Cass. civ., SS.UU., sentenza 22/01/2009, n. 1576
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Gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie, quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite società per azioni e gravati dall'obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitale ai sensi della legge n. 218 del 1990 ed in base all'art. 12 del d.lgs. n. 356 del 1990,a causa del particolare vincolo genetico che le univa alle aziende scorporate, non possono essere assimilati nè alle persone giuridiche di cui all'art. 10 "bis" della legge n. 1745 del 1962 (che perseguono esclusivamente scopi di beneficenza,educazione,istruzione,studio e ricerca scientifica), ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d'acconto sugli utili, nè agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 601 del 1973, ai fini del riconoscimento della riduzione a metà dell'aliquota sull'IRPEG; la predetta disciplina agevolativa non trova applicazione quanto agli enti considerati nè in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, nè in via estensiva, poichè la sua "ratio" va ricercata nella esclusività e tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente al momento dell'entrata in vigore delle predette norme. La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell'attribuire a tali enti, ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 153 del 1999 ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, così estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, "ex" art. 87, comma 1, lettera c) del T.U.I.R., non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all'attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti. Ne consegue l'esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all'entità della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull'attività dell'ente creditizio e, dall'altro,la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 cod. civ.,di aver in concreto svolto un'attività, per l'anno d'imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un'attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale anzichè quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all'Amministrazione finanziaria l'onere di sollevare in proposito precise contestazioni.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. P E - Presidente di sezione -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. M A - rel. Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. N A - Consigliere -
Dott. T S - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. T G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12615/2001 proposto da:
FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI CESENA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOLÒ PORPORA 9, presso lo studio dell'avvocato G M, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale depositata in data 22 maggio 2001, in atti;
- ricorrente -
contro
AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE DELLO STATO, in persona del Ministro pro tempore, A D E, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e difende ope legis;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 83/2000 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BOLOGNA, depositata il 18/09/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2008 dal Consigliere Dott. MERONE ANTONIO;
uditi gli. avvocati GIONTELLA Marco, GENTILI dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. NARDI Vincenzo, che ha concluso, preliminarmente difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Finanze, nel merito rigetto del ricorso. FATTO
1. 1. La Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena ha impugnato, dinanzi al giudice tributario competente, il silenzio rifiuto seguito alla istanza con la quale la stessa Fondazione ha richiesto il rimborso parziale dell'IRPEG pagata ad aliquota piena, in relazione all'esercizio 1995. La "fondazione" invoca l'agevolazione di carattere soggettivo prevista dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, in forza del quale l'imposta sul reddito delle persone giuridiche è ridotta alla metà nei confronti degli "a) enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza;
b) istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali;
c) enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione".
1.2. La commissione tributaria provinciale adita ha rigettato il ricorso e la commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di primo grado, rigettando l'appello dell'ufficio, in considerazione della tassatività della elencazione contenuta nel D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, che non ne consente la estensione ad altri enti, della attività svolta in concreto dalle cc.dd. fondazioni bancarie, e di quanto disposto della L. 23 dicembre 1998, n. 461, art. 3, comma 1, lett. d) e del D.Lgs. 17 maggio 1999, n.153, art. 12, comma 1.
Avverso quest'ultima decisione, la Fondazione ricorre contro il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia delle Entrate,con due articolati motivi, illustrati anche con memorie, con i quali denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 461 del 1998, art. 3, del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87 TUIR, unitamente a vizi di motivazione.
L'amministrazione finanziaria resiste con controricorso.
1.3. Con ordinanza n. 26506/07, la sezione tributaria di questa Corte, alla quale il ricorso è stato originariamente assegnato, ha rimesso il ricorso stesso al primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle SS.UU., ai sensi dell'art. 374 c.p.c., comma 2, e art. 376 c.p.c., comma 3, sul rilievo che "anche dopo l'intervento delle SS.UU. civili con sentenza n. 2719 del 19/12/2006 ancora si controverte sia in ordine alla applicabilità dei benefici fiscali nel sistema previgente alla emanazione del D.Lgs. n. 153 del 1999, sia in ordine ai poteri istruttori delle parti dopo l'intervento della Corte di Giustizia".
Il Primo Presidente ha assegnato il ricorso a queste SS.UU. fissando per la trattazione l'odierna udienza.
Le parti ed il P.G. hanno concluso come da verbale.
DIRITTO
2.1. (Questioni preliminari) Preliminarmente va rilevata la inammissibilità del ricorso proposto contro il Ministero, che non era parte nel giudizio di appello (Cass. SS.UU. 3116/2006, 3118/2006). Nel merito il ricorso della Fondazione non può trovare accoglimento. I motivi, strettamente connessi, richiedono un esame congiunto. 2.2. (La giurisprudenza della sezione tributaria prima dell'intervento delle SS.UU.) Giova ripercorrere, sinteticamente, l'evoluzione giurisprudenziale che ha caratterizzato la vicenda in esame.
Al primo arresto, favorevole alla tesi della applicabilità dell'agevolazione di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, con il quale questa Corte ha "riconosciuto il beneficio della riduzione alla metà dell'aliquota IRPEG, giusta disposto del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, alla Compagnia San Paolo, attesane la natura di
fondazione bancaria dotata di personalità giuridica con finalità di interesse pubblico e di utilità sociale, che si limita ad amministrare le partecipazioni derivanti dal conferimento della propria azienda bancaria ad una società per azioni ed a destinare i relativi dividendi agli scopi statutari senza fini lucrativi" (Cass. Sez. 5^, n. 6607/2002), sono seguite altre decisioni, di analogo tenore che, a supporto della tesi favorevole alle "fondazioni", hanno anche utilizzato in chiave interpretativa la successiva riforma di privatizzazione delle fondazioni di origine bancaria, attuata con il D.Lgs. n. 153 del 1999. Anche se poi la prima pronuncia in tema di ritenuta a titolo di imposta sugli utili societari, previsto della L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis, (norma che la giurisprudenza
successiva, Cass. Sez. 6^, 19365/2003, riteneva speculare rispetto a quella di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6) ha escluso che le "fondazioni" di origine bancaria avessero diritto all'esonero stesso, non perseguendo esclusivamente scopi di utilità sociale (Cass. Sez. 5^, 14574/2001). Nel solco della sentenza 6607/2002, favorevole alle "fondazioni", si pongono le successive pronunce, secondo le quali il beneficio della riduzione alla metà dell'aliquota IRPEG, riservata ai soggetti elencati nel del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, spetta anche alle Fondazioni bancarie in considerazione
a) "delle finalità di interesse pubblico e di utilità sociale perseguite nei settori della ricerca scientifica, dell'istruzione, dell'arte e della sanità, e considerato che l'amministrazione della partecipazione nella società conferitaria dell'azienda bancaria - avente carattere transitorio, fintanto che le fondazioni ne saranno titolari - non costituisce attività commerciale e che l'art. 12 D.Lgs. n. 356 del 1990 preclude alle Fondazioni qualsiasi ingerenza
nell'esercizio dell'attività bancaria e quindi anche la possibilità di operare come holding, esercitando in modo indiretto tale attività. Sulla base del D.Lgs n. 153 del 1999, art. 12, comma 2, costituente disposizione di natura interpretativa, tale regime agevolativo è applicabile anche alle fondazioni già esistenti al momento dell'entrata in vigore della disposizione e con riferimento ai pregressi anni d'imposta, purché tali soggetti, anche in conformità della Decisione della Commissione CE (del 22 agosto 2002, C-2002-3118), abbiano svolto la loro attività senza scopo di lucro, secondo un giudizio di meritevolezza oggetto di accertamento in fatto" (così Cass. 19365/2003, secondo la quale, come già accennato, l'ambito applicativo dell'agevolazione in esame coincide con quello di cui alla L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis, in quanto la ratio di entrambe risiede in un "giudizio di meritevolezza dell'attività svolta dal contribuente");
b) "delle finalità di interesse pubblico e di utilità sociale perseguite e considerato che l'amministrazione della partecipazione nella società conferitaria dell'azienda bancaria costituisce attività strumentale, che fornisce le rendite necessane per il perseguimento degli scopi statutari e non ne forma l'oggetto principale. Sulla base del D.Lgs n. 153 del 1999, art. 12, comma 2, costituente disposizione di natura interpretativa, tale regime agevolativo è applicabile anche alle fondazioni già esistenti al momento dell'entrata in vigore della disposizione e con riferimento ai pregressi anni d'imposta, purché tali soggetti abbiano perseguito prevalentemente fini di interesse pubblico e di utilità sociale ed abbiano di fatto presentato le condizioni per beneficiare dell'agevolazione" (Cass. Sez. 5^ 19445/2003). Gli argomenti sui quali si fonda il riconoscimento del diritto alla agevolazione attengono sia alla interpretazione delle leggi che hanno disciplinato la riforma, sia al riscontro in punto di fatto che la gestione della partecipazione non perseguisse fini di lucro. Posti nel loro ordine logico, gli argomenti sui quali si fonda la prima giurisprudenza possono essere così sintetizzati:
a) il D.Lgs. 20 dicembre 1990, n. 356, art. 12, (recante le Disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio, emanata in attuazione della delega di cui alla L. n. 218 del 1990, c.d. riforma Amato), abrogato da D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 30 precludeva qualsiasi ingerenza nell'esercizio dell'attività
bancaria e quindi anche la possibilità di operare come holding e di esercitare in modo indiretto tale attività;
tanto è vero che, successivamente, al D.Lgs. 15 maggio 1999, n. 153, art. 12, comma 2, prima alinea, (recante la Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui al D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 356, art. 11, comma 1, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione
bancaria, a norma della L. 23 dicembre 1998, n. 461, art. 1) ha stabilito che alle fondazioni in questione "si applica il regime previsto dal