Cass. pen., sez. III, sentenza 07/09/2022, n. 32839
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la seguente SENTENZA Sul ricorso proposto da: Z E, nato in Albania il 27/03/1989 avverso la sentenza emessa il 11/11/2021 dal Tribunale di Asti visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere V P;Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale L C, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. C V, che ha concluso insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 11/11/2021, il Tribunale di Asti ha condannato alla pena di giustizia Z E, in relazione ai reati di cui agli artt. 96 e 159 d.lgs. n. 81 del 2008. 2. Ricorre per cassazione lo ZEFI, a mezzo del proprio difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta operatività di un contratto di subappalto con ala BBF srls, alla qualifica di datore di lavoro attribuita al ricorrente, all'attività lavorativa asseritamente svolta dal MESUL al momento dell'accesso degli operanti. 3. Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, evidenziando che le censure prospettate riguardavano il merito delle valutazioni operate dal Tribunale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Devono invero essere condivise le osservazioni del Procuratore Generale in ordine alle doglianze prospettate dalla difesa dello ZEFI, decisamente rivolte a porre in discussione il merito delle valutazioni espresse dal Tribunale sulle risultanze acquisite, e a prospettare una diversa e più favorevole lettura delle risultanze medesime, il cui apprezzamento è evidentemente precluso in questa sede. D'altra parte, il Tribunale ha affermato la penale responsabilità dello ZEFI all'esito di una analitica disamina delle acquisizioni probatorie di natura dichiarativa e documentale. Muovendo dalla non contestata presenza, sul cantiere, dello ZEFI (titolare della società BBF s.r.l.s.) e di altri due soggetti visti dagli operanti lavorare in situazione di pericolo, per la mancata adozione di cautele idonee a prevenire la caduta dall'alto (soggetti che peraltro avevano immediatamente abbandonato la posizione lavorativa, alla vista dei funzionari), il Collegio ha attribuito dirimente rilievo alla condotta dell'odierno ricorrente, comportatosi come un vero e proprio datore di lavoro nell'interloquire sia con gli operanti sia con gli altri due soggetti, fungendo anche da "portavoce" di questi ultimi. Quanto poi al profilo documentale, il Tribunale ha valorizzato il contratto di subappalto prodotto dal titolare della ditta appaltatrice e la BBF riferibile all'odierno ricorrente, osservando che - nonostante la mancata sottoscrizione del documento - lo ZEFI doveva ritenersi pienamente coinvolto nei lavori di rifacimento del tetto, avendo in particolare assunto, sul piano sostanziale, una posizione datoriale rispetto agli altri due operai. A proposito di questi ultimi, il Tribunale ha ritenuto inattendibile la deposizione del teste MESULI che, pur non negando di essere stato presente, aveva escluso di essere stato intento ad attività lavorativa, trovandosi sul posto semplicemente perché in cerca di lavoro: dichiarazioni in palese contrasto con la scena presentatasi agli operanti (che avevano visto i tre abbandonare repentinamente il posto di lavoro) e con lo stesso atteggiamento datoriale assunto dal ricorrente 2 • anche nei suoi confronti. Il Tribunale di Asti ha quindi ritenuto lo ZEFI responsabile sia della mancata adozione ed esibizione del piano operativo di sicurezza, sia della mancata fornitura agli operai di idonei dispositivi anti-caduta, facendo applicazione del consolidato principio di effettività secondo cui «l'assenza di indici formali, quali il contratto di assunzione, il versamento dei contributi o la costituzione dei libri paga, non è elemento sufficiente ad escludere l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato e della conseguente attribuzione degli obblighi posti dalla legge a carico del datore di lavoro, potendo il giudice trarre la prova dell'esistenza di tale rapporto anche da elementi ulteriori che ne dimostrino l'instaurazione di fatto» (Sez. 4, n. 19036 del 14/03/2017, Russo. In senso analogo, cfr. Sez. 4 n. 8589 del 14/01/2008, Speckenhauser, Rv. 238966). In buona sostanza, il riconoscimento della penale responsabilità del ricorrente si fonda su una lettura del complesso degli elementi acquisiti c:he appare del tutto immune da contraddittorietà o illogicità manifesta deducibili in questa sede. Le argomentazioni difensive volte a contestare la qualifica datoriale attribuita secondo i principi appena richiamati, l'efficacia del contratto di subappalto, l'effettività dela condizione di lavoratore subordinato in capo al MESUL appaiono, all'evidenza, funzionali ad una rilettura del materiale probatorio, da ritenersi in questa sede precluso.
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