Cass. civ., SS.UU., sentenza 08/04/2008, n. 9151

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In tema di operazioni elettorali riguardanti l'elezione del Parlamento, dall'art. 87 del d.P.R. n. 361 del 1957 (che disciplina l'elezione della Camera dei deputati ed è richiamato, per quanto concerne l'elezione del Senato della Repubblica, dall'art. 27 del d.lgs. n. 533 del 1993) - il quale stabilisce, con disposizione attuativa del principio di autodichia delle Camere affermato dall'art. 66 Cost., che è espressamente riservata all'Assemblea elettiva la convalida dell'elezione dei propri componenti, nonché il giudizio definitivo su ogni contestazione, protesta o reclamo presentati ai singoli Uffici elettorali circoscrizionali ed all'Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente - si desume che la cognizione di ogni questione concernente le operazioni elettorali, ivi comprese quelle relative all'ammissione delle liste, è affidata alla funzione giurisdizionale esclusiva delle Camere, tramite le rispettive Giunte parlamentari, restando così preclusa qualsivoglia possibilità di intervento in proposito da parte del giudice ordinario e del giudice amministrativo. (Nella specie, le S.U., affermando l'anzidetto principio, hanno dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione sul ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, convertito in istanza per regolamento preventivo di giurisdizione, promosso avverso l'ordinanza cautelare, emessa il 1° aprile 2008 dal Consiglio di Stato, con la quale, in riforma della decisione negativa assunta dal giudice di primo grado, era stata disposta l'ammissione alle consultazioni elettorali, indette per i giorni 13 e 14 aprile 2008, di una lista già esclusa dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, il cui provvedimento era stato appunto impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, con proposizione di istanza cautelare al fine di ottenere l'ammissione in tempo utile per le elezioni).

La notifica del ricorso per cassazione, e dell'avviso di fissazione della relativa udienza di trattazione, mediante utilizzo del "fax", previa autorizzazione in tal senso da parte del primo presidente della Corte di cassazione, trova giustificazione nella previsione dell'art. 151 cod. proc. civ., che consente di autorizzare la notifica in un "modo diverso da quello stabilito dalla legge" quando sussistano esigenze di particolare celerità (nella specie, da ravvisarsi nella necessità di decidere il ricorso entro un termine, ristretto, che rispetti quello, non dilazionabile, stabilito dall'art. 61 Cost. per lo svolgimento della consultazione elettorale), là dove l'idoneità dello strumento del "fax" a costituire, in via di principio, un'adeguata forma di comunicazione di atti difensivi, in considerazione dei progressi compiuti dalla tecnica di trasmissione e delle garanzie inerenti, è desumibile dall'opzione effettuata dallo stesso legislatore nell'introdurre una siffatta previsione - sia pure in riferimento a fattispecie specifiche di comunicazione - nell'ultimo comma dell'art. 366 cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs n. 40 del 2006.

In materia elettorale, nel caso di proposizione di un ricorso per cassazione con cui si deduca una questione di giurisdizione nell'ambito di controversia concernente l'ammissione o l'esclusione di liste elettorali, l'abbreviazione dei termini per la fissazione dell'udienza di trattazione trova giustificazione in un ponderato bilanciamento tra i valori, entrambi di rango costituzionale, della tutela del diritto di difesa e del corretto e tempestivo svolgimento delle consultazioni elettorali; valore, quest'ultimo, che l'art. 61 Cost. colloca nel contesto del termine di settanta giorni che separa l'elezione delle nuove Camere dalla fine delle precedenti; sicché, in assenza di apposita disciplina dei giudizi aventi l'anzidetto oggetto, il punto di equilibrio di un siffatto bilanciamento consiste, per un verso, nel garantire che la decisione giudiziale intervenga necessariamente in tempo utile rispetto alle predette scadenze elettorali, le quali, non potendo ammettere dilazioni, rendono indispensabile la fissazione di termini di trattazione del ricorso coerenti con questa esigenza, e, per altro verso, nell'assicurare la possibilità per tutte le parti del giudizio di esprimervi le proprie difese, seppure entro termini necessariamente ridotti rispetto a quelli previsti in via ordinaria dal codice di rito. (Nella specie, le S.U. hanno ritenuto che potesse validamente trattarsi in udienza pubblica, nonostante la fissazione a scadenza così ravvicinata da rendere impossibile il rispetto dei termini stabiliti dal codice di rito per la difesa delle parti intimate, il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, convertito in istanza per regolamento preventivo di giurisdizione, avverso l'ordinanza cautelare, emessa il 1° aprile 2008 dal Consiglio di Stato, con la quale, in riforma della decisione negativa assunta dal giudice di primo grado, era stata disposta l'ammissione alle consultazioni elettorali, indette per i giorni 13 e 14 aprile 2008, di una lista già esclusa dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, il cui provvedimento era stato appunto impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, con proposizione di istanza cautelare al fine di ottenere l'ammissione in tempo utile per le elezioni).

L'ordinanza cautelare emessa dal giudice amministrativo in grado di appello non è impugnabile per cassazione, ai sensi degli artt. 362 cod. proc. civ. e 111 Cost., in quanto provvedimento privo di carattere decisorio, inidoneo, quindi, ad incidere in via definitiva sulle posizioni dedotte in giudizio, potendo, tuttavia, una siffatta impugnazione convertirsi in istanza per regolamento preventivo di giurisdizione, ove il ricorrente abbia contestato la giurisdizione dell'autorità procedente in relazione al giudizio di merito ancora pendente sul provvedimento amministrativo impugnato, non essendo di ostacolo a tale conversione né l'emissione del provvedimento cautelare, non potendo questo identificarsi con una pronuncia di merito ai sensi dell'art. 41 cod. proc. civ., e neppure il fatto che il procedimento, invece di svolgersi, ex art. 375 cod. proc. civ., nelle forme del rito camerale con l'emanazione di un'ordinanza, sia stato trattato in pubblica udienza e si sia concluso con sentenza. Infatti, da un lato, la trattazione dei ricorsi in pubblica udienza è la regola generale, che assicura la realizzazione dei principi di oralità ed immediatezza, nonché del diritto di difesa e di pubblicità del processo, ed essa non reca, pertanto, alcun pregiudizio ai diritti di azione e difesa delle parti; dall'altro lato, proprio per effetto della trattazione in pubblica udienza, essendo ormai scisso il legame, istituito dal citato art. 375, fra rito camerale e l'ordinanza che rappresenta il suo provvedimento conclusivo, l'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione deve essere decisa con sentenza, quale forma che, alla stregua di un principio generale desumibile dall'ordinamento processuale (suscettibile di deroghe espressamente stabilite dalla legge), risulta prescritta per i provvedimenti collegiali i quali, all'esito di una pubblica udienza di discussione, comportano la definizione del giudizio dinanzi al giudice adito. (Nella specie, le S.U. hanno ritenuto che potesse validamente convertirsi in istanza per regolamento preventivo di giurisdizione il ricorso per cassazione proposto, per motivi attinenti alla giurisdizione, avverso l'ordinanza cautelare del Consiglio di Stato che, riformando la decisione negativa assunta dal giudice di primo grado, aveva disposto l'ammissione alle consultazioni elettorali, indette per i giorni 13 e 14 aprile 2008, di una lista già esclusa dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, il cui provvedimento era stato appunto impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, con proposizione di istanza cautelare al fine di ottenere l'ammissione in tempo utile per le elezioni).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 08/04/2008, n. 9151
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9151
Data del deposito : 8 aprile 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente di Sezione -
Dott. PREDEN Roberto - Presidente di Sezione -
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere -
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Consigliere -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere -
Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere -
Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, SENATO DELLA REPUBBLICA, in persona del Presidente pro tempore, SERVIZIO ELETTORALE CENTRALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende ope legis;

- ricorrenti -

contro
D.C. - PARTITO DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA, in persona del legale rappresentante pro terapore, DI RC, SO GI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL BABUINO 107, presso lo studio dell'avvocato SCHIANO ANGELO R., che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati PAOLO DI MARTINO, ROGGERO FRASCAROLI, giusta delega in atti;

e contro
U.D.C. - UNIONE DEMOCRATICI CRISTIANI E DEMOCRATICI DI CENTRO;

- intimato -

e sul 2^ ricorso r.g. n. 8854/08 proposto da:
UDC - UNIONE DEMOCRATICI CRISTIANI E DEMOCRATICI DI CENTRO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DON MINZONI 9, presso lo studio dell'avvocato CARLO MARTUCCELLI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIOVANNI GALOPPI, MARIO CALDARERA, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
PARTITO DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA, DI RC, SO GI, MINISTERO DELL'INTERNO, SENATO DELLA REPUBBLICA, UFFICIO ELETTORALE CENTRALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

- intimati -

avverso l'ordinanza del Consiglio di Stato 1744/08 emessa l'1/04/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'08/04/08 dal Consigliere Dott. Renato RORDORF;

uditi gli avvocati Michele PP DIPACE dell'Avvocatura Generale dello Stato, Angelo SCHIANO, ABBAMONTE per delega dell'avvocato Paolo DI MARTINO, Ruggero FRASCAROLI, Mario CALDARERA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il difetto assoluto di giurisdizione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il partito della Democrazia Cristiana - DC, in persona del legale rappresentante, unitamente al sig. MA BO ed al sig. RL SO, rispettivamente in veste di rappresentante del contrassegno e di candidato capolista per l'elezione del Senato nella Regione Lazio, con ricorso notificato il 17 marzo 2008 hanno chiesto al Tar del Lazio di annullare il provvedimento con cui l'Ufficio elettorale centrale nazionale ha confermato l'esclusione della lista presentata da detto partito per le consultazioni elettorali indette per i giorni 13 e 14 aprile 2008.
I ricorrenti hanno altresì proposto istanza cautelare al fine di ottenere l'ammissione della lista in tempo utile.
Detta istanza è stata rigettata dal Tar, il cui provvedimento è stato però successivamente riformato dal Consiglio di Stato, in sede di gravame, con ordinanza in data 1 aprile 2008 che ha disposto l'ammissione della suindicata lista alla consultazione elettorale. Avverso tale ordinanza il Ministero, il Senato della Repubblica e l'Ufficio elettorale centrale propongono ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, da valere, in subordine, anche quale istanza di regolamento di giurisdizione a norma dell'art. 41 c.p.c.. Il partito UDC - Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro, anch'esso parte del giudizio in corso dinanzi al tribunale amministrativo, ha depositato controricorso e ricorso incidentale. Altro ricorso incidentale è stato depositato Democrazia Cristiana - DC.
È volontariamente intervenuto il sig. PP OD, anche nella qualità di presidente del partito della Nuova Democrazia Cristiana. MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Occorre preliminarmente interrogarsi sull'ammissibilità del ricorso proposto a norma dell'art. 362 c.p.c., che ha ad oggetto un'ordinanza cautelare emessa del giudice amministrativo in grado d'appello.
La risposta negativa a tale quesito è stata già più volte fornita da questa corte (sez. un. n. 12068/07, n. 5052/04 e n. 534/93), la quale ha escluso la possibilità di ritenere il ricorso ammissibile, a norma dell'art. 111 Cost., trattandosi di rimedio consentito avverso pronunzie di contenuto decisorio, idonee cioè ad incidere in via definitiva sulle posizioni dedotte, mentre il provvedimento cautelare per sua stessa natura difetta di tali connotati. Vero è, però, che in alcune delle suindicate pronunce si è anche aggiunto che l'impugnazione può convertirsi in istanza per regolamento preventivo di giurisdizione tutte le volte che il ricorrente abbia contestato la giurisdizione dell'autorità procedente in relazione al giudizio di merito ancora pendente sul provvedimento amministrativo impugnato. Tale è, appunto, la situazione che si delinea nel presente caso, dal momento che le contestazioni mosse nel ricorso attengono, appunto, al tema della giurisdizione e sono volte a farne accertare il difetto in capo al giudice dinanzi al quale pende la causa. Nè all'esame del ricorso in termini di regolamento di giurisdizione osta da un lato l'emissione del provvedimento cautelale, non potendo questo identificarsi con una pronuncia di merito ai sensi dell'art. 41 c.p.c., dall'altro lato la circostanza che il procedimento non si sia svolto nelle forme del rito camerale previsto per la trattazione di tale regolamento e che di conseguenza vi si provveda con l'emanazione di una sentenza, anziché di un'ordinanza. Il codice di rito non prevede infatti il caso della trasformazione del rito ordinario nel rito camerale, e la regola

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