Cass. civ., sez. III, sentenza 10/12/2019, n. 32136
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o la seguente SENTENZA C ' sul ricorso 8497-2016 proposto da: M F, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 162, presso lo studio dell'avvocato G M, rappresentata e difeso dall'avvocato G R;- ricorrente - 2019 contro 1942 ITALFONDIARIO SPA mandataria di INTESA S SA, in persona dell'Avv. M L M nella qualità di procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE VIDEO 21, presso lo studio dell'avvocato F D C, rappresentata e difesa dall'avvocato G R;CONDOMINIO RESIDENZA VITTORIA in persona dell'Amministratore pro tempore M G, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTEVIDEO 21, presso lo studio dell'avvocato F D C, rappresentato e difeso dall'avvocato F M;LA GATTUTA ANNAMARIA, CONVERTINO GIUSEPPE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANICIO GALLO, 194, presso lo studio dell'avvocato F L G, che li rappresenta e difende;- controricorrenti - nonchè contro CAPPUCCI TATIANA, MEDIOLANUM INVESTIGAZIONI SRL ;- intimati - avverso la sentenza n. 1810/2015 del TRIBUNALE di B A, depositata il 09/12/2015;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/10/2019 dal Consigliere Dott. M R;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A M S che ha concluso in via preliminare inammissibilità 617 perché tardivo del ricorso, in subordine rigetto;udito l'Avvocato F D C per delega;udito l'Avvocato F L G;R.G.N. 8497/16 Udienza del 10 ottobre 2019 FATTI DI CAUSA 1. Tatiana Cappucci, creditrice di F M, iniziò l'esecuzione forzata per espropriazione immobiliare in danno della debitrice. La procedura proseguì sino alla vendita e conseguente aggiudicazione dell'immobile pignorato in favore degli acquirenti G C e A L G. Nel provvedimento di aggiudicazione si fissò ai due acquirenti termine sino al 10.1.2015 per il versamento del saldo del prezzo. Il 5.1.2015 gli acquirenti chiesero una proroga per il pagamento del prezzo, e il Giudice dell'esecuzione la concesse. Il 13.2.2015 F M rivolse al Giudice dell'esecuzione una istanza di revoca dell'ordinanza di proroga del termine, istanza che venne rigettata. Quindi, il 26.5.2015, il Giudice dell'esecuzione emise il decreto di trasferimento della proprietà dell'immobile. 2. Avverso tale decreto F M propose opposizione agli atti esecutivi. Sostenne che quel decreto era nullo, per avere il Giudice dell'esecuzione trascurato di rilevare la decadenza degli aggiudicatari dall'acquisto, a causa del tardivo versamento del saldo del prezzo. Ciò sul presupposto che fosse nulla e tamquam non esset l'ordinanza con cui il Giudice dell'esecuzione aveva consentito agli aggiudicatari di versare il saldo del prezzo tardivamente. Con sentenza 9.12.2015 il Tribunale di Busto Arsizio rigettò l'opposizione, ritenendo che: a) il provvedimento con cui il Giudice dell'esecuzione consentì agli aggiudicatari il versamento tardivo del saldo era legittimo, perché il novellato art. 153, comma secondo, c.p.c., nella specie applicabile ratione temporis, consente "la proroga dei termini perentori";Pagina 3t31 R.G.N. 8497/16 Udienza del 10 ottobre 2019 b) l'attrice (cui evidentemente il Tribunale ritenne di addossare il relativo onere) non aveva dimostrato che le ragioni sui gli aggiudicatari fondarono la propria istanza di proroga erano pretestuose od infondate;c) ad abundantiam, infine, il Tribunale aggiunse che comunque non era possibile stabilire se la fase di merito dell'opposizione 617 c.p.c. fosse stata tempestivamente introdotta, in quanto "non era noto a quale originario ricorso la causa di merito sia collegata". 4. Tale sentenza è stata impugnata per cassazione da F M, con ricorso fondato su sei motivi ed illustrato da memoria. Hanno resistito con controricorso G C e A L G con un controricorso unitario, nonché i creditori intervenuti nella procedura esecutiva, ovvero il Condominio "Residenza Vittoria" e la società Italfondiario s.p.a.. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Sintesi dei motivi. 1.1. Col primo motivo la ricorrente lamenta (evidentemente ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c.) la violazione degli artt. 113, 152 e 153 c.p.c.. A fondamento di tale censura espone che erroneamente il Tribunale ha ritenuto prorogabile il termine perentorio per il versamento del saldo del prezzo. Deduce che tale termine non sarebbe mai prorogabile, nemmeno ai sensi dell'art. 153 c.p.c.. 1.2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 153, 154 e 294 c.p.c.. Sostiene che erroneamente il Tribunale ha qualificato come "rimessione in termini" il provvedimento col quale il Giudice dell'esecuzione aveva consentito agli aggiudicatari il versamento tardivo del saldo del prezzo.R.G.N. 8497/16 Udienza del 1° ottobre 2019 Deduce in contrario che né gli aggiudicatari avevano mai chiesto alcuna rimessione in termini;né il Giudice dell'esecuzione intese mai concederla: gli uni e l'altro infatti avevano rispettivamente chiesto, e concesso, una "normale" proroga di un termine perentorio, come tale inammissibile. 1.3. Col terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 490, 570 e 576 c.p.c.. Sostiene che tali norme sanciscono il principio di necessaria pubblicità di tutte le condizioni della vendita forzata, e della immodificabilità di esse. Espone che tale esigenza è sottesa dall'interesse pubblicistico alla trasparenza della gara, e che pertanto non potrebbe essere frustrata dal provvedimento con cui il giudice, ex post, consentendo una rimessione in termini all'aggiudicatario muti di fatto le condizioni di vendita, tra le quali è essenziale il termine per il pagamento del prezzo. 1.4. Col quarto motivo la ricorrente lamenta che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto sussistente i presupposti per concedere agli aggiudicatari, da parte del giudice dell'esecuzione, una rimessione in termini per il pagamento del saldo prezzo. 1.5. Col quinto motivo la ricorrente lamenta l'omesso esame d'un fatto decisivo. Il "fatto decisivo" che il Tribunale avrebbe omesso di trascurare sarebbe rappresentato dalle seguenti circostanze: non essere vero, come dedotto dagli aggiudicatari, che il tempestivo pagamento del saldo prezzo fu impedito dalle lungaggini dell'istituto di credito che avrebbe dovuto finanziare l'acquisto, e dalla sospensione dell'attività bancaria durante le festività.R.G.N. 8497/16 Udienza del 10 ottobre 2019 Sostiene la ricorrente che, se il Tribunale avesse esaminato tali circostanze, avrebbe dovuto ricavarne la totale infondatezza, e di conseguenza ritenere illegittima la proroga del termine concessa agli aggiudicatari, ed accogliere l'opposizione. 1.6. Col sesto motivo la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 617 e 618 c.p.c. Sostiene che erroneamente il giudice di merito ha ritenuto non esservi la prova della tempestiva introduzione della fase di merito del giudizio di opposizione agli atti. Sostiene che tale prova risultava invece dagli atti ritualmente allegati all'atto di citazione. 2. Inammissibilità della domanda. 2.1. E' superfluo dare conto dei motivi del ricorso, dal momento L che la sentenza impugnata va cassata senza rinvio ai sensi dell'art. 382, comma terzo, c.p.c., per avere pronunciato su una domanda che non poteva essere proposta, come correttamente rilevato dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni. 2.2. Come accennato, F M ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 617 c.p.c., avverso il decreto di trasferimento della proprietà del bene oggetto di esecuzione, emesso in data 26.5.2015. Tale decreto venne adottato sul duplice presupposto che: a) gli aggiudicatari non fossero decaduti dall'acquisto, perché erano stati rimessi in termini dal Giudice dell'esecuzione, in accoglimento dell'istanza da essi formulata;b) tale provvedimento fosse legittimo, ed infondata per contro fosse l'istanza di revoca formulata dall'odierna ricorrente.R.G.N. 8497/16 Udienza del 10 ottobre 2019 2.3. E' principio tanto pacifico quanto risalente, nella giurisprudenza di questa Corte, che l'opposizione agli atti esecutivi è quella che viene rivolta contro i provvedimenti con cui il giudice dell'esecuzione regola e dirige la procedura esecutiva: e dunque atti "che costituiscono i presupposti di ulteriori atti del processo" (così già Sez. 3, Sentenza n. 586 del 11/03/1963, Rv. 260773 - 01;nonché Sez. 3, Sentenza n. 1440 del 19/06/1967, Rv. 328093 - 01). Altrettanto pacifico è che la nullità d'un atto dell'esecuzione si trasmette agli atti successivi (c.d. principio della "nullità riflessa", anche questo incontrastato da decenni: in tal senso già Sez. 3, Sentenza n. 2148 del 23/07/1973, Rv. 365368 - 01). Infine, risalente ed incontrastato è altresì il principio secondo cui la nullità riflessa di qualsiasi atto dell'esecuzione forzata "non può essere fatta valere se non in sede di opposizione all'atto che ne è inficiato, ovvero, nel caso che tanto sia stato impossibile, in sede di opposizione all'atto immediatamente successivo" (si veda già, in tal senso, Sez. 2, Sentenza n. 1141 del 25/03/1975, Rv. 374572 - 01). Questi tre princìpi si compendiano nella seguente semplice regola: dato un atto esecutivo nullo, chi intenda dolersene ha da impugnarlo a pena di decadenza nel termine previsto dall'art. 617 c.p.c., ed ove ciò non faccia, sarà vana l'impugnazione di eventuali atti susseguenti, che dal primo abbiano mutuato la nullità. A tale regola ovviamente si può derogare nella sola ipotesi in cui la parte interessata abbia incolpevolmente ignorato l'esistenza dell'atto presupposto nullo, nel qual caso le sarà consentito impugnare, beninteso tempestivamente, il primo atto susseguente del quale abbia avuto notizia.
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