Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 19/11/2021, n. 35587

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 19/11/2021, n. 35587
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 35587
Data del deposito : 19 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 2679-2020 proposto da: SGRO' GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE PARIOLI

44, presso lo studio degli avvocati SILVIO CRAPOLICCHIO, ALESSANDRO PACE, che lo rappresentano e difendono;

- ricorrente -

2021

contro

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 619/2019 della CORTE D'APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 03/07/2019 R.G.N. 309/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/07/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE';
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CELESTE visto l'art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d'Appello di Reggio Calabria ha rigettato il gravame proposto da G S avverso la sentenza del Tribunale della stessa città con la quale era stata disattesa l'impugnazione dei due licenziamenti disciplinari irrogati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nei riguardi del predetto, per fatti commessi quando il medesimo era in servizio presso l'Ufficio di collocamento di Melito Porto Salvo. Il primo licenziamento era stato cagionato da fatti di corruzione, perseguiti in sede penale, individuati nell'aver consentito l'attestazione fittizia dell'assunzione in agricoltura di tre lavoratrici ricevendone in cambio da due di esse somme di denaro;
il secondo licenziamento ha avuto riguardo a fatti parimenti perseguiti in sede penale, come ipotesi di truffa, per avere, in concorso con altre due persone, realizzato il fittizio avviamento al lavoro agricolo di oltre 200 persone. In sede penale, alla condanna in primo grado per entrambi gli addebiti, erano seguite declaratorie di prescrizione dei reati in sede di appello;
la P.A., sospeso lo Sgrò dal servizio in vari periodi, all'esito dei giudizi penali di secondo grado riapriva i procedimenti disciplinari, che concludeva nei termini sopra indicati.

2. La Corte territoriale, delimitato previamente l'ambito di quanto devoluto in appello e precisato che i profili riguardanti il secondo licenziamento, pur in parte esaminati ad abundatiam, erano ininfluenti stante l'infondatezza delle censure relative al primo recesso, rigettava le doglianze in ordine alla genericità degli addebiti, così come quelle sul merito delle accuse mosse al lavoratore con il primo licenziamento, disattendendo infine anche, per palese sussistenza del requisito, il motivo riguardante la proporzionalità della sanzione.

2. G S ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi, resistiti da controricorso del Ministero. Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ai sensi dell'art. 23, co.

8-bis, d.l. 137/2020, conv. con mod. in L. 176/2020, con la quale ha insistito per la declaratoria di inammissibilità o in subordine per il rigetto del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.e'

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo G S afferma la violazione dell'art. 7, cp. 2, L. 300/1970, dell'art. 2106 c.c. e dell'art. 55 d. Igs. 165/2001 vigente ratione temporis, nonché dell'art. 24 della Costituzione, dell'art. 115 c.p.c., dell'art. 2697 c.c., dell'art. 5 L. 604/1966 e dell'art. 653, co. 2, c.p.c., per mancanza di specificità della contestazione e violazione del principio di immodificabilità e del diritto di difesa, il tutto in relazione al secondo licenziamento ed al fatto che fossero state identificate due sole delle oltre 200 persone in ipotesi favorite dalla truffa, muovendo altresì critiche rispetto all'utilizzazione di un documento, consistente in un biglietto contenente un appunto con elenco di braccianti, mai in realtà acquisito agli atti del processo civile e comunque di paternità contestata anche in sede penale. Di questo motivo si dirà in prosieguo.

2. Il secondo motivo denuncia l'omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 c.p.c.) con riferimento ai tempi dell'asserita percezione di utilità nel reato di concussione, in quanto incompatibile con l'assegnazione del ricorrente all'Ufficio di collocamento di Melito Porto Salvo, presso il quale si sarebbero verificate le condotte illecite. Il ricorrente, come già in appello, sottolinea come, trattandosi di dazioni o promesse di denaro del 1992, esse non potevano che riguardare l'indennità di disoccupazione agricola relativa al 1991, sicché l'illegittima assunzione non poteva che risalire al 1990, in quanto al termine del primo anno non si percepiva alcuna indennità, ma in quell'anno egli non lavorava ancora presso l'Ufficio di Melito Porto Salvo.
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