.2.1995, rep. nn. 62257 e 62264 notaio Palermo - propose opposizione al predetto decreto ingiuntivo, deducendo la nullità della domanda per indeterminatezza della causa petendi, l'omessa indicazione specifica, con date ed importi, delle singole prestazioni asseritamente eseguite, la mancata trasmissione delle relative fatture, la non riferibilità di parte della documentazione prodotta ad essa opponente, il già avvenuto pagamento, per lo stesso titolo dedotto in giudizio, della somma di Lire 989.631.589, e l'intervenuta prescrizione decennale di parte del credito vantato.
La ditta opposta, costituendosi in giudizio, eccepì preliminarmente l'inammissibilità dell'opposizione per difetto di validi poteri rappresentativi da parte del direttore degli affari legali della società opponente e per incertezza sulla data di rilascio della procura speciale al difensore;
nel merito, sostenne che le somme già versate dalla debitrice RAI erano imputabili ad altri rapporti intercorsi fra esse parti, che si era provveduto all'elencazione dei biglietti emessi, di cui veniva chiesto il pagamento, e che quindi l'opposizione era anche infondata.
Con sentenza depositata il 25.6.1999, il tribunale dichiarò inammissibile l'opposizione perché proposta da persona - avvocato R E, preposto alla direzione affari legali della RAI - cui erano stati conferiti poteri inerenti alla sola rappresentanza processuale, non anche sostanziale. Condannò quindi l'opponente al pagamento delle spese di giudizio.
2.- La RAI, in persona dello stesso direttore degli affari legali, ricorse in appello, denunziando l'erroneità delle conclusioni cui era pervenuto il primo giudice sull'estensione dei poteri rappresentativi di esso appellante e riproponendo le eccezioni poste a fondamento dell'opposizione al decreto ingiuntivo, di cui chiese l'annullamento.
L'appellata Tiber Travel Centre, costituitasi in giudizio, chiese dichiararsi l'inammissibilità dell'impugnazione, per carenza di validi poteri di rappresentanza della società debitrice in capo all'appellante e, nel merito, il rigetto del gravame. 3.- Con sentenza depositata il 29.3.2001, notificata il 25.5.2001, unitamente al precetto, al domicilio della società appellante (non al domicilio eletto presso il procuratore costituito), la corte d'appello di Roma rigettò l'appello e condannò l'appellante al pagamento delle spese del grado, avendo giudicato.
3.1.- che l'eccezione d'inammissibilità dell'impugnazione (formulata dalla Tiber nelle conclusioni della comparsa di risposta, ma non esplicitata nello stesso atto o in scritti successivi) per asserito difetto di poteri rappresentativi dell'appellante, era da disattendere perché il direttore degli affari legali, avvocato R E, aveva proposto il gravame a nome della RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A., spendendo i poteri, attinenti agli aspetti sostanziali e negoziali oltre che a quelli di mera gestione processuale delle liti, conferitigli dal presidente e dal direttore generale di detta società con atto per notaio Palermo, rep. n. 65862 del 20.10.1998;
sicché il difetto di rappresentanza sostanziale rilevato dal giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo, non sussisteva più in relazione all'atto d'appello;

3.2.- che, però, la sentenza di primo grado doveva essere confermata, sul rilievo che il medesimo direttore degli affari legali aveva utilizzato, nel mandato alle liti steso in calce al decreto ingiuntivo, le procure in date 16 e 17.2.1995, rep. nn. 62257 e 62264, con cui gli era stata attribuita la sola rappresentanza per la gestione di rapporti controversi suscettibili di dar luogo a liti giudiziarie, non implicante necessariamente quella per la definizione negoziale del rapporto dedotto in lite;

3.3.- che infatti, secondo giurisprudenza ormai consolidata, interpretativa degli articoli 75, 3 co., e 77 c.p.c., il potere di rappresentanza processuale di una società di capitali, e correlativa facoltà di nomina dei difensori, è inscindibile da quello di rappresentanza sostanziale, in ordine al tipo di rapporto dedotto in giudizio;
ne', dunque, il primo di tali poteri, di carattere meramente processuale, è delegabile disgiuntamente dall'attribuzione del secondo;

3.4.- che la titolarità del potere di gestire rapporti di natura sostanziale non era peraltro desumibile, in via puramente presuntiva o logica - come effetto naturale, a prescindere dalla procura, dell'inserimento nell'organizzazione dell'impresa - dalla preposizione dell'avvocato Esposito alla dirigenza degli affari legali, quale specifico settore aziendale;

3.5.- che, infine, l'appellante non aveva formulato alcuna doglianza in ordine all'affermazione, contenuta nella sentenza appellata (e condivisa, del resto, dal giudice a quo), d'invalidità della procura contenuta nell'atto rep. n. 62260 del 17.2.1995, siccome conferita dal direttore generale della RAI, dotato di poteri di organizzazione e gestione interna, ma apparentemente privo (salvo prova contraria, non specificamente dedotta mediante formulazione di apposito motivo di gravame) di rappresentanza esterna della società, essendo quest'ultima attribuita dall'articolo 2 della legge 25 giugno 1993, n. 206, recante Disposizioni sulla società concessionaria del
servizio pubblico radiotelevisivo, soltanto al presidente del consiglio d'amministrazione.
4.- Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso, notificato il 26.7.2001, depositato il 13.8.2001, la RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A., in persona del direttore degli affari legali, avvocato R E, con tre motivi e successiva memoria. L'intimata Tiber Travel Centre s.a.s. di M G B non svolge difese in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.- Col primo motivo di gravame la ricorrente RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A. censura la sentenza impugnata, ai sensi dell'articolo 360, 1 co., nn. 3 e 5, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli articoli 2203 e ss., c.c., 75 e 77 c.p.c.;
nonché per insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, sostenendo che i poteri di rappresentanza sostanziale (non solo processuale) della società debbono ritenersi sussistenti, indipendentemente dal conferimento di apposita procura, in capo alla persona investita della carica di direttore degli affari legali, organicamente preposta alla struttura aziendale avente competenza a trattare, anche sotto l'aspetto sostanziale, qualunque rapporto divenuto oggetto di contestazione.
6.- La censura è infondata. 6.1.- Come esattamente rileva la corte d'appello, l'attività tipica dello specifico settore aziendale costituito dalla direzione degli affari legali, a differenza di quella di altri settori - come la direzione delle risorse umane ed organizzazione, cui si riferisce Cass. n. 10771/1998, richiamata dal ricorrente - è tale da non consentire la presunzione, per via di pura e necessaria deduzione logica, del contestuale conferimento di poteri rappresentativi di carattere negoziale o sostanziale a chi vi è preposto.
6.2.- In effetti, la sentenza S.u. n. 4666/1998, pure invocata dal ricorrente, nel riconoscere che è "ipotizzabile un assetto organizzativo dell'impresa che preveda la preposizione institoria di alcuni procuratori speciali ad un coacervo di rapporti costituenti un settore dell'azienda ed aventi la caratteristica comune di essere oggetto di controversia", chiaramente esclude la possibilità di desumere, come necessità logica, la sussistenza di un potere di rappresentanza sostanziale del preposto a tale settore, essendo questa solo "ipotizzabile": evidentemente, in attesa di conferme probatorie che, altrimenti, risulterebbero inutili. Ed invero, dalla motivazione di tale sentenza si apprende che, nel particolare caso sottoposto all'esame delle sezioni unite, ai procuratori speciali erano stati conferiti "tutti i necessari poteri di rappresentanza, processuale e sostanziale, della Società";
sicché "la menzione degli uni e degli altri poteri come oggetto di cumulativo conferimento, da un lato rispecchia, con pedissequa stesura della clausola, la condizione posta dal citato art. 77;
e, dall'altro lato, ragionevolmente si spiega solo con la consapevolezza...del conferente circa l'insufficienza di una titolarità limitata ai secondi, rispetto al perseguito fine di assicurare la rappresentanza della società nei giudizi...".
È dunque questo "complesso di clausole", conferenti poteri processuali e sostanziali insieme - non la mera configurazione di una direzione affari legali e la preposizione ad essa - a confermare l'esistenza di un assetto organizzativo interno della società, tale da far desumere la "preposizione institoria dei nominati procuratori speciali ad un coacervo di rapporti costituenti un settore dell'azienda" (ibid.), caratterizzati ed accomunati dal fatto di essere oggetto di contestazione.
6.3.- Il collegio, nel condividere questa impostazione, per cui la rappresentanza institoria è astrattamente "configurabile" - ma deve essere concretamente provata - "anche riguardo al dirigente preposto ad un complesso di rapporti caratterizzati dall'elemento comune di costituire oggetto di controversia" (Cass. n. 128/2002;
nel senso che "il potere di rappresentanza sostanziale del capo dell'ufficio legale territoriale di una grande azienda costituisce effetto naturale della sua collocazione nell'organizzazione dell'impresa", Cass. n. 3867/2001), rileva dunque l'incensurabilità della sentenza impugnata in ordine all'affermazione di non deducibilità, per via di mera logica giuridica, di poteri di natura sostanziale in capo al titolare della direzione affari legali dell'azienda.
6.4.- Il motivo di ricorso in esame deve, quindi, essere rigettato per infondatezza.
7.- Col secondo motivo si censura la sentenza d'appello, ai sensi dell'articolo 360, 1 co., nn. 3 e 5, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e ss., 1996 (rectius, 1369), c.c., 75 c.p.c.;
nonché per insufficiente e contraddittoria motivazione su
un punto decisivo della controversia, relativo alla desumibilità, dalla procura rep. n. 62257 in data 16.2.1995, dei poteri di rappresentanza non solo processuale, ma anche sostanziale della RAI, in ordine al rapporto controverso.
7.1.- Con particolare riferimento alla procura ora citata - conferita al direttore degli affari legali dal presidente del consiglio di amministrazione della RAI, menzionata (insieme con altra, n. 62264 del 17.2.1995) nel mandato alle liti conferito in calce al decreto ingiuntivo per l'opposizione al medesimo, integralmente riprodotta nel contesto del presente atto di ricorso - la corte d'appello ritiene "non oggettivamente dubitabile" che, attraverso di essa, l'azienda intendeva attribuire al medesimo direttore una rappresentanza limitata esclusivamente alla gestione dei rapporti controversi suscettibili di dar luogo a liti giudiziarie;
che, a tal fine e nel contesto, la facoltà di assumere iniziative per l'instaurazione di liti giudiziarie o per la resistenza in giudizio, il potere di valutare l'opportunità di coinvolgere l'azienda in giudizi attivi o passivi ed il potere (testuale) di "effettuare rinunce e transazioni" assumevano "una valenza esclusivamente processuale", non implicando "necessariamente un potere di rappresentanza in ordine alla definizione negoziale del rapporto in lite".
8.- Il motivo di ricorso è fondato.
8.1.- La nomina, mediante l'atto di procura citato, di un procuratore speciale, nella persona del direttore degli affari legali, investito dei poteri di assumere "tutte le iniziative in ordine alla instaurazione dei giudizi...alla resistenza nelle cause" e di "effettuare rinunce e transazioni", non è interpretabile, diversamente da quanto ritiene la corte d'appello, quale conferimento di rappresentanza di ordine meramente processuale. 8.2.- In realtà, la delega della facoltà di decidere, per incarico del presidente del consiglio d'amministrazione e quindi a nome dell'azienda, le modalità di definizione dei rapporti controversi, non include soltanto poteri processuali.
Nel complesso dei poteri conferiti, quello di scegliere ed attuare la migliore soluzione del rapporto controverso - se transigere, sottoporre la questione al giudice od agli arbitri o resistere -, rivela tipiche caratteristiche sostanziali e negoziali, comprendendo in sè e precedendo logicamente quello di costituirsi in giudizio:
potere, questo, di ordine processuale, utilizzabile secondariamente dallo stesso procuratore nel caso in cui il rapporto in contestazione non risulti o non gli sembri utilmente definibile, a vantaggio della società, senza il ricorso agli organi di giustizia.
8.3.- Con riferimento al caso di specie, infatti, il direttore degli affari legali, una volta acquisito al proprio ufficio l'affare per cui è causa, avrebbe potuto, in virtù della procura ed utilizzando poteri di ordine sostanziale, ravvisare l'opportunità e decidere di non fare opposizione al decreto ingiuntivo, sicché l'azienda avrebbe poi dovuto pagare la somma da esso portata;
oppure introdurre, come fece, il giudizio di opposizione, impiegando poteri - come quello di nomina del difensore - di natura processuale.
8.4.- L'attribuzione congiunta, mediante la procura in esame, di poteri di rappresentanza sostanziale e processuale conferiva quindi al titolare della direzione affari legali della RAI la necessaria legittimazione al processo (S.U. nn. 4666/1998, 8681/1995;
Cass. nn. 128/2002, 1209/1997, 4652/1996, 3666/1990). 9.- Il terzo motivo di ricorso - concernente violazione e falsa applicazione degli articoli 2909 c.c., 329, 342 c.p.c., 3, legge 25 giugno 1993, n. 206, con riferimento alla procura rep. n. 62260 del
17.2.1995;
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia - è inammissibile.
9.1.- Sostiene il ricorrente che era comunque munito di poteri di rappresentanza sostanziale (non solo processuale) dell'azienda, essendogli stati esplicitamente conferiti, con procura rep. n. 62260 in data 17.2.1995, dal direttore generale della RAI, organo necessariamente (anche se non espressamente, per legge) investito dei poteri di rappresentanza dell'ente, in ragione della carica e della funzione.
9.2.- Rileva in proposito la corte di merito che la contraria affermazione del tribunale - circa l'attribuzione della rappresentanza legale dell'ente solo al presidente del consiglio d'amministrazione, non anche al direttore generale, in base all'articolo 2 della legge n. 206/1993 (Disposizioni sulla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo) - non fu specificamente impugnata dall'appellante.
9.3.- Partendo da tale premessa, la stessa corte soggiunge peraltro che la prova dell'eventuale conferimento di poteri rappresentativi al direttore generale, in virtù dell'articolo 20 dello statuto sociale della RAI (citato nella procura), non era stata fornita dall'appellante mediante formulazione di un apposito motivo d'impugnazione;
sicché la suddetta procura dovrebbesi ritenere irrilevante.
9.4.- Obbietta, a questo punto, il ricorrente che l'opinione espressa in merito dalla corte d'appello è viziata sotto un duplice aspetto;

9.4.1.- la mancata impugnazione specifica dell'affermazione del tribunale (circa l'inesistenza di poteri di rappresentanza ex lege in capo al direttore generale della RAI) non sarebbe in alcun modo significativa, sia perché si tratterebbe di un obiter dictum, insuscettibile di giudicato interno, sia perché la questione non era indipendente da quella più generale (carenza di poteri rappresentativi del direttore degli affari legali) fatta oggetto di gravame;

9.4.2.- il direttore generale della RAI, d'altra parte, per la qualità dei poteri institori insiti nella sua carica, essendo dotato di autonomia nella gestione aziendale, sarebbe necessariamente investito, per ciò solo, della rappresentanza sostanziale e processuale, come già affermato da questa suprema corte con sentenza n. 12510/1991, facente riferimento ad una legge precedente (4 febbraio 1985, n. 10), il cui articolo 8 assegnava al direttore generale poteri identici a quelli attuali.
9.5.- Il motivo di ricorso, così come formulato, è inammissibile, giacché non censura la ratio decidendi che fa leva sulla mancata allegazione, mediante formulazione di apposito motivo d'appello, delle prove attestanti il conferimento al direttore generale della RAI di poteri rappresentativi ai sensi dell'articolo 20 dello statuto sociale.
9.5.1.- Non basta, a tale scopo, il richiamo ad un precedente giudiziario specifico (sentenza n. 12510/1991 di questa suprema corte), in cui si affermava che la rappresentanza legale spetta anche al direttore generale "per il quale si configura una preposizione institoria al ramo funzionale della gestione aziendale": in quel particolare caso, infatti, la partecipazione di detto organo alla rappresentanza legale della società (rappresentanza conferita per legge solo al presidente del consiglio d'amministrazione) veniva fatta discendere, a norma dell'articolo 2204 c.c., dalla "preposizione institoria...che trova la sua fonte nella legge...e nello statuto della RAI (art. 20) e che non è in contrasto con i limiti di applicabilità della disciplina della società per azioni posti dall'art. 2461 c.c. per le società di interesse nazionale" (sent. ult. cit., dalla motivazione). Si affermava, altresì, "che l'individuazione dell'organo rappresentativo...non può essere correttamente operata senza un'indagine articolata ed approfondita nella legge o nello statuto..." (ibid.).
9.5.2.- Ora, ciò che la corte di merito mette in evidenza, e pone a base del giudizio d'irrilevanzà della procura, è, appunto, la mancata allegazione di documenti attestanti l'eventuale conferimento di poteri rappresentativi al direttore generale, in conformità alle previsioni statutarie. Rilievo, questo, essenziale nell'economia delle decisione impugnata, ma non fatto oggetto di censura col motivo di ricorso in esame che perciò, sotto questo profilo, è inammissibile.
9.6.- L'altro profilo, riassunto al punto 9.4.1, è assorbito. 10.- L'ulteriore deduzione contenuta nella memoria illustrativa (la legittimazione processuale dell'appellante, riconosciuta dalla corte di merito in base a diversa e successiva procura, e la conferma in appello delle tesi difensive svolte in precedenza dal falsus procurator, sanerebbero ex tunc l'operato di quest'ultimo), in quanto possa ritenersi ammissibile (Cass. nn. 12477/2002, 4199/2002, 3861/2002, 2478/2001, 6756/1995) perché riferita a questione rilevabile d'ufficio (Cass. nn. 15112/2000, 5079/2000), è assorbita per l'accoglimento del secondo motivo di ricorso, a mente del quale l'opposizione al decreto ingiuntivo non fu proposta da un falsus procurator, bensì da soggetto fornito di valida procura (punto 8.4). 11.- In conclusione, per tutte le ragioni esposte, devesi accogliere il secondo motivo di ricorso, essendo infondato il primo ed inammissibile il terzo. La sentenza impugnata deve essere, per conseguenza, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Roma, che deciderà uniformandosi al principio di diritto espresso al punto 8.2 e provvederà anche in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità.

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