Cass. civ., sez. V trib., sentenza 27/01/2023, n. 2623
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Testo completo
1.I. Commerciali Napoli Spa (ora C. Italy s.p.a)) impugnava l'avviso di liquidazione emesso dal Comune di Napoli afferente l'imposta Tarsu dovuta per l'anno 2010, relativamente ad aree commerciali e parcheggi di sua proprietà. La commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva il ricorso. Proposto appello da parte del comune di Napoli, la CTR della Campania, con sentenza n. 312/48/13, pronunciata il 14 marzo 2013 , lo accoglieva affermando che la tassa era dovuta per i locali oggetto della pretesa tributaria. Avverso la sentenza della CTR proponeva ricorso per cassazione la contribuente, affidato a due motivi.
Con il primo motivo la ricorrente deduceva violazione di legge, ai sensi dell' art. 360, comma 1, numero 3, c.p.c. , sostenendo che il Comune di Napoli non aveva istituito il servizio di raccolta dei rifiuti prodotti dall'ipermercato sicchè essi venivano smaltiti in proprio dalla società contribuente e, conseguentemente, la tassa non era dovuta. Affermava poi che la commissione tributaria regionale non aveva considerato che, non essendo stati emanati decreti attuativi per l'assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti solidi urbani di cui al decreto legislativo 152 del 2006 , continuava applicarsi il d. lgs. numero 22 del 5 febbraio 1997, il cui art. 21, comma 2, lett. g prevedeva che i comuni con appositi regolamenti dovevano stabilire i criteri quantitativi e qualitativi per l'assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani. La L. 146/94, art. 39 , aveva abrogato l' art. 60 del decreto legislativo 507/93 ed aveva disposto l'assimilazione legale dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani ma tale norma era stata abrogata dalla legge numero 128/98, art. 17, comma 3 , per cui era tornato applicabile il decreto legislativo numero 22 del 5 febbraio 1997, art. 21, comma 2, lett. g . Ne conseguiva che, in mancanza di regolamento comunale sull'assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani, la tassa non era dovuta. Con il secondo, articolato, motivo deduceva vizio di motivazione, ai sensi dell' art. 360, comma 1, numero 5, c.p.c. , sostenendo che, a norma del decreto legislativo numero 22/97, artt. 7 e del decreto legislativo 152/2006 , 184, i rifiuti derivanti dallo svolgimento di attività commerciale sono da considerare speciali ex lege e, quindi, non sono soggetti al pagamento della Tarsu in assenza di un provvedimento comunale di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani. Inoltre deduceva che la CTR aveva omesso di esaminare la domanda subordinata volta all'annullamento dell'avviso di accertamento concernente la pretesa di assoggettare a Tarsu garage ed autorimesse.
La Corte di cassazione accoglieva il primo motivo di ricorso unitamente ai primi due rilievi del secondo motivo.
Statuiva che, per effetto della L. n. 128 del 1998, art. 17, comma 3 , abrogativo della L. n. 146 del 1994, art. 39 , venendo meno l'assimilazione ope legis ai rifiuti urbani di quelli provenienti dalle attività artigianali, commerciali e di servizi, purchè aventi una composizione merceologica analoga a quella urbana, secondo i dettagli tecnici contenuti nella deliberazione CIPE del 27 luglio 1984, risulta pienamente operativo il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2, lett. g) , attributivo ai Comuni della facoltà di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche, sicchè, a partire dall'annualità d'imposta 1997, assumono decisivo rilievo le indicazioni proprie dei regolamenti comunali circa l'assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attività economiche ai rifiuti urbani ordinari. Risulta così che il potere regolamentare dei Comuni di assimilare agli urbani i rifiuti speciali è stato mantenuto fermo dal D.Lgs. n. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 21, comma 2, lettera g), che ha introdotto la "Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani". Precisava che analoga norma è contenuta nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 198, comma 2, lett. g del prevedendosi l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri stabiliti con legge dello Stato a norma dell'art. 195, comma 2, lettera e) e successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Evidenziava che il D.Lgs. n. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 7, comma 3, lett. f, prevede che sono rifiuti speciali quelli provenienti da attività commerciale e identica previsione è contenuta nell' art. 184, comma 3, lett. e, del d. lgs. 152 del 2006 , istitutiva della Tia.
Nella perdurante vigenza del D.Lgs. n. 5 febbraio 1997, n. 22 art. 21, comma 2, lettera g), il presupposto per la debenza della tassa era costituito dalla accertata esistenza di un regolamento emesso dal Comune di Napoli che avesse previsto l'assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani, stabilendo altresì i limiti qualitativi e quantitativi per l'assimilazione, superati i quali la tassa non sarebbe stata comunque dovuta e i produttori avrebbero dovuto provvedere allo smaltimento in proprio.
Riteneva errata la decisione della CTR che aveva affermato l'obbligo della contribuente al pagamento della tassa sul presupposto che il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195 non era stato ancora adottato, affermando, nella sostanza, che, mancando detto decreto sulla assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani, anche per la produzione di rifiuti speciali era dovuta la tassa per lo smaltimento;ciò, in quanto dalla mancata adozione del decreto sulla assimilazione deriva che la tassa non è dovuta in relazione alle aree che producono rifiuti speciali (cfr. Cass. n. 18018 del 24/07/2013 ;Cass. n. 30719 del 30/12/2011 ;Cass. n. 12752 del 02/09/2002 ). Assumeva la Corte, inoltre, che il Comune di Napoli, a sostegno della pretesa impositiva, avrebbe avuto l'onere di dedurre, e provare, che era stato emanato il regolamento adottato ai sensi dell'art. 21 cit., indicativo dei criteri qualitativi e quantitativi sulla base dei quali i rifiuti speciali dovevano ritenersi assimilati agli urbani;onere che non risultava assolto dall'ente comunale. Rappresentava che l'art. 4 del regolamento del Comune di Napoli, il cui testo il Comune risultava trascritto alle pagine 8 e 9 del controricorso, prevede che il contribuente il quale produca rifiuti speciali non assimilati ha diritto all'esenzione solo laddove presenti adeguata documentazione tecnica che evidenzi la tipologia di rifiuto prodotto e le modalità di smaltimento tali da consentire il computo delle superfici di formazione dei rifiuti assimilati e di quelli non assimilati, alla luce del quale, la Corte riteneva necessario verificare, in primis, se la contribuente avesse presentato la denuncia prescritta dall' art. 70 del d. lgs. 507/93 .
Assumeva la Corte che la giurisprudenza di legittimità si era già pronunciata in ordine alla necessità di detta denuncia, al fine di beneficiare di pretese esenzioni, affermando il principio secondo cui: "In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e con riguardo al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3 , in virtù del quale "nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali", l'impresa contribuente ha l'onere di fornire all'amministrazione comunale i dati relativi all'esistenza ed alla delimitazione delle aree che non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile, atteso che, pur operando anche nella materia in esame, per quanto riguarda il presupposto dell'occupazione di aree nel territorio comunale, il principio secondo cui spetta all'amministrazione l'onere della prova dei fatti costitutivi dell'obbligazione tributaria, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell'interessato (oltre all'obbligo della denuncia ex art. 70 del citato D.Lgs. n. 507 del 1993 ) un onere d'informazione, al fine di ottenere l'esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, che integra un'eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale ( Cass. n. 21250 del 13/09/2017 ;Cass. n. 16235 del 31/07/2015 ;Cass. n. 19469 del 15/09/2014 ;Cass. n. 3772 del 15/02/2013 ). Con l'ordinanza di rinvio, questa Corte chiariva che, qualora tale denuncia risultava essere stata presentata, la tassa doveva essere commisurata alle superfici nelle quali non vengono prodotti rifiuti speciali, dovendosi considerare che l'avviso di liquidazione impugnato, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, fa riferimento anche ad aree, quali gli uffici generici, in cui vengono normalmente prodotti rifiuti urbani.
Riteneva infine infondato il terzo rilievo contenuto nel secondo motivo di ricorso in quanto la disposizione di cui al D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 52, comma 2, , secondo la quale gli uffici periferici del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze e gli uffici del territorio devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell'appello principale, rispettivamente, dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione generale delle entrate e dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione compartimentale del territorio, oltre a non essere più applicabile dopo l'istituzione delle Agenzie fiscali, non riguarda gli enti territoriali locali.
La CTR della Campania, in sede di rinvio, accertava che il Comune di Napoli non aveva provato di aver adottato il regolamento di assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani, con conseguente esclusione della debenza della tassa per le aree che producono rifiuti speciali.
In ossequio ai principi affermati dalla Corte, la Commissione di appello accertava, tuttavia, che la società contribuente non aveva fornito la prova di aver presentato la preliminare denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 507/93, art. 70 , fornendo al Comune i dati relativi alla delimitazione delle aree da non computare nella quantificazione della superficie imponibile, assumendo, in conformità a quanto statuito dalla Corte, che la denuncia rappresenta la condizione essenziale per poter beneficiare dell'invocata esenzione.
Avverso la sentenza n. 4282/10/2020, depositata il 28.09.2020 , la società contribuente propone ricorso per cassazione svolgendo due motivi, illustrati nelle memorie ex art. 380 bis c.p.c. Replica con controricorso l'amministrazione comunale di Napoli Il P.G. ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.
Motivi della decisione