Cass. pen., sez. II, sentenza 15/06/2022, n. 23324

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 15/06/2022, n. 23324
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23324
Data del deposito : 15 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: ALBANO GIUSEPPE nato a NAPOLI il 07/04/1964 avverso la sentenza del 09/11/2020 della CORTE APPELLO di SALERNOvisti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI P;
lette le conclusioni scritte ai sensi dell'art. 23 co.8 D.L. n. 137/2020 formulate dal Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, nella persona di S S!, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 09/11/2020 la Corte di appello di Salerno confermava la sentenza del Tribunale di Salerno in data 10/04/2018 in forza della quale G A era stato ritenuto responsabile del reato di estorsione aggravata in danno di E A e del padre B A e condannato alla pena di anni cinque di reclusione ed euro mille di multa. I giudici di appello, in conformità a quanto ricostruito dai giudici di primo grado, ritenevano accertato che G A, in concorso con una persona rimasta ignota, dopo avere provveduto a condurre con la propria autovettura E A da Napoli a Salerno incamerando la somma di euro 42,00 per la benzina oltre al pagamento dei pedaggi aveva preteso, con fare minaccioso, la consegna da parte del padre del predetto della somma di euro 400.00 e successivamente dallo stesso E A il pagamento di ulteriori euro 200,00. 2. Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione, a mezzo difensore di fiducia, G A formulando cinque motivi.

2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 629 e 640 c.p. Assume che secondo quanto era dato desumere dalle complessive emergenze processuali nel caso in esame non era configurabile il reato di estorsione in quanto la condotta posta in essere dall' imputato era stata connotata dalla mera rappresentazione alla vittima di un pericolo immaginario commessa con artifici e, conseguente, induzione in errore. Osserva che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, era mancata una condotta minacciosa e la vittima non era stata coartata ma solamente tratta in inganno.

2.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova, quanto all' affermazione della responsabilità dell'imputato basata su una erronea valutazione delle dichiarazioni della p.o. Rileva che la corte di appello non aveva adeguatamente valutato le censure secondo cui tenuto conto del tenore della querela sporta da E A, del contenuto verbali di s.i.t. di E A e del padre B A e delle dichiarazioni rese dai predetti in dibattimento difettava la prova della condotta estorsiva lamentata.

2.3. Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 192 e 523 comma 6 c.p.p. Lamenta che la corte di appello aveva utilizzato in modo illegittimo il contenuto delle dichiarazioni spontanee rese dall' imputato per colmare le lacune motivazionali quanto alla sussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato contestato.

2.4. Con il quarto motivo lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 628 comma 3 c.p Osserva che nel caso in esame, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, non era emersa la dimostrazione di un apporto causale di un correo rimasto non identificato.

2.4. Con il quinto motivo lamenta violazione di legge in relazione agli art. 62 bis, 69, 132 e 133 c.p. Assume che la corte di appello aveva adottato una motivazione meramente apodittica in punto di recidiva, trattamento sanzionatorio e di giudizio di comparazione ex art. 69 c.p.

2.5. La difesa dell'imputato ha depositato una memoria contenente motivi nuovi ulteriormente argomentando sulla fondatezza ed ammissibilità dei motivi proposti quanto alla violazione di legge ed al vizio di motivazione per erronea applicazione degli artt. 629 e 640 c.p.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.c;/— 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. Deve, invero, essere ricordato che secondo la costante giurisprudenza della Corte di legittimità il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e nella diversa incidenza nella sfera soggettiva della vittima. Ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e, comunque, non dipendente (direttamente o indirettamente) da chi lo prospetta, sicché la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione, costituente l'ingiusto profitto dell'agente, perché tratta in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente. Di contro, si configura l'estorsione se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, in tal caso la persona offesa è posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all'agente il preteso profitto o di subire il male minacciato (Cass. sez. 2, n. 7662 del 27/01/2015, Rv. 262574). La diagnosi differenziale tra il reato di truffa e quello di estorsione deve, quindi, essere effettuata attraverso una attenta indagine delle emergenze processuali volta a verificare: a) se il male minacciato sia reale o immaginario e se questo dipenda dall'agente (se sia cioè da questi "gestibile") o da altri;
b) se la prospettazione di tale male produca, in concreto, una manipolazione della volontà riconducibile ad un errore piuttosto che ad una coartazione delle facoltà volitive. Per quanto la prospettazione di un effetto negativo abbia - comunque e ragionevolmente - come conseguenza la reazione di evitare il male prospettato, quel che rileva ai fini del corretto inquadramento del fatto è se tale reazione sia riconducibile ad una condotta fraudolenta, piuttosto che ad una insuperabile costrizione Se, cioè, la volontà della vittima risulti semplicemente manipolata o, piuttosto, irresistibilmente coartata. La coazione della volontà si distingue dalla manipolazione attraverso condotte artificiose in quanto solo nel primo caso la condotta dell'agente si presenta irresistibile. Chiaramente la configurabilità di un effetto nnanipolativo rispetto al carattere coercitivo della minaccia dipende dalle caratteristiche (più o meno intimidatorie) della stessa, oltre che dalla specifica resistenza della vittima rispetto al male prospettato. In conclusione, come già precisato dalla Suprema Corte la distinzione tra il reato di truffa consumata attraverso la prospettazione di un pericolo non reale ed il reato di estorsione deve essere effettuata valutando la concreta efficacia coercitiva della minaccia, dovendosi ritenere che si vede nella ipotesi estorsiva quando il male prospettato si presenta irresistibile e coarta la volontà della vittima;
si vede invece nell'ipotesi della truffa quando la minaccia del pericolo irrealizzabile, per la sua intrinseca consistenza, non ha capacità coercitiva, ma si limita ad influire sul processo di formazione della volontà deviandolo attraverso la induzione in errore (Cass. sez. 2, n. 46084 del 21/10/2015, Rv. 265362). La valutazione della efficacia coercitiva, piuttosto che semplicemente manipolativa della minaccia deve poi e come già evidenziato essere effettuata con apprezzamento da effettuarsi ex ante, ovvero in modo indipendente dalla effettiva realizzabilità del male prospettato. Orbene muovendo da dette coordinate ermeneutiche appare di tutta evidenza che la minaccia esercitata nei confronti dell'A e del padre abbia assunto caratteristiche di natura estorsiva risultando che il male minacciato ha, di fatto, piegato la volontà della vittima indotta a versare una somma di denaro, pur di evitare il male prospettato. Rileva la Corte che i giudici, con conforme valutazione dei dati istruttori, considerato il tenore complessivo delle dichiarazioni degli A hanno ritenuto, con argomentazioni che non appaiono né carenti né illogiche né contradditorie, che tali dichiarazioni rendevano palese la condizione di soggezione e di timore in cui le stesse si erano trovate ed a causa delle quali avevano consegnato delle somme di denaro del tutto sproporzionate per il servizio reso.
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