Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/06/2012, n. 10027
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Il ricorso per cassazione basato su un consolidato orientamento della Corte di legittimità non può ritenersi "manifestamente fondato", ai fini dell'applicabilità della procedura prevista dall'art. 360 bis cod. proc. civ., quando il controricorrente adduca validi argomenti critici a sostegno della tesi accolta dal giudice di merito, ed in contrasto con quella adottata dalla Cassazione.
Salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'art. 337 cod. proc. civ., come si trae dall'interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l'art. 282 cod. proc. civ.: il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, invero, qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite, giustificando sia l'esecuzione provvisoria, sia l'autorità della sentenza di primo grado. Pertanto, allorché penda, in grado di appello, sia il giudizio in cui è stata pronunciata una sentenza su causa di riconoscimento di paternità naturale e che l'abbia dichiarata, sia il giudizio che su tale base abbia accolto la domanda di petizione di eredità, ed entrambe le sentenze siano state impugnate, il secondo giudizio non deve di necessità essere sospeso, in attesa che nel primo si formi la cosa giudicata sulla dichiarazione di paternità naturale, ma può esserlo, ai sensi dell'art. 337 cod. proc. civ., se il giudice del secondo giudizio non intenda riconoscere l'autorità dell'altra decisione. Non ostano, a tale conclusione, le disposizioni degli artt. 573 e 715 cod. civ., non essendo in questione il momento dal quale si producono gli effetti della dichiarazione di filiazione naturale, ma il potere del giudice, cui la seconda domanda sia proposta, di conoscerne sulla base della filiazione naturale già riconosciuta con sentenza, pur non ancora passata in giudicato.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - rel. Primo Presidente f.f. -
Dott. P R - Presidente Sez. -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. V R - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. T G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11726/2011 proposto da:
B R, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RODI 32, presso lo studio dell'avvocato L L L, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati N M, R P, O G, per delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
B L, in proprio e nella qualità di procuratrice speciale di B V, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato M L, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato S R, per procura speciale del notaio Dott. P B di Asti, rep. 141509 del 13/7/2011, in atti;
- controricorrente -
e contro
S S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;
- intimata -
avverso l'ordinanza della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 15/03/2011 (r.g. riuniti nn. 1282/10, 1283/10, 1611/10);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/2012 dal Presidente Dott. PAOLO VITTORIA;
uditi gli avvocati Gianleo OCCHIONERO, Riccardo SPAGLIARDI;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. R B, con la citazione notificata il 6.3.2006, ha convenuto in giudizio, davanti al tribunale di Asti, B V e Laura oltre alla società Sicap s.r.l. in liquidazione. In confronto dei primi, figli di Renato B, ha proposto una domanda intesa alla dichiarazione giudiziale di paternità naturale del comune defunto genitore e verso tutti i convenuti una domanda di petizione ereditaria.
2. Il tribunale, con sentenza 56/2009, ha accolto la prima domanda, ha dichiarato la relativa causa urgente in applicazione dell'art. 92, comma 2, ord. giudiziario e ne ha disposto la separazione dall'altra. Questa sentenza è stata impugnata da B V e Laura con distinti appelli, che sono stati riuniti.
3. Nel giudizio sulla separata causa di petizione di eredità, il tribunale di Asti, respinta la richiesta di sospensione nel contesto della sentenza 479/2010, con questa ha determinato la quota d'eredità spettante all'attrice, ha tra l'altro dichiarato inefficace l'alienazione di alcuni beni ereditari, ha condannato i B a restituire all'attrice un terzo del corrispettivo ritratto da altra inefficace alienazione.
Anche tale sentenza è stata impugnata, da B V e Laura oltre che dalla Sicap e i due appelli, proposti separatamente, sono stati riuniti.
4. In questo secondo giudizio, la corte di appello di Torino, che in precedenza con ordinanza aveva accolto un'istanza degli appellanti volta alla sospensione dell'efficacia provvisoria della sentenza, con altra ordinanza, del 15.3.2011, da un lato ha respinto l'istanza dell'attrice volta alla revoca della sospensione della efficacia provvisoria, dall'altro, in dichiarata applicazione dell'art. 295 c.p.c., ha disposto la sospensione del giudizio di appello.
La corte ha osservato che la domanda di dichiarazione giudiziale di paternità e quella di petizione ereditaria sono tra loro in una relazione di pregiudizialità tecnica, che è la relazione tra le cause presupposta dall'art. 295, quando prevede che la causa dipendente sia sospesa sino al passaggio in giudicato della sentenza pronunciata sulla causa condizionante.
L'ordinanza è stata comunicata il 29.3.2011.
5. R B l'ha impugnata con ricorso per regolamento necessario di competenza di cui ha chiesto la notifica il 27.4.2011. B L e V hanno depositato memoria.
R B ha a sua volta depositato una memoria.
Vi ha riprodotto il testo della sentenza 1065/2011 del 20.7.2011, pronunciata nel giudizio di appello sulla domanda di dichiarazione di paternità naturale, che tale paternità ha riconosciuto.
6. La sesta sezione di questa Corte, all'esito della discussione del ricorso nella camera di consiglio del 13.12.2011, con ordinanza depositata il 13.1.2012, ha considerato che la pronuncia sul ricorso richiedeva la decisione di questioni di massima di particolare importanza circa i rapporti tra le due disposizioni dettate dagli artt. 295 e 337 c.p.c., e ha disposto che gli atti fossero rimessi al primo presidente.
In applicazione dell'art. 374 c.p.c., comma 2, è stato disposto che sul ricorso si dovessero pronunciare le sezioni unite.
7. In vista della relativa discussione, fissata in udienza pubblica, entrambe le parti hanno depositato memorie.
Le parti hanno concordemente riferito che la sentenza 20.7.2011 n. 1065 della corte d'appello di Torino è stata frattanto impugnata dagli attuali resistenti B con ricorso notificato il 9.3.2012. La ricorrente, che nel giudizio appena indicato ha dal canto suo notificato controricorso, ha chiesto di differire la decisione del proprio ricorso contro l'ordinanza di sospensione, per consentirne la trattazione insieme a quello proposto dai suoi contraddittori avverso la sentenza pronunziata contro di loro sulla dichiarazione di paternità naturale.
8. Il P.M. ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
9. La Corte, valutando che la ragion d'essere del ricorso contro l'ordinanza di sospensione è nella più sollecita ripresa del relativo giudizio, ha ritenuto di passare alla sua decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. È impugnata con ricorso per regolamento necessario di competenza un'ordinanza del giudice di appello che ha disposto la sospensione del giudizio pendente davanti a sè e lo ha fatto sul presupposto che ciò fosse imposto da quanto dispone l'art. 295 c.p.c.. In forza di quanto è stabilito in modo espresso dall'art. 42 c.p.c., il regolamento è ammissibile.
La circostanza che la sospensione sia stata ordinata sul fondamento della disposizione dettata dall'art. 295 c.p.c., quando, in ipotesi avrebbe potuto esserlo in base all'art. 337 c.p.c., comma 2, non incide sulla ammissibilità del ricorso inteso a far dire erroneamente applicato l'art. 295, potendo se mai condizionare l'esercizio dei poteri della Corte nella decisione sul fondo del ricorso.
Sul punto, peraltro, la giurisprudenza della Corte, a partire da Cass. 28.7.2005 n. 15794, cui ha fatto seguito Cass.
4.7.2007 n. 15111, è nel senso che, quando sia constatata l'erronea applicazione dell'art. 295, lo scrutinio del fondo del ricorso per regolamento si debba arrestare, restando al giudice del merito di tornare a valutare se la sospensione non possa essere ordinata in base ai presupposti indicati dall'art. 337, comma 2.
E la conclusione si giustifica per la considerazione che spetta al giudice di merito valutare se riconoscere l'autorità della diversa sentenza a tale scopo fatta valere nella diversa causa pendente davanti a sè o non farlo (sui limiti del controllo esperibile dalla cassazione la Corte si è poi espressa nella ordinanza 25.11.2010 n. 23977 della prima sezione, affermando che il sindacato copre la verifica dei presupposti normativi dell'esercizio del potere e non si estende alle valutazioni di merito, che siano state esplicitate). Per decidere del ricorso nel caso concreto si deve quindi scrutinare se la sospensione dovesse essere ordinata o potesse non esserlo. Si tratta quindi di stabilire se, pendendo in grado di appello sia il giudizio in cui è stata pronunciata una sentenza su causa di riconoscimento di paternità naturale e che l'abbia dichiarata, sia il giudizio che su tale base ha accolto domanda di petizione di eredità;
impugnate dai convenuti entrambe le sentenze;
il secondo giudizio debba essere sospeso in attesa che nel primo si formi la cosa giudicata sulla dichiarazione di paternità naturale o invece possa proseguire ovvero non debba essere sospeso necessariamente, ma solo possa esserlo se il giudice del secondo giudizio non intenda riconoscere l'autorità dell'altra decisione.
2. Il ricorso contiene tre motivi.
2.1. Col primo, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4, si denuncia la violazione degli artt. 112 e 342 dello stesso codice e dell'art.2909 c.c., oltre che dei principi generali in materia di cosa
giudicata.
Il motivo è stato peraltro rinunciato con la memoria richiamata al precedente punto 5 dello svolgimento del processo, ciò di cui l'ordinanza di rimessione ha dato atto.
2.2. Il secondo motivo denunzia la violazione degli artt. 295 e 337 c.p.c.. La ricorrente osserva che nel giudizio sulla questione pregiudiziale di paternità naturale era intervenuta sentenza di primo grado, ancorché impugnata.
E però, pur avendo dato atto di questo specifico fatto, la corte d'appello ha ritenuto che la relazione tra causa pregiudicante e causa pregiudicata restasse ancora soggetta all'applicazione dell'art. 295 c.p.c.. Così facendo, tuttavia, la corte di appello, non avendo addotto argomenti critici, si sarebbe posta in contrasto con l'orientamento della giurisprudenza della cassazione.
La ricorrente considera al riguardo che tale orientamento è nel senso che l'ambito di applicazione dell'art. 295 c.p.c., è segnato dalla contemporanea pendenza in primo grado della causa pregiudicante e di quella pregiudicata, sicché cessa d'essere operante quante volte sulla causa pregiudicante sia intervenuta una sentenza di accoglimento.
Quando si determina questa situazione, la disciplina del raccordo tra lite pregiudicante e lite pregiudicata andrebbe desunta dall'art. 337, comma 2, che dalla autorità della decisione di primo grado sul rapporto condizionante fa discendere l'effetto che il giudice della lite condizionata possa porre a base della decisione della lite sottoposta al suo giudizio l'accertamento già compiuto dal primo giudice.
La ricorrente richiama come manifestazione del riferito orientamento l'ordinanza della sezione terza 29.8.2008 n. 21924, cui avrebbe fatto seguito l'ordinanza 16.12.2009 n. 26435 della stessa sezione, e che troverebbe antesignani nelle ordinanze 8.4.2002 n. 5006 e 3.5.2007 n. 10185 della sezione lavoro e 28.7.2005 n. 15794