Cass. pen., sez. V, sentenza 02/09/2021, n. 32727

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 02/09/2021, n. 32727
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 32727
Data del deposito : 2 settembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GIUSTI LESLIE SUSANNA nata in TUNISIA il 24/05/1963 avverso la sentenza del 21/02/2019 della CORTE APPELLO DI ROMAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere G F lette: - la requisitoria scritta presentata - ex art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 - dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione T E, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
- e le conclusioni scritte rassegnate ai sensi della stessa norma dall'avvocato F P nell'interesse dell'imputata che ha insistito per l'accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del giorno 21 febbraio 2019 la Corte di appello di Roma, a seguito dell'appello interposto da L S G, ha riformato limitatamente alla durata delle pene accessorie fallimentari (art. 216, ultimo comma, legge fall.), ridotta a due anni, la sentenza in data 7 febbraio 2017 - che ha confermato nel resto - con la quale la stessa imputata era stata dichiarata colpevole dei delitti aggravati di bancarotta fraudolenta per distrazione e bancarotta documentale semplice e, concesse le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, era stata condannata alla pena di due anni di reclusione.

2. Avverso la sentenza di appello il difensore dell'imputata ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi (di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).

2.1. Con il primo motivo - in relazione alla bancarotta fraudolenta per distrazione - ha denunciato la violazione della legge penale - e in particolare degli artt. 216, comma 1, n. 1, 217 e 223 legge fall. - e il vizio di motivazione, ad avviso del ricorrente illogica e carente rispetto ai motivi di appello e alla valutazione della prova, che sarebbe stata omessa.

2.2. Con il secondo motivo - in relazione alla bancarotta documentale - sono stati prospettati la violazione della legge penale - segnatamente dell'art. 217 legge fall. - e il vizio di motivazione, a cagione della mancanza assoluta di una logica motivazione sui motivi di gravame.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.

1. Con il primo motivo sono stati prospettati la violazione della legge penale e il vizio di motivazione, con riguardo all'imputazione di bancarotta fraudolenta per distrazione. Il ricorrente che dedotto che la Corte territoriale sarebbe pervenuta a una statuizione di condanna senza una compiuta argomentazione, pur in presenza di versioni contrastanti, impiegando «parametri valutativi [...] ipoteticamente sostituibili da altri» e compiendo una selezione arbitraria del materiale probatorio che avrebbe disatteso quanto dimostrato dall'imputata ed omesso di considerare le allegazioni svolte con i motivi di gravame. Più in dettaglio: - in relazione agli utili relativi all'anno 2011, i Giudici di secondo grado non avrebbero valutato quanto rappresentato dall'imputata, la quale ha assunto di non avere incassato l'intero importo già fatturato e di vantare un credito (poi esatto, dalla curatela del fallimento), nonché di aver pagato i fornitori e i dipendenti, tanto che sono risultati esigui i debiti ammessi al passivo verso costoro;
in ogni caso, la ripartizione di utili di un'impresa individuale quale quella de qua non pregiudicherebbe l'integrità del patrimonio, perché al più andrebbe a ledere - come nelle società - la parità di trattamento tra i soci, poiché l'utile non sarebbe patrimonio dell'impresa ma spetterebbe alla titolare di essa;
- il medesimo ordine di argomentazioni varrebbe anche per i prelievi personali, dei quali la Corte territoriale non avrebbe neppure esaminato l'entità e la proporzione anche rispetto alle finalità di essi;- con riferimento ai beni strumentali non rinvenuti, l'imputata - suffragata «da deposizioni testimoniali» - ha affermato di non conoscerne la destinazione e che probabilmente il materiale mancante - facilmente usurabile - era stato smaltito dai dipendenti senza nulla rappresentare alla stessa GIUSTI;
e la Corte di appello non ha tenuto conto del valore prossimo allo zero dei beni e non valutato l'attendibilità della relazione contabile in atti;
- infine, sotto il profilo soggettivo, i Giudici di appello non avrebbero correttamente apprezzato che l'enorme patrimonio dell'imputata e della sua impresa, patrimonio che la GIUSTI non ha dismesso, era più che sufficiente a soddisfare ogni pretesa creditoria, ciò che avrebbe dovuto deporre per l'insussistenza del dolo.
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