Cass. pen., sez. III, sentenza 29/03/2022, n. 11316

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 29/03/2022, n. 11316
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11316
Data del deposito : 29 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto dal Procuratore della repubblica presso il tribunale di Brindisi nei confronti di G G, nato a Lecce 1'11/12/1932 F P, nato a Fasano (BR) il 25/10/1942 R T, nato a Tiggiano (LE) il 27/10/1945 C T, nato a Palo del Colle (BA) il 4/8/1965 avverso l'ordinanza del 30/03/2021 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Brindisi;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione del Consigliere V D N;
Letta la requisitoria del Procuratore Generale che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Brindisi ricorre per la cassazione dell'ordinanza indicata in epigrafe con la quale il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale della stessa città ha dichiarato inammissibile la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere emessa in data 23 febbraio 2016 dal giudice dell'udienza preliminare presso il medesimo Tribunale, il quale aveva ritenuto l'insussistenza dei fatti addebitati agli imputati. L'azione penale era stata esercitata con riferimento a complesse imputazioni, che sono state così riassunte nell'ordinanza impugnata: capo a) articoli 81, 110, 40 cpv. cod. pen., 44, comma 1, lettere b) e c), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, 181, comma 1, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 perché nelle rispettive qualità di presidente (Giurgola) pro-tempore dell'Autorità Portuale, dirigente dell'autorità tecnica portuale e successivamente R.U.P. dell'opera (F), amministratore di fatto della IGECO costruzioni s.p.a. aggiudicataria dell'appalto (Ricchiuti), Provveditore alle 00.PP. di Bari (Musei), presidente della conferenza di servizi (Colabufo), realizzavano una lottizzazione abusiva nonché opere in assenza dei prescritti titoli abilitativi dal punto di vista urbanistico ed ambientale. Tanto sul rilievo che: 1) la contrarietà agli strumenti urbanistici consisteva in un progetto di "riqualificazione delle strutture Costa Morena - ristrutturazione e ampliamento" che imprimeva una diversa destinazione urbanistica all'area in quanto si prevedevano opere per il traffico passeggeri mentre gli strumenti urbanistici prescrivevano una destinazione commerciale/industriale limitata al solo traffico delle merci;
2) le condotte di lottizzazione consistevano in provvedimenti finalizzati alla programmazione e realizzazione dell'opera (Autorità portuale), progettazione, opere di cantierizzazione, omessa rilevazione del contrasto con gli strumenti urbanistici (dirigente ufficio urbanistico), atti amministrativi diretti alla conclusione dell'iter necessario senza variante urbanistica, esecuzione materiale delle opere (appaltatore), indizione della conferenza di servizi (Provveditore alle 00.PP.), presidente della relativa conferenza dei servizi;
3) le condotte di esecuzione di opere in assenza di titoli consistevano nella mancanza del parere del vincolo aeronautico - militare. Fatti commessi in Brindisi sino al 30 giugno 2014 Capo b) reato di cui all'art. 479 cod. pen. per la falsa attestazione da parte del Presidente dell'Autorità Portuale nella richiesta di autorizzazione paesaggistica che la destinazione dell'area era "ricettivo/turistica", in luogo di quella industriale/commerciale (destinata cioè ad accogliere solo il traffico merci) prevista dal Piano Regolatore Portuale. Fatto commesso in Brindisi il 31 agosto 2010. 2. Il ricorso è affidato a tre complessi motivi, che possono essere riassunti secondo l'epigrafe rassegnata dallo stesso ricorrente.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia mancanza della motivazione (art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.) con riguardo alla valutazione delle nuovi fonti di prova, e, in particolare, (a) degli allegati al verbale di assunzione di informazioni rese da R S in data 27 maggio 2020 (con specifico riferimento all'allegato 1, che, consistendo in uno scritto pubblicato dal dichiarante in data 20 febbraio 2019, rappresenterebbe fonte documentale nuova, del tutto estranea, nel momento della sua formazione, a qualunque procedimento penale;
e (b) degli allegati al verbale di assunzione delle informazioni rese da Giuseppe D'Addato in data 27 maggio 2020 con specifico riferimento all'allegato 2, consistente in missive sottoscritte dal Provveditore Interregionale per le Opere Pubbliche Campania Molise Puglia e Basilicata nel corso dell'anno 2020 con riguardo ai "progetti in corso d'attuazione e proposti dall'Autorità di Sistema Portuale", fra i quali quello inerente alle opere, in corso d'esecuzione abusiva nell'anno 2020, oggetto del procedimento penale n. 1786/2020, missive che pure rappresenterebbero fonti documentali nuove, nel momento della loro formazione, riferite ad opere sulle quali s'era appuntata l'attenzione del pubblico ministero in Brindisi a decorrere dall'anno 2017: punti 2.3.7 e 6.3 dell'ordinanza impugnata.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce manifesta illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.), risultando il vizio dal testo del provvedimento impugnato, sul rilievo che l'ordinanza gravata, per un verso, attribuirebbe al pubblico ministero il desiderio di rimettere in discussione il contenuto della sentenza di non luogo a procedere senza addurre prove nuove (capo 4 e punti 6.1 e 6.2 dell'ordinanza impugnata), e, per altro, sconfesserebbe il contenuto di quella stessa sentenza - nella parte in cui affermava senza perplessità alcuna che il piano regolatore portuale di Brindisi approvato nel 1975 in virtù dell'art. 27, comma 3, d.lgs. n. 84 del 1994 aveva assunto una valenza anche di pianificazione urbanistica, utilizzando argomenti nuovi per confutare il contenuto delle prove nuove addotte dal pubblico ministero, dal giudice di prime cure ritenute non nuove (punto 6.5 dell'ordinanza impugnata).

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta contraddittorietà della motivazione (art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.), sul rilievo che l'ordinanza impugnata avrebbe correttamente richiamato un principio di diritto dettato dalla giurisprudenza di legittimità, facendone però derivare una conclusione esattamente opposta a quel principio (punto 6.5.4 dell'ordinanza impugnata), contraddittorietà della motivazione evincibile dall'aver il provvedimento impugnato affermato che le dichiarazioni della dott.ssa Carrozzo, dirigente del settore urbanistica del Comune di Brindisi, riguardavano "la ripresa dei lavori nel 2017", aggiungendo che l'esecuzione di detti lavori sarebbe fuori dal capo di imputazione (oggetto della sentenza di non luogo a procedere), dopo avere asserito che "gli elementi forniti avvalorano l'ipotesi che non si tratta di nuovi atti, acquisiti casualmente ma della prosecuzione - non consentita - di indagini anche sul fatto già giudicato" (punti 7.2.2 e 7.2.1 dell'ordinanza impugnata).

3. Giuseppe Giurgola ha presentato, tramite i suoi difensori, memoria con la quale ha replicato su tutti i motivi di ricorso, chiedendone l'inammissibilità.

4. Analoghe conclusioni sono state rassegnate dal Procuratore generale che, nella sua requisitoria scritta, ha sostenuto come il ricorso del Procuratore della Repubblica mirasse a sollecitare una rivalutazione del compendio prospettato dal giudice di prime cure per pervenire ad una diversa conclusione, senza tuttavia confrontarsi con le motivazioni rese dal GIP, il quale, con congrue e logiche osservazioni, aveva, da un lato, escluso la novità delle fonti di prova offerte e, dall'altro, aveva rimarcato come la sentenza del TAR, indicata dall'ufficio di Procura e su cui si fondava la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere, fosse stata riformata dal Consiglio di Stato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.

2. I motivi di gravame, essendo tra loro strettamente collegati perché denunciano esclusivamente vizi della motivazione, possono essere congiuntamente esaminati. Due sono i requisiti essenziali che, tra gli altri, consentono la revoca della sentenza di non luogo a procedere, qualora il pubblico ministero intenda chiedere, come accaduto nel caso in esame, il rinvio a giudizio. E' cioè necessario che le nuove fonti di prova - le quali, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare il rinvio a giudizio - debbano essere dotate di un valore persuasivo diverso, anche sotto il profilo della completezza, rispetto a quelle già acquisite.Inoltre, è necessario che la prova non debba essere stata valutata dal giudice che ha emesso la sentenza di non luogo a procedere, altrimenti sorgendo in capo al pubblico ministero l'onere di impugnare la sentenza di proscioglimento resa ai sensi dell'articolo 425 del codice di procedura penale.

2.1. Quanto al primo requisito, ossia che le nuove prove debbano essere dotate di un valore persuasivo diverso, anche sotto il profilo della completezza, rispetto a quelle già acquisite, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, ai fini della revoca della sentenza di non luogo a procedere, le nuove prove poste a sostegno della richiesta devono essere oggetto, nel merito, d'una valutazione di idoneità, la quale può concludersi positivamente quando il giudice ritenga che, se fossero state conosciute nel momento conclusivo della udienza preliminare, in luogo della sentenza sarebbe stato deliberato il rinvio a giudizio dell'imputato (Sez. 5, n. 30869 del 11/04/2003, Cavallo, Rv. 228324 - 01). Da ciò si ricava l'argomento in forza del quale i nuovi elementi di prova devono assumere un carattere di decisività e, per questa ragione, richiedono che il giudice per le indagini preliminari compia un esame nel merito quanto all'attitudine di detti elementi a determinare nel caso concreto il rinvio a giudizio, senza che, tuttavia, gli sia consentito sconfinare da una mera valutazione prognostica fino a fondare un giudizio di probabile colpevolezza. Logico corollario di tale impostazione è però che la novità delle fonti di prova non deve essere apprezzata sulla base di un requisito di tipo "formale" o cronologico, valorizzando cioè il solo fatto che le stesse siano state acquisite successivamente alla pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, ma devono necessariamente rispettare un requisito di tipo "sostanziale", nel senso cioè che il quid novi deve essere concretamente capace di modificare il precedente convincimento del giudice, senza assumere conformazioni equivalenti agli elementi già valutati, essendo questa, e non altra, la regola di giudizio che informa i criteri che disciplinano la revoca della sentenza di non luogo a procedere e che può ritenersi in linea con i principi fissati nella direttiva n. 56 della legge delega per l'emanazione del codice di procedura penale (legge 16 febbraio 1987, n. 81) diretta a limitare, al fine di assicurare "idonee garanzie per l'imputato", le possibilità di un nuovo esercizio dell'azione penale dopo la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere. A questo proposito, ossia quanto al carattere di autentica novità che la fonte di prova deve possedere, la più avvertita dottrina e la stessa giurisprudenza di legittimità hanno posto bene in evidenza come l'art. 434 cod. proc. pen., abbia ripreso la classificazione - già presente nella procedura abrogata in merito alla riapertura dell'istruzione formale - tra fonti di prova noviter repertae e noviter productae, attribuendo carattere di novità sia alle prime, ossia a quelle la cui disponibilità sia sopravvenuta solo dopo la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, perché prima non esistenti, che alle seconde, ossia a quelle preesistenti ma non acquisite agli atti nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare e dunque mai portate a conoscenza del giudice (Sez. 3, n. 3734 del 06/11/1996, Spaccasassi, Rv. 206815 - 01). Tant'è che, argomentando in "controluce" rispetto al precedente approdo, è stato affermato come non possa considerarsi nuova fonte di prova, ai fini della revoca della sentenza di non luogo a procedere, quella della cui esistenza, pur mancando gli atti relativi nel fascicolo del procedimento definito con la sentenza, il giudice risulti essere stato informato al momento della decisione (Sez. 5, n. 30869 del 11/04/2003, cit., Rv. 228323 - 01).
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