Cass. pen., sez. V, sentenza 04/06/2020, n. 16993
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Testo completo
a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: L M nato a JESI il 04/02/1957 avverso la sentenza del 22/09/2016 della CORTE APPELLO di ANCONAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA M, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore L'avvocato D M, per l'imputato, insiste per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Ancona ha confermato la sentenza di prima cura, che aveva condannato L M per bancarotta fraudolenta patrimoniale in relazione al fallimento della C.M.A. srl (già L Design srl), dichiarato il 3/9/2009. Secondo la ricostruzione dei giudici merito l'imputato, amministratore della società fallita, distrasse nel 2006 la somma di € 517.504 obbligandosi a pagare debiti della L Cucine srl (poi, M.A.B. srl), riconducibile allo stesso gruppo familiare, a titolo di "indennizzo" per l'utilizzo, per il solo anno 2006, della rete di distribuzione commerciale di quest'ultima, sebbene all'epoca la L Cucine srl fosse, di fatto, già inattiva per mancanza di beni strumentali (infatti, detta società venne posta in liquidazione nel 2007 e fu dichiarata fallita nel 2008).
2. Contro la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso il difensore dell'imputato con quattro motivi.
2.1. Col primo si duole - sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione - della genericità del capo d'imputazione, che non specifica l'epoca della condotta addebitata a L, né gli artifici e i giroconti contabili con cui sarebbe stata posta in essere la bancarotta.
2.2. Col secondo lamenta che sia stata completamente ignorata la prova, fornita dall'imputato, circa le ragioni della condotta a lui addebitata. Ripete, come aveva già fatto nel merito, che la L Design srl fu costituita il 28/2/2005 per produrre mobili di qualità e che, essendo una start up, intese avvalersi della capacità produttiva e della rete di distribuzione commerciale della preesistente L Cucine srl. In questo senso si accordò con detta società, stipulando un regolare contratto in data 12/1/2006, in cui era previsto un "indennizzo" di "circa" 520mila euro per l'anno 2006 a favore dell'altro contraente. Tale somma fu effettivamente corrisposta dalla L Design srl nel corso del 2006 mediante pagamento di debiti della controparte. Si trattò, quindi, di una normale operazione commerciale, pienamente regolare e - contrariamente all'assunto dei giudici di merito - debitamente documentata.
2.3. Col terzo motivo si duole della condanna per un'operazione posta in essere tre anni prima della dichiarazione di fallimento, quando nulla lasciava prevedere l'esito dell'operazione e quando L nulla sapeva delle condizioni economiche della L Cucine srl. Non è dato comprendere, poi, perché l'operazione sarebbe - per i giudici di merito - priva di logica, essendo del tutto ovvio che una società si faccia pagare per le prestazioni rese (nella specie, per aver messo a disposizione della L Design srl la propria
udita la relazione svolta dal Consigliere A S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA M, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore L'avvocato D M, per l'imputato, insiste per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Ancona ha confermato la sentenza di prima cura, che aveva condannato L M per bancarotta fraudolenta patrimoniale in relazione al fallimento della C.M.A. srl (già L Design srl), dichiarato il 3/9/2009. Secondo la ricostruzione dei giudici merito l'imputato, amministratore della società fallita, distrasse nel 2006 la somma di € 517.504 obbligandosi a pagare debiti della L Cucine srl (poi, M.A.B. srl), riconducibile allo stesso gruppo familiare, a titolo di "indennizzo" per l'utilizzo, per il solo anno 2006, della rete di distribuzione commerciale di quest'ultima, sebbene all'epoca la L Cucine srl fosse, di fatto, già inattiva per mancanza di beni strumentali (infatti, detta società venne posta in liquidazione nel 2007 e fu dichiarata fallita nel 2008).
2. Contro la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso il difensore dell'imputato con quattro motivi.
2.1. Col primo si duole - sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione - della genericità del capo d'imputazione, che non specifica l'epoca della condotta addebitata a L, né gli artifici e i giroconti contabili con cui sarebbe stata posta in essere la bancarotta.
2.2. Col secondo lamenta che sia stata completamente ignorata la prova, fornita dall'imputato, circa le ragioni della condotta a lui addebitata. Ripete, come aveva già fatto nel merito, che la L Design srl fu costituita il 28/2/2005 per produrre mobili di qualità e che, essendo una start up, intese avvalersi della capacità produttiva e della rete di distribuzione commerciale della preesistente L Cucine srl. In questo senso si accordò con detta società, stipulando un regolare contratto in data 12/1/2006, in cui era previsto un "indennizzo" di "circa" 520mila euro per l'anno 2006 a favore dell'altro contraente. Tale somma fu effettivamente corrisposta dalla L Design srl nel corso del 2006 mediante pagamento di debiti della controparte. Si trattò, quindi, di una normale operazione commerciale, pienamente regolare e - contrariamente all'assunto dei giudici di merito - debitamente documentata.
2.3. Col terzo motivo si duole della condanna per un'operazione posta in essere tre anni prima della dichiarazione di fallimento, quando nulla lasciava prevedere l'esito dell'operazione e quando L nulla sapeva delle condizioni economiche della L Cucine srl. Non è dato comprendere, poi, perché l'operazione sarebbe - per i giudici di merito - priva di logica, essendo del tutto ovvio che una società si faccia pagare per le prestazioni rese (nella specie, per aver messo a disposizione della L Design srl la propria
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