Cass. civ., sez. I, sentenza 06/10/2005, n. 19513

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime1

L'interpretazione dell'atto di appello è compito istituzionalmente demandato al giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 06/10/2005, n. 19513
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19513
Data del deposito : 6 ottobre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P V - Presidente -
Dott. V U - rel. Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. B M - Consigliere -
Dott. G P - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BUSCIANTELIA R M, elettivamente domiciliata in Roma, Circonvallazione Clodia, n. 29, presso l'avv. R P, che la rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
F P, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cola di Rienzo, n. 92, presso l'avv. L N, unitamente all'avv. L S G che lo rappresenta e difende per procura a margine del controricorso;

- controricorrente ricorrente incidentale -
avverso la sentenza della Corte d'Appello di Perugia n. 258 pubblicata 21 novembre 2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 11 luglio 2005 dal Re latore Cons. Dr. U V;

udita l'avv. B P per delega dell'avv. P R;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G A, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l'assorbimento del ricorso incidentale;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 27 giugno 1997 M B R conveniva in giudizio dinanzi al pretore di Spoleto il coniuge Pietro Finauro proponendo opposizione contro il decreto ingiuntivo con il quale le era stato intimato il pagamento della somma di L. 45.000.000 quale quota par te di un presunto peculio familiare da restituire all'esito dello scioglimento della comunione familiare conseguente alla separazione consensuale omologata.
Con sentenza del 23 luglio 1999 il pretore accoglieva in parte l'opposizione e pur condannando la opponente al pagamento della somma intimata riconosceva tuttavia il suo diritto al rimborso della somma di L. 803.347.
Su gravame di entrambe le parti la Corte d'Appello di Perugia, con sentenza in data 8-21 novembre 2001, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
Affermava la corte che correttamente il primo giudice aveva ritenuto l'insussistenza per difetto di forma della donazione di B.O.T. per un ammontare di L. 100.000.000 effettuata dalla Busciantella Ricci in favore dei figli in assenza di prova documentale e che parimenti meritava conferma la compensazione effettuata per un importo di L. 803.347 spettanti in forza dell'accordo di cui al verbale di conciliazione del 24 settembre 1996.
Contro la sentenza ricorre per cassazione M B R con cinque motivi.
Resiste Pietro Finauro con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a due motivi e illustrato da memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE
Va disposta preliminarmente la riunione dei ricorsi proposti contro la medesima sentenza.
Ragioni di ordine logico inducono ad esaminare con priorità il primo motivo del ricorso incidentale con il quale il Finauro lamenta la violazione dell'art. 342 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, dello stesso codice per aver la sentenza impugnata affermato, con motivazione contraddittoria, che, nonostante la difficile comprensività dei motivi di gravame, l'appello della Busciantella Ricci non presentava vizi rapportabili al difetto di specificità dei motivi di gravame.
La censura è destituita di fondamento poiché l'interpretazione dell'atto di appello è istituzionalmente demandato al giudice del merito ed è insindacabile in cassazione se congruamente motivato (Cass. 20 ottobre 2003, n. 15643);
ciò premesso, nella specie non è ravvisabile il vizio di contraddittorietà di motivazione in quanto la sentenza impugnata ha affermato che la formulazione dei motivi di appello, pur essendo di non agevole comprensione, consentiva tuttavia di individuare le censure mosse dalla appellante alla sentenza impugnata.
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia il vizio di omessa motivazione per omesso esame di documenti decisivi ai fini della decisione, precisamente indicati dalla ricorrente, dai qua li risulterebbe l'avvenuta sottoscrizione di titoli di Stato per un valore nominale di L. 85.000.000, l'intervenuto prelievo di somma equivalente dal proprio conto corrente bancario e la dichiarazione con tenuta nel verbale dell'udienza di comparizione nel giudizio di separazione nel quale era stata riprodotta la sua dichiarazione relativa alla sottoscrizione dei titoli del debito pubblico intestati ai figli.
La censura non merita accoglimento dovendosi confermare la pur stringata motivazione della sentenza impugnata la quale, nel rilevare l'insussistenza (rectius: la nullità) della donazione per difetto di forma in quanto donazione di non modico valore, va interpretata nel senso che una donazione di tale importo avrebbe dovuto rivestire a pena di nullità la forma dell'atto pubblico con accettazione del beneficiario, formalità che non potevano essere sostituite dalle risultanze della documentazione in atti, non essendo ammissibile nella specie l'osservanza di forme equivalenti.
Col secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 177, 184 e 783 cod. civ. e dell'art. 112 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. e si sostiene che nella specie non era in contestazione la validità formale della donazione, bensì la circostanza che la somma destinata all'acquisto dei titoli fosse uscita dal patrimonio della condividente;
che il difetto di forma non era mai stato eccepito dal convenuto e che il suo accertamento avrebbe comportato il litis consorzio necessario con i donatari;
che in ogni caso si sarebbe verificata a carico del convenuto la decadenza di cui all'art. 184 cod. civ.;
che il valore non modico della donazione costituiva affermazione assolutamente apodittica mancando ogni valutazione della situazione economica di essa donante. Le diverse censure sono destituite di fondamento e la sentenza impugnata merita conferma sul punto, previa correzione della motivazione, per la assorbente considerazione che - come risulta dal verbale della separazione omologata, trascritto nel ricorso per Cassazione - l'acquisto di titoli del debito pubblico intestati ai figli è stato compiuto dalla Busciantella in costanza di matrimonio e, a norma dell'art. 184, co. 3, cod. civ., gli atti compiuti senza il necessario consenso del coniuge in regime di comunione legale, qualora riguardino beni diversi dai beni immobili o dai beni mobili registrati comportano l'obbligo del coniuge che ne ha disposto in ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora non sia possibile, del pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione. Ciò comporta l'assorbimento dell'esame delle concorrenti censure riguardanti la ritenuto nullità della donazione di non modico valore in quanto l'obbligo della ricostituzione della comunione prescinde da ogni accertamento circa la nullità o annullabilità dell'atto ed opera anche nei confronti di atti perfettamente validi.
Inammissibili sono poi le censure articolate con i due motivi successivi con i quali si deduce, rispettivamente, la violazione degli artt. 782, 147, 148 cod. civ. e 30 Cost. in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. in base alla considerazione che il trasferimento di una somma di danaro da parte della ricorrente in favore dei figli, con la contestuale intestazione di un corrispondente importo di B.O.T., sarebbe stato erroneamente qualificato atto di liberalità, trattandosi piuttosto di atto dovuto, satisfattivo dell'obbligo del Finauro di fornire al coniuge i mezzi necessari per il mantenimento, l'educazione e l'istruzione dei figli ad essa affidati (terzo motivo), e l'omesso esame di un documento decisivo per non aver considerato la sentenza impugnata che nel verbale di conciliazione sottoscritto all'udienza del 24 settembre 1996 il Finauro aveva consentito che gli interessi sui B.O.T. in contestazione venissero usati dalla Busciantella Ricci per il mantenimento dei figli con detrazione dell'importo corrispondente dall'assegno di mantenimento posto a carico del padre (quarto motivo), trattandosi di questioni mai sottoposte all'esame del giudice di meri, rito e che non possono essere sollevate per la prima volta con il ricorso per cassazione che è diretto unicamente a verificare la correttezza giuridica e la congruenza logica della motivazione della sentenza impugnata.
Con il quinto ed ultimo motivo si denuncia la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., e l'omesso esame di documenti decisivi e della
prova testimoniale in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. in quanto la domanda riconvenzionale avente a oggetto il
rimborso della somma di L. 24.000.000 dovuta per il mancato mantenimento della famiglia da parte del Finauro negli anni 1994 e 1995 sarebbe stata rigettata, con la mera conferma della sentenza di primo grado sulla base della presunzione che la convivenza rende abituali e informali i trasferimenti di danaro per il normale mantenimento della famiglia, senza verificare se tale presunzione, posta a fondamento della decisione del primo giudice, si fondasse su elementi gravi, precisi e concordanti e non fosse invece smentita dalla prova documentale, costituita dagli estratti dei conti bancari e sulla deposizione del figlio Alessandro e quella dei testi Landi e Ferroni che avevano confermato la mancata contribuzione del Finauro al mantenimento della famiglia, com'era altresì confermato dal capo di imputazione elevato a carico de Finauro, tratto a giudizio per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. La censura merita accoglimento in quanto la valutazione delle risultanze istruttorie costituisce espressione dei poteri discrezionali del giudice di merito e si sottrae a censura in sede di legittimità salvo che non ridondi in vizio di motivazione insufficiente o contraddittoria su un punto decisivo della controversia. Tale vizio nella specie de v'essere ravvisato nel fatto che la sentenza impugnata ha confermato la pronuncia di primo grado sul la base di un giudizio presuntivo fondato più sul notorio che su elementi gravi, precisi e concordanti, nonostante la proposizione di una domanda riconvenzionale di rimborso fondata su prove documentali e testimoniali delle quali è stata specificata la portata con riferimento all'asserita inadempienza del Finauro all'obbligo di contribuzione agli oneri di mantenimento della famiglia. Passando all'esame del secondo motivo del ricorso incidentale il Finauro lamenta la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1965 cod. civ. con riferimento all'interpretazione della portata del
verbale di conciliazione del 24 settembre 1997 con la quale è stata esclusa la volontà transattiva delle parti.
La censura non merita accoglimento poiché il ricorrente incidentale, pur avendo trascritto il contenuto del verbale in contestazione, non indica quale violazione delle norme di ermeneutica contrattuale sarebbe stata consumata ai suo danno ma si limita a prospettarne una diversa interpretazione.
In conclusione, perciò, in accoglimento del quinto motivo del ricorso principale, e previo rigetto dei primi quattro motivi nonché del ricorso incidentale, la sentenza impugnata dev'essere cassata con rinvio della causa ad altro giudice il quale provvedere a riesaminare le censure mosse contro la statuizione di parziale rigetto della domanda riconvenzionale di rimborso fornendo al riguardo corretta e adeguata motivazione.
Al giudice di rinvio viene rimessa altresì la pronuncia sulle spese del giudizio di Cassazione.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi