Cass. civ., sez. V trib., sentenza 10/03/2023, n. 07212

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 10/03/2023, n. 07212
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 07212
Data del deposito : 10 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n.6355/2017 R.G. proposto da : A T S, elettivamente domiciliato in ROMA VIA VALSAARANCHE, 46 SC.D, presso lo studio dell’avvocato C M (CRRMRC69C24F871T) rappresentato e difeso dall'avvocato P L (PVNLCU62C25H823W) -ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE I DI MILANO -intimati- sul controricorso incidentale proposto da AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso lo studio dell’avvocato AVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (ADS80224030587) che lo rappresenta e difende -ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 4586/2016 depositata il 02/09/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/03/2023 dal Consigliere A M. Fatti della causa 1. In relazione all’atto istitutivo e di dotazione del trust denominato “Famiglia Santoni Trust”, di cui era stata nominata trustee la AF Trust, l’agenzia delle Entrate liquidava l'imposta di donazione, sull'assunto che la costituzione del vincolo di destinazione integrasse di per sé il presupposto per l'applicazione dell'imposta, negava che fosse invocabile l'esenzione di cui all'art.3, comma 4 ter, d.lgs. 346/90, applicava sanzioni.

2. Il trustee si opponeva dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Milano la quale accoglieva il ricorso limitatamente alle sanzioni ai sensi dell'art.10 della l.212/2000. 3. La commissione regionale della Lombardia, con la sentenza in epigrafe, ha respinto sia l'appello del trustee avallando l'impostazione dell'Agenzia delle Entrate, sia l'appello incidentale della Agenzia relativamente alla disapplicazione delle sanzioni.

2. Per la cassazione della sentenza della commissione regionale hanno proposto ricorso il trustee (che ha anche depositato memoria) e, in via incidentale, l'Agenzia.

3. La Procura Generale ha chiesto accogliersi il ricorso principale con assorbimento del ricorso incidentale. Motivi della decisione 1. Il ricorso principale è articolato su sei motivi.

2. Il principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo (art.111 Cost.) induce ad esaminare per primo il secondo motivo di ricorso dato che esso pone la questione (di fondo e) di più liquida soluzione.

3.Viene lamentata la “violazione dell'art. 2, commi 47 - 49 del d.l. 262/2006 convertito dalla legge 286/2006 nonché del d.lgs. 347/1990 e degli artt. 2 e 10 della tariffa allegata” per avere la commissione regionale ritenuto -sul richiamo a ordinanze di questa Corte n.3735, 3737 e 3886 del 2015-che l'atto istitutivo e di dotazione del trust, correttamente, era stato assoggetto ad imposta.

4. Valgono le seguenti osservazioni.

4.1. L'avviso ha avuto riferimento ad un atto insieme istitutivo e di dotazione del trust. L'atto istitutivo, in sé considerato, ha effetti meramente preparatori, enunciativi e programmatici. L'atto di dotazione ha effetti traslativi e segregativi. In forza di esso il trustee viene investito delle facoltà di godere e disporre dei beni conferiti dal disponente, non a proprio piacimento -come, ex art.832 c.c., nel caso del trasferimento in piena proprietà- ma con il limite derivanti dalla funzionalizzazione del trasferimento alla realizzazione dello scopo programmato nell'atto istitutivo.

6.2. In tema di imposizione indiretta sugli atti di istituzione e dotazione del trust, la Corte, in esito ad una assai lunga elaborazione, ha, con alcune decisioni dello 2019, raggiunto approdi opposti a quanto ritenuto nella sentenza impugnata. Merita ripercorrere tale elaborazione negli snodi di interesse per le questioni del caso di specie. Con quattro ordinanze del 2015 (nn. 3735, 3737, 3886, 5322), rese in fattispecie differenti fra loro (le ordinanze n.3735 e n.3886 in fattispecie di trust auto-dichiarato, con funzione di garanzia a favore di istituti bancari creditori del disponente, per i cui atti di istituzione e dotazione l’Agenzia delle Entrate aveva liquidato le imposte di registro ed ipotecaria e catastale in misura proporzionale e l’imposta di cui all'art.2, d.l.262/2006;
l'ordinanza n.3737 e la gemella ordinanza n. 5322, in fattispecie di trust di scopo, istituito da una fondazione di diritto privato al fine della riqualificazione di un complesso aeroportuale, per i cui atti di istituzione e donazione l’Agenzia delle Entrate aveva liquidato l'imposta di cui all'art.2 d.l.262/2006), venne affermata la tesi dell’immediata tassazione in misura proporzionale dell'atto istitutivo del trust, a titolo di imposta sulla costituzione dei vincoli di destinazione. Si legge nella massima dell'ordinanza n.3735/15 cit. : “L'atto con il quale il disponente vincoli propri beni al perseguimento della finalità di rafforzare una generica garanzia patrimoniale già prestata, nella qualità di fideiussore, in favore di alcuni istituti bancari, pur non determinando il trasferimento di beni ad un beneficiario e l'arricchimento di quest'ultimo, nondimeno è fonte di costituzione di un vincolo di destinazione, sicché resta assoggettato all'imposta prevista dall'art. 2, comma 47, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 23 novembre 2006, n. 286, la quale - accomunata per assonanza alla gratuità delle attribuzioni liberali - a differenza delle imposte di successione e donazione, che gravano sui trasferimenti di beni e diritti "a causa" della costituzione dei vincoli di destinazione, è istituita direttamente, ed in sé, sulla costituzione del vincolo”. La Corte, interpretando il comma 47 dell’art. 2, d.l. 262/2006, ritenne che l'“imposta sulla costituzione di vincolo di destinazione ̀ un’imposta nuova, accomunata solo per assonanza alla gratuit̀ delle attribuzioni liberali, altrimenti gratuite e successorie;
essa riceve disciplina mediante un rinvio, di natura recettizio-materiale, alle disposizioni del d.lgs. n. 346 del 1990, in quanto compatibili: comma 50 dell’art. 2, d.L. n. 262 del 2006” (così ancora l’ordinanza n. 3735, in motivazione). Dunque, la Corte affermò che il presupposto impositivo della nuova imposta “̀ correlato alla predisposizione del programma di funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli obiettivi voluti;
là dove l'oggetto consiste nel valore dell'utilità della quale il disponente, stabilendo che sia sottratta all'ordinario esercizio delle proprie facoltà proprietarie, finisce con l'impoverirsi”. La Corte prese posizione anche in merito alla costituzionalità della normativa così interpretata rispetto agli artt.3 e 53 Cost.;
si legge nell'ordinanza 3737: “non rileva affatto la mancanza di arricchimento, giacché il contenuto patrimoniale referente di capacità contributiva è ragguagliato all'utilità economica, che, in quanto indirizzata ad altri, si colloca al di fuori del patrimonio del disponente (oltre che di quello del gerente). E, visto che il referente è l'utilità economica e che questa utilità è destinata ad altri, il peso del prelievo coerentemente va a gravare sull'utilità e, in definitiva, sul beneficiario finale, al quale essa è destinata a pervenire. Il rilievo della capacità economica, del resto, è correlato al contenuto patrimoniale di atti o fatti, non già al trasferimento attuale di diritti: la capacità contributiva, ha chiarito la Consulta, è da intendere come attitudine ad eseguire la prestazione imposta, correlata non già alla concreta situazione del singolo contribuente, bensì al presupposto economico al quale l'obbligazione è correlata (…) La materiale percezione dell'utilità, ossia, secondo la tradizionale impostazione, l'arricchimento, appartiene all'esecuzione del programma di destinazione, che, per conseguenza, non rileva ai fini dell'individuazione del momento del prelievo tributario sulla costituzione del vincolo, ma dopo, anche ai fini della eventuale riliquidazione delle aliquote e delle franchigie”. Alle ordinanze del 2015 si allineò la sentenza del 7 marzo 2016, n.4482, anch'essa nel senso che l'atto istitutivo del trust integra in sé il presupposto imponibile ai sensi dell’articolo art. 2, comma 47, l. 286/2006 (che, ribadì la Corte, ̀ espressione della “volont̀ del legislatore di istituire una vera e propria nuova imposta che colpisce tout court gli atti che costituiscono vincoli di destinazione”). Sul piano della costituzionalit̀ fu detto che l’atto negoziale istitutivo del vincolo denota una capacità contributiva e giustifica la tassazione a prescindere dalla “identificazione di un qualche ‘utile’ o ‘vantaggio’ percepito da un soggetto e quindi - ad esempio- ...[d]alla acquisizione dei beni da parte di un soggetto legittimato ad utilizzarli a proprio esclusivo vantaggio. ... L’atto negoziale [istitutivo del vincolo] esprime infatti una capacit̀ contributiva ancorché́non determini (o non determini ancora) alcun vantaggio economico diretto per qualcuno. La gran parte della tassazione indiretta colpisce, del resto, la manifestazione di ricchezza e non (necessariamente) l’arricchimento. Anche nella compravendita l’imposta di registro coinvolge la manifestazione di ricchezza delle parti, senza che si indaghi se ed in quale misura esse abbiano tratto dall’operazione vantaggio economico;
che ben può̀ non sussistere se i beni sono ceduti a prezzo di mercato. Mentre l’arricchimento vero e proprio potr̀̀ se mai essere inciso sotto il profilo della plusvalenza”. In sostanza, sulla base di un ravvisato parallelismo tra imposta sulle donazioni e imposta di registro, venne considerata legittima la tassazione dell'istituzione del vincolo ritenendosi che esso, quale indice, o meglio, quale elemento di emersione di una situazione economica di “vantaggio” e dunque di capacit̀ contributiva, fosse sufficiente a giustificare l'imposta. Nel dicembre 2015, con le sentenze n.25478, n.25479 e n.25480 - alle quali si sono poi conformate la n.975del gennaio 2018 e la n. 15469 del 13 giugno 2018 - , relative a situazioni pregresse all'entrata in vigore dell’art. 2, comma 47 ss., d.l. 262/2006 e riguardanti l’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale ad un atto di costituzione e dotazione di un trust, venne affermato che “In caso di costituzione di un "trust" a titolo gratuito, espressione di liberalità, secondo la disciplina "ratione temporis" vigente in epoca anteriore al 3 ottobre 2006, non si applica il regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale, poiché il trasferimento dei beni al "trustee" ha natura transitoria e non esprime alcuna capacità contributiva, sicché il presupposto d'imposta si manifesta solo con il trasferimento definitivo di beni dal "trustee" al beneficiario” (così, in massima, l'ordinanza n.25478;
identiche le ordinanze 25479 e 25480). La sentenza n.975 ̀ così massimata: “Il trasferimento del bene dal “settlor” al “trustee” avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l'attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del “trust”: detto atto, pertanto, ̀ soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale”. Le sentenze in esame, sotto altro profilo, spostano il momento di applicazione delle imposte proporzionali di registro, ipotecaria e catastale, all'atto del trasferimento dal trustee al beneficiario finale. La tesi, al tempo maggioritaria, propugnata dalle ordinanze del 2015 nn 3735, 3737, 3886 e 5322 e dalla sentenza n. 4482 del 2016, non fu condivisa dalla sentenza del 26 ottobre 2016, n. 21614, la quale, sebbene relativa a trust auto-dichiarato, contiene l'affermazione di valenza generale per cui “il conferimento di beni in trust non dà luogo ad un reale trasferimento imponibile. Un reale trasferimento ̀ all’evidenza impossibile, perché del tutto contrario al programma negoziale di donazione indiretta, che prevede la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua segregazione fino al trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari” e da ciò dedusse che “per l’applicazione dell’imposta su donazioni e successioni manca quindi il presupposto impositivo della liberalità alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti”. La sentenza respinse la tesi delle ordinanze del 2015 e dalla sentenza n. 4482 del 2016, riguardo al significato dell'art.2, comma 47 ss., l.286/2006, affermando che “l’unica imposta espressamente istituita ̀ stata l’imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare anche assoggettati i «vincoli di destinazione», con la scontata conseguenza che il presupposto dell'imposta rimane quello stabilito dall'art. 1 d.lgs. n. 346 cit. del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari”. E ciò, in considerazione della ratio e di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell'art.2, comma 47 e ss. dell’art.2 del d.l. 262/2006: la ratio venne individuata nella volontà del legislatore di evitare che “un’interpretazione restrittiva dell’istituita nuova legge sulle successioni e donazioni disciplinati mediante il richiamo all’abrogato d.lgs. 346/1990 potesse dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di trasferimento di beni e diritti ai beneficiari, quando lo stesso fosse stato collocato all’interno di una fattispecie di recente introduzione come quella dei vincoli di destinazione, e quindi niente affatto presa in considerazione dall’abrogato d.lgs. 346/1999”;
l'interpretazione costituzionalmente orientata al rispetto dell'art. 53 venne ritenuta ostare ad un'imposta che, non essendo un'imposta semplicemente d'atto (“come per l'essenziale ̀ per es. quella di registro”), non abbia relazione alcuna con un'idonea capacità contributiva quale non è espressa dal trasferimento dei beni o diritti al trustee in quanto trasferimento non pieno e non definitivo. Con la sentenza del 30 maggio 2018, n. 13626, la Corte, in primo luogo, per un verso e in dichiarato dissenso rispetto alle ordinanze del 2015, affermò di condividere l'orientamento inaugurato dalla sentenza n.21614 del 2016 (secondo cui l’art. 2, comma 47 ss., d.l. n. 262, non aveva creato un’autonoma imposta sulla costituzione dei vincoli di destinazione ma assoggettato alla reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni anche i vincoli di destinazione, con la conseguenza che il presupposto dell’imposta rimaneva quello stabilito dall’art. 1 d.lgs. n.346 del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari);
in secondo luogo e per altro verso, affermò tuttavia che l’imposta prevista dal testo unico n.346/90 in tanto ̀ applicabile al trasferimento a favore dell’attuatore, in quanto tale trasferimento realizzi un incremento stabile, misurabile in moneta, del patrimonio dell'attuatore medesimo, il che non avviene in caso di trust auto-dichiarato. Con l'ordinanza 5 dicembre 2018, n.31445 (a cui sono esattamente conformate le ordinanze 5 dicembre 2018, n.31446 e 15 gennaio 2019, n.734), la Corte tornò a sottolineare - in linea la sentenza n.25478 del 2015, nonché alle pronunce n.21614 del 2016 e n.975 del 2018-che l'atto di trasferimento del bene dal settlor al trustee è un atto a titolo gratuito e non determina effetti traslativi pieni e definitivi con la conseguenza che detto atto è soggetto a tassazione in misura fissa per quanto attiene sia all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale, sicché il presupposto per l'applicazione delle suddette imposte in misura proporzionale si manifesta solo con il trasferimento successivo, dal trustee al beneficiario, ove oneroso;
dichiarò di aderire alla tesi per cui il presupposto applicativo dell’art.2, comma 47, del d.l. 262/2006, non può essere ravvisato nella costituzione di vincoli di destinazione in sé e per sé (come sostenuto dalle ordinanze nn. 5322, 3886, 3737 del 2015) essendo l’intentio legis dell’art. 2, comma 47, del d.l. 262/2006 quello (individuato nella sentenza n.21614 del 2016) di evitare che “un’interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni, disciplinata, mediante il richiamo al già abrogato d.lgs. 346/90 possa dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari quando lo stesso sia stato collocato all’interno di una fattispecie di “recente” introduzione come quella dei “vincoli di destinazione”;
affermò che vi sono tuttavia ipotesi nelle quali il trust ha carattere sin da subito traslativo ossia realizza, sia pure per il tramite del passaggio al trustee, un trasferimento dei diritti in favore di un terzo, unico e ben individuato, senza alcuna previsione di eventuale ritorno dei beni al settlor ed a tali ipotesi va applicata l’aliquota di volta in volta prevista in ragione dei rapporti tra disponente e beneficiario;
concluse che occorre “valutare caso per caso, soprattutto nel trust auto-dichiarato, se sia o meno riconducibile alla donazione indiretta, considerando che la segregazione, quale effetto naturale del vincolo di destinazione, non comporta, però, alcun reale trasferimento o arricchimento, che si realizzeranno solo a favore dei beneficiari, successivamente tenuti al pagamento dell’imposta in misura proporzionale (conformemente alla sentenza n.21614/2016)... Se il trasferimento dei beni al trustee ha natura transitoria e non esprime alcuna capacità contributiva, il presupposto d’imposta si manifesta solo con il trasferimento definitivo dei beni dal trustee al beneficiario e non può applicarsi il regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale”. In estrema sintesi, dunque, e come ̀ bene espresso, in riferimento all'imposta di donazione, dalla massima ufficiale (“Poiché l'imposta sulle successioni e donazioni ha come presupposto l'arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità, ai fini della sua applicazione in misura proporzionale occorre valutare se sin dall'istituzione del "trust" si sia realizzato un trasferimento definitivo di beni e diritti dal "trustee" al beneficiario: in mancanza di tale condizione, l'atto dovrà essere assoggettato alla sola imposta fissa di registro”), l'atto di dotazione del trust d̀ luogo ad imposizione sulle donazioni o ad imposizione sui trasferimenti in misura proporzionale se il trust, non auto-dichiarato o anche auto- dichiarato, è traslativo, cioè determina il passaggio definitivo dei beni, pur se attraverso il trustee, al beneficiario. Nei termini della ordinanza in oggetto, trust traslativo è quello in cui l'atto di costituzione e di dotazione determina automaticamente il definitivo passaggio dei beni e diritti dal trustee al beneficiario finale. La Corte non precisò quando il trust potesse avere carattere traslativo nei termini sopra detti, quali fossero, cioè, le ipotesi avute presenti, non elusive, compatibili con l'ontologica transitorietà dell'attribuzione dei beni al trustee, di immediato trasferimento definitivo dei beni al beneficiario. Ulteriore sviluppo nella giurisprudenza della Corte è stato dato dall’ordinanza 17 gennaio 2019, n.1131, in cui venne ulteriormente consolidato l'orientamento per cui che i vincoli di destinazione non sono automaticamente tassabili ai sensi dell'art.2, l.286/2006, ma lo sono solo se determinano un trasferimento dei beni e diritti a titolo liberale e definitivo, dovendosi quindi, da un lato, escludere la tassazione del trust all’atto della segregazione di beni e diritti (posto che il trasferimento al trustee è gratuito ma non liberale e soprattutto è provvisorio e non definitivo), dall'altro lato, attendere il successivo trasferimento in favore di soggetti beneficiari. Con questa ordinanza venne superata la distinzione tra trust traslativo o non traslativo, venne negato in radice che la tassazione potesse essere legata all'atto istitutivo in sé o all'atto di dotazione mancando in entrambi l’effettivo incremento patrimoniale del beneficiario, unico elemento idoneo ad esprimere capacità contributiva ex art. 53 Cost. Con le decisioni che segnano l'approdo dell'evoluzione della propria giurisprudenza (le sentenze nn.15453/2019, 15455/2019, 15456/2019, 16699/2019, 16700/2019, 16701/2019, 16705/2019, 22754/2019, oltre ad altre conformi), la Corte: -ha confermato (quanto già affermato a partire da Cass. 21614/2016 e poi da Cass. 1131/2019 ossia) che l'atto di istituzione del trust non è, in sé, presupposto dell'imposta di cui all'art.2, comma 47, l.286/2006, la quale, a sua volta, non è un'imposta nuova ma è l'imposta sulle donazioni da applicarsi, come la disposizione chiarisce, anche alle liberalit̀̀ attuate mediante l ’istituzione di “vincoli di destinazione”. A tale conferma la Corte ̀ pervenuta sulla base di considerazioni di ordine costituzionale che riprendono ed ampliano quelle già svolte da Cass. 21664/2016 e da Cass. 1131/19 e che, per quanto riguarda, l'atto istitutivo “puro” si sostanziano in ciò: questo atto ha un contenuto solo programmatico e non comporta alcun incremento di ricchezza per chicchessia;
ferma restando l’indubbia discrezionalit̀ del legislatore nell’individuare i presupposti impositivi, questa discrezionalità deve pur sempre muoversi in un ambito di ragionevolezza e di non-arbitrio (Corte Cost. n.4/1954 e n.83/2015), posto che la capacità contributiva in ragione della quale il contribuente è chiamato a concorrere alle pubbliche spese “esige l’oggettivo e ragionevole collegamento del tributo ad un effettivo indice di ricchezza” (C.Cost.ord.394/08). Non ̀ stato condiviso l'orientamento iniziale secondo cui nella “costituzione del vincolo” era da ravvisarsi un autonomo indice di ricchezza idoneo di giustificare la tassazione (Cass., sez. VI, ord. 24 febbraio 2015, n. 3735;
Cass., sez. VI, ord.24 febbraio 2015, n. 3737;
Cass., sez. VI, ord. 25 febbraio 2015, n. 3886;
Cass., sez. VI, 7 marzo 2016, n. 4482);
-ha affermato che per tutti i trust, siano essi auto-dichiarati (e quindi con effetto solo segregativo e non di trasferimento di beni) o con trasferimento di beni, l'atto di dotazione è presupposto applicativo delle imposte di registro, ipotecaria e catastale non in misura proporzionale ma in misura fissa (rispettivamente in forza dell'art.11, parte prima o dell'art. 4, parte seconda, della tariffa allegata al d.P.R. 131/1986, e in forza dell'art.10, comma2, d.lgs.347/1990, quale atto “che non importa trasferimento di propriet̀ di beni”), ed ̀, per l' imposta sulle donazioni, “neutro” (ferma restando l'applicazione dell'imposta sulle donazioni all'atto del trasferimento al beneficiario finale qualora l'atto sia non solo gratuito ma liberale e con esclusione invece dell'imposta sulle donazioni in caso diatto non liberale ma in funzione solutoria;
in questo caso l'attribuzione del ricavato della liquidazione del fondo non sarà tassato, la tassazione con l'imposta di registro e trattandosi di immobili, con le imposte ipotecaria e catastale, dovendo appuntarsi invece sugli atti di liquidazione).Per le imposte ipotecaria e catastale si è confermata l'impostazione risalente alla pronuncia n. 25478/15 e ribadita nella pronuncia n.975/2018 per cui l'atto di dotazione determina effetti traslativi non definitivi e non pieni ma transitori e limitati dal vincolo di destinazione allo scopo del trust, dacché l'applicazione delle suddette imposte in misura fissa e non proporzionale, essendo l'applicazione in misura proporzionale prevista per la trascrizione di atti “che importano trasferimento di proprietà di beni immobili o costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari sugli stessi” (Tariffa all. al d.lvo 347/90;
in accordo con gli artt.1 e 10, co.2, d.lvo cit.). La neutralità quanto all'imposta di donazione deriva dalle considerazioni di ordine costituzionale ricordate sopra (al precedente alinea) e che si arricchiscono, in riferimento all'atto istitutivo che comporti anche un vincolo su specifici beni o diritti (sia cioè un atto istitutivo e di dotazione),delle considerazioni seguenti: l’apposizione del vincolo, in quanto tale, determina per il disponente l’utilit̀ rappresentata dalla separazione dei beni (limitativa della regola generale di cui all’articolo 2740 codice civile) in vista del conseguimento di un determinato risultato di ordine patrimoniale;
simile utilità, peraltro, non concreta, di per sé, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee risolvendosi, dal lato del conferente, in una auto-restrizione del potere di disporre mediante segregazione e, dal lato del trustee, in un’attribuzione patrimoniale meramente formale, transitoria, vincolata e strumentale (secondo appunto quanto stabilito dai su riportati artt.2 e 11 della Convenzione);
è fallace l'affermazione per cui la prescelta interpretazione dell’art.2 co.47 d.l. 262/06, ne comporterebbe la sostanziale abrogazione giacché, ritenendosi necessario l’arricchimento, l’aggiunta in questione non avrebbe avuto ragion d’essere operando comunque, in sua assenza, le imposte ordinarie;
il senso dell'articolo è infatti quello di evitare “che un'interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni, disciplinata mediante richiamo al già abrogato D.Lgs. n. 346 cit., potesse dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari quando lo stesso fosse stato collocato all'interno di una fattispecie tutto sommato di ‘recente’ introduzione come quella dei ‘vincoli di destinazione’, equindi per niente affatto presa in diretta considerazione dal ridetto ‘vecchio’ D.Lgs. n. 346 cit..” (Cass.n. 21614/16). Né, in senso contrario, rispetto alla interpretazione adottata può sostenersi che quando il legislatore ha inteso esentare da imposta di successione e donazione il trust, lo ha fatto espressamente, come nel caso del trust di disabilità ex art. 6 l. 112/2016, perché la determinazione dei presupposti dell’imposta dovrebbe giungersi in via diretta, certa e tassativa, e non con argomento a contrario;
inoltre, va considerato che la disposizione in parola è sopravvenuta in un momento ed in un contesto interpretativo (anche di legittimità) ancora estremamente variegato ed incerto, in maniera tale che il legislatore del 2016 ben può avere ritenuto di dover comunque esentare in modo puntuale dall’imposta il trust in questione (rispondente ad obiettivi di speciale ed urgente protezione) restando però del tutto impregiudicato il dibattito sulla portata generale dell’articolo 2, co.47, d.l. 262/06;
-ha superato la tesi (sostenuta pur con impostazioni diverse da Cass.13626/2018 e da Cass. 31445/2018) secondo cui il regime di tassazione dell'atto di dotazione dipende dalla “effettivit̀̀ ” del trasferimento. Il trasferimento (di cui ha senso parlare solo in caso di trust non auto-dichiarato) è sempre effettivo nei confronti del trustee ma è limitato e temporaneo, non pieno e, come tale, non integra il presupposto applicativo delle imposte proporzionali di registro, ipotecaria e catastale né il presupposto dell'imposta sulle donazioni (per la quale ultima mancherebbe, del resto, anche il presupposto di un immediato e definitivo arricchimento in capo a chicchessia);
-ha superato la tesi per cui possono esservi casi di trust che realizzano un immediato passaggio dal trustee al beneficiario finale (Cass. 31445/2018) perché un trust di tale genere non sarebbe un trust ma una donazione semplice.
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