Cass. pen., sez. III, sentenza 12/09/2024, n. 36924

CASS
Sentenza
12 settembre 2024
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12 settembre 2024

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In tema di abusiva occupazione di area demaniale di cui all'art. 1161 cod. nav., esclude la configurabilità del reato la sola esistenza di un provvedimento espresso di "sdemanializzazione" emesso a norma dell'art. 35 cod. nav., non potendosi riconoscere analoga valenza al provvedimento di "legittimazione" ex art. 9, comma 1, legge 6 giugno 1927, n. 1766, intervenuto prima dell'approvazione di detto codice, atteso che esso può avere avere ad oggetto terre di uso civico appartenenti a comuni, frazioni o associazioni, ma non beni demaniali marittimi.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 12/09/2024, n. 36924
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36924
Data del deposito : 12 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Depositata in Cancelleria oggi Numero di raccolta generale 36924/2024 Roma, lì, 03/10/2024 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Composta da LU AM - Presidente - Sent. n. sez. 1488/2024 ALDO ACETO UP - 12/09/2024 ALESSIO SCARCELLA - Relatore - R.G.N. 7811/2024 ALESSANDRO AR ND IO ZUNICA ha pronunciato la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: LI IU nato a [...] il [...] LI OS nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 19/10/2023 della Corte d'appello di Napoli Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Alessio Scarcella;
Letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale RAFFAELE PICCIRILLO, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità o l'infondatezza dei ricorsi, trattati ai sensi dell'art.23, comma 8, d.l. n.137/20 e successive modifiche e integrazioni. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 19 ottobre 2023, la Corte d'appello di Napoli confermava la sentenza emessa in data 13 maggio 2016 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sez. Caserta, appellata da GI IG e RO IG, i quali erano stati assolti dal reato ascritto in concorso con la formula perché il fatto non costituisce reato.

2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, i predetti hanno proposto congiunto ricorso per cassazione tramite il comune difensore di fiducia, deducendo due motivi, di seguito sommariamente indicati.

2.1. Deducono, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione alla l. n. 1766 del 1927, in applicazione della quale venne ordinata la legittimazione, e costituito il diritto di enfiteusi, in favore del dante causa dei ricorrenti con ordinanza del commissario liquidatore degli usi civici di Napoli del 23.10.1936. In sintesi, premette la difesa dei ricorrenti che agli inizi del '900 il nonno paterno degli imputati, LI IG, ebbe ad occupare una zona di terreno facente parte dell'ex demanio comunale gravato di uso civico del Comune di Mondragone;
ricorrendo i requisiti di cui alla legge n. 1766 del 1927, ossia l'occupazione ultradecennale e l'esecuzione di miglioramenti, l'allora commissario liquidatore degli usi civici di Napoli, all'esito di una istruttoria processuale, con decisione del 23 ottobre 1936 legittimò l'occupazione del suddetto IG LI, costituendo in favore dello stesso il diritto di enfiteusi sul predetto suolo, imponendogli il versamento di un canone annuo in favore del Comune di Mondragone, quale ente concedente;
l'ordinanza di legittimazione venne sottoposta allora Re d'Italia, ottenendone l'approvazione in data 23 novembre 1936; divenuto enfiteuta del piccolo fondo facente parte dell'ex demanio comunale di uso civico, il IG LI chiese ed ottenne in concessione agricola anche una parte del confinante demanio marittimo, concessione agricola di tale ultima area demaniale tuttavia perduta, in piccola parte, per averne ceduto a terzi la disponibilità, e, per la residua gran parte, in quanto nel 1980 il Comune di Mondragone ebbe ad occuparla definitivamente con la realizzazione dell'attuale lungomare. Tanto premesso, richiamata la giurisprudenza di questa Corte, segnatamente la sentenza n. 2846 del 1940, ritiene la difesa che i giudici di merito siano incorsi in un evidente errore, avendo ritenuto come appartenente al demanio marittimo il fondo legittimato nel 1930 al de cuius, sostenendo che sarebbe stato necessario ai sensi dell'articolo 35 dell'attuale codice della navigazione il formale ed espresso provvedimento di sdemanializzazione da parte dell'autorità amministrativa, avente carattere costitutivo. Si tratterebbe di motivazione erronea in diritto in quanto, così affermando, i giudici di merito avrebbero ignorato la legge n. 1766 del 1927 istitutiva della legittimazione riconosciuta in favore del de cuius, trascurando peraltro che il testo definitivo del codice della navigazione era stato approvato soltanto il 30 marzo 1942 e che il provvedimento giurisdizionale di legittimazione, emesso dal commissario liquidatore degli usi civici di Napoli il 23 ottobre 1936, per effetto dell'approvazione sovrana da parte del Re d'Italia in data 23 novembre 1936, costituiva esso stesso un atto formale di sdemanializzazione ormai inoppugnabile, come emergerebbe anche dalla giurisprudenza di questa Corte, riferendosi segnatamente alla sentenza n. 7019 del 2017. In sostanza, quand'anche si 2 volesse ritenere la necessità del formale ed espresso provvedimento di sdemanializzazione del fondo per cui è processo, non poteva comunque darsi efficacia retroattiva all'articolo 35 del codice della navigazione che prevedeva che, solo a partire dalla sua entrata in vigore, l'esclusione di zone del demanio dovesse avvenire con decreto del Ministro della Marina mercantile di concerto con quello per le Finanze, laddove, nel caso in esame, il suolo legittimato al de cuius non ricadeva nel demanio marittimo, ma in quello comunale di uso civico “Stercolillo”.

2.2. Deducono, con il secondo motivo, il vizio di motivazione, sotto il profilo della contraddittorietà, risultando dalla perizia svolta nel corso del primo grado di giudizio, nonché dall'ordinanza di legittimazione del 23/10/1936. In sintesi, si sostiene che il giudice d'appello, motivando per relationem con riferimento alla sentenza di primo grado,

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