Cass. civ., SS.UU., sentenza 24/10/2005, n. 20469

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L'omessa trascrizione delle conclusioni delle parti nella sentenza importa nullità della sentenza soltanto quando le suddette conclusioni non siano state esaminate, di guisa che sia mancata in concreto una decisione sulle domande ed eccezioni ritualmente proposte, mentre quando dalla motivazione risulta che le conclusioni sono state effettivamente esaminate, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza. (In applicazione del suddetto principio la S.C. ha rigettato il ricorso avverso una decisione del Consiglio nazionale forense).

Nei procedimenti disciplinari contro avvocati si devono seguire, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale, in mancanza delle quali si deve far ricorso alle norme del codice di procedura civile. Consegue che, in mancanza di norme speciali relative alla pubblicazione della decisione del Consiglio Nazionale Forense, si applica l'art. 133, comma primo, cod. proc. civ. - secondo il quale la sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata - ed è esclusa la lettura in udienza del dispositivo, prevista solo per i casi tassativamente indicati dalla legge (art. 429 cod. proc. civ. e art. 23, l. n. 689 del 1981).

Nel procedimento dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, in sede di ricorso contro le deliberazioni del Consiglio dell'ordine territoriale, gli artt. 60 e 61 del r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, ove dispongono che gli atti devono essere depositati a disposizione delle parti per il termine di dieci giorni e che la seduta di discussione non può aver luogo prima di dieci giorni dalla scadenza di tale termine, non ostano a che il provvedimento presidenziale di fissazione di quella seduta sia adottato durante il periodo del deposito, purché il giorno della seduta medesima non sia anteriore alla suddetta data.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 24/10/2005, n. 20469
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20469
Data del deposito : 24 ottobre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. P V - Consigliere -
Dott. A E - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. D N L F - rel. Consigliere -
Dott. F R - Consigliere -
Dott. B M - Consigliere -
Dott. F M - Consigliere -
Dott. B G M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
L V, elettivamente domiciliato, in ROMA VIA L.

MANTEGAZZA

24, presso il Cav. GARDIN LUIGI, rappresentato e difeso dall'avvocato C F, giusta delega in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BARI, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI BARI;
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BARI;
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;



- intimati -


avverso la decisione n. 300/04 del Consiglio nazionale forense di ROMA, depositata il 14/12/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 07/07/05 dal Consigliere Dott. L F D N;

udito l'Avvocato Fulvio CILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA

Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Lecce iniziò sei procedimenti disciplinari in danno del proprio iscritto, avvocato Vito L, al quale era addebitato di essere venuto meno ai doveri di lealtà, correttezza e probità verso il Consiglio, verso propri clienti e verso i giudici, così ledendo gravemente il prestigio della classe forense.
Gli atti dei procedimenti furono trasmessi al Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Bari, giacché, per ricusazione seguita da astensione, era venuto a mancare il numero dei consiglieri in grado di assumere la decisione.


2. Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Bari, riuniti i procedimenti contrassegnati con i nn. 29/98, 58/98, 113/98, 109/99, 25/2000 e 66/2001, ha assolto l'interessato dai fatti di cui al procedimento n. 25/2000 ed ha inflitto all'incolpato la sanzione disciplinare della cancellazione dall'albo professionale per le altre contestazioni.


3. L'avvocato L ha impugnato la decisione davanti al Consiglio Nazionale Forense mediante articolato ricorso, con il quale, in riassunto, ha eccepito quanto segue: la decisione impugnata era nulla per violazione di norme procedimentali;
le contestazioni erano infondate;
tutti i procedimenti erano estinti per prescrizione;

la determinazione della sanzione irrogata era sproporzionata ed eccessiva;
il Consiglio dell'Ordine non si era pronunciato su querela di falso proposta contro la decisione impugnata.


4. L'appello stato rigettato dal Consiglio Nazionale forense con decisione del 14 dicembre 2004. 5. Per la cassazione della decisione l'avvocato Vito L ha proposto ricorso per Cassazione.
Gli intimati, Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Bari, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bari, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bari e Procuratore generale della Corte di Cassazione, non hanno svolto attività difensiva.


6. L'avvocato L ha chiesto anche la sospensione dell'esecutività della decisione impugnata, sia con il ricorso per Cassazione, sia con separata istanza.
MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Il ricorso iscritto al numero di ruolo 4903 del 2005 e quello numero 4903-bis del 2005 debbono essere riuniti per identità dell'oggetto, nella parte relativa all'istanza di sospensione contenuta in ciascuno di essi.


2. Il ricorso iscritto al numero di ruolo 4903 del 2005 contiene 38 motivi di censura, l'esame di molti dei quali può essere fatto raggruppandoli secondo il tema in essi contenuto.


3. Nullità della decisione impugnata come atto. A questo tema appartengono i motivi nn. 1, 2, 3, 8, 9 e 10.


3.1.1. Il ricorrente, con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 42 e 64 del r.d. 22 gennaio 1934 n. 31, si riferisce al fatto che, dopo l'udienza del 26 giugno 2004, il Consiglio Nazionale Forense si era riservata la decisione del ricorso senza dare lettura del dispositivo della decisione. Egli sostiene che dal combinato disposto delle norme richiamate si ricava che il dispositivo della decisione del Consiglio Nazionale Forense deve essere sempre letto in udienza, non essendo contemplata la possibilità di una pronuncia separata.


3.1.2. Nei procedimenti disciplinari contro avvocati si devono seguire, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale, in mancanza delle quali si deve ricorrere alle norme del codice di procedura civile: ss. uu. 24 febbraio 1988, n. 1988, tra le altre.
Ciò comporta che, in mancanza di specificazioni, alla decisione impugnata si applica la disposizione dell'art. 133, primo comma, cod. proc. civ., secondo il quale la sentenza è resa pubblica mediante
deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata. La contraria tesi del ricorrente, che la decisione doveva essere pronunciata mediante lettura in udienza del dispositivo della decisione, non è fondata.
La pronuncia della sentenza mediante lettura in udienza del dispositivo della decisione, infatti, è un sistema predisposto dall'ordinamento per casi tassativamente indicati: ad esempio, per le controversie che si svolgono con il rito del lavoro (art. 429 cod. proc. civ.) o per quelle emesse nel giudizio di opposizione contro
sanzioni amministrative depenalizzate (art. 23 della legge 24 novembre 1981 n. 689). Fuori di queste situazioni tipiche, vale la regola indicata dal citato art. 133, che ha trovato puntuale applicazione nella fattispecie, nella quale la decisione è stata adottata il 26 giugno 2004 e la sentenza è stata depositata il successivo 14 dicembre.

3.2. Il ricorrente non ha interesse alla formulazione del secondo motivo del ricorso, con il quale è denunciato che il verbale dell'udienza del 26 giugno 2004 era illeggibile.
La censura, infatti, non soddisfa il principio dell'autosufficienza dell'impugnazione (art. 366 n. 4 cod. proc. civ.), secondo il quale il ricorso per Cassazione deve presentare l'autonomia necessaria a consentire, senza il sussidio di altre fonti, l'immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere e consentirne il controllo.
Il ricorrente, invero, non specifica nel ricorso per Cassazione, come era tenuto a fare, quale pregiudizio ha subito dalla denunciata condizione del verbale di udienza, della quale non è specificato neppure l'oggetto.
Il motivo, pertanto, è inammissibile.


3.3. Con il terzo motivo del ricorso è denunciato che la decisione impugnata non reca l'indicazione che sia stata redatta dal relatore della causa: censura di violazione dell'art. 64 r.d. 22 gennaio 1934. Insieme a questo motivo possono essere esaminate le censure contenute nei motivi contrassegnati con i nn. 8, 9 e 10.
Con essi il ricorrente denuncia: che l'attestazione riserva di decisione contenuta nel verbale dell'udienza del 26 giugno 2004 era falsa;
che la decisione impugnata reca una firma illeggibile del presidente e non contiene la trascrizione delle conclusioni da lui rese, come richiesto dall'art. 42 del r.d. 22 gennaio 1934 n. 37. 3.3.1. L'art. 64 citato dispone che le decisioni del Consiglio Nazionale Forense debbono contenere, tra l'altro, le deduzioni del ricorrente e la sottoscrizione del presidente e del segretario. In punto di mancanza delle deduzioni del ricorrente, nella giurisprudenza di questa Corte è stato già affermato il principio che l'omessa trascrizione delle conclusioni delle parti nella sentenza importa nullità di questa soltanto quando esse non siano state esaminate, di guisa che sia mancata in concreto una decisione sulle domande ed eccezioni ritualmente proposte: sent. 8 aprile 2002, n. 5024 tra le altre. Il principio è condiviso da queste sezioni unite, giacché alla disposizione dell'art. 132 cod. proc. civ., nella parte in cui indica le conclusioni del pubblico ministero e delle parti come elementi della sentenza, non può essere attribuito il valore di mera enunciazione formale, ma quello di consentire al giudice dell'impugnazione la verifica della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Sicché quando dalla motivazione risulta che le conclusioni sono state concretamente esaminate, il vizio si risolve in una imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza.
Nella fattispecie, il ricorrente non ha denunciato il mancato esame di alcuna domanda, per cui la censura contiene la denuncia di un vizio non rilevante e, quindi, non è fondata.

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