Cass. pen., sez. I, sentenza 17/11/2021, n. 41787

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 17/11/2021, n. 41787
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 41787
Data del deposito : 17 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso pNposto da: TICO GIUSEPPE nato a ROMA il 06/11/1957 avverso la sentenza del 12/06/2019 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere R M;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore(ALESSANDR tCENTO N Z che ha concluso chiedendo 211 Il Procuratore Generale Militare conclude per l'inammissibilita' del ricorso udito il difensore L'avvocato M M difensore fiducia di TICO GIUSEPPE insiste nei motivi del ricorso e ne chiede l'accoglimento A

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 12 giugno 2019 (depositata il 26 giugno 2019) la Corte Militare di Appello, seconda sezione, ha rigettato l'istanza di revisione - introdotta da T G-, della sentenza emessa dal Tribunale Militare di Roma in data 20 luglio 2016, riformata solo in punto di pena dalla Corte Militare di Appello in data 11 luglio 2017, irrevocabile il 12 luglio 2018 .

2. Al fine di comprendere i contenuti della domanda di revisione e dell'attuale ricorso, occorre brevemente ripercorrere le vicende del giudizio definito in cognizione, seguendo l'ordine espositivo della decisione impugnata.

2.1 Va, dunque ricordato che con la sentenza emessa il 20 luglio 2016 il Tribunale Militare di Roma ha condannato T G, tenente colonnello in servizio presso il Collegio Medico Legale della Difesa in Roma, alla pena di un anno di reclusione militare con rimozione del grado per il reato di truffa militare pluriaggravata in concorso (art. 110 c.p., artt. 47 n.2 e 234 co. 1 e 2 c.p.m.p.). Il T, in concorso con il titolare della ditta GioMARR s.r.l. M I, il 9 settembre 2014 aveva, attraverso artifici e raggiri, attestato (con dichiarazione scritta) l'avvenuta esecuzione dei lavori commissionati il 4 agosto 2014 alla ditta suddetta, lavori mai eseguiti né completati a tale data, inducendo in errore l' Amministrazione Militare che procedeva, in data 17 ottobre 2014, al pagamento della fattura n. 36 emessa dal M e cagionando un ingiusto profitto per la ditta e un corrispondente danno per l' Amministrazione stessa (quantificato in euro 12.756,11). Quanto alla pena, il Tribunale ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena principale e accessoria per il termine di cinque anni e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.

2.2 La Corte Militare d'Appello con sentenza emessa in data 11 luglio 2017 ha ridotto la pena, in parziale riforma della sentenza di primo grado, a sei mesi di reclusione militare, ritenendo prevalenti le circostanze attenuanti generiche, con conferma nel resto. La Corte non ha accolto le doglianze della difesa tese a dimostrare : a) la buona fede del T che, rientrato dopo un periodo di ferie, aveva - in tesi - firmato la dichiarazione di conformità dei lavori già predisposta dai collaboratori nella convinzione che tutto fosse stato già eseguito e che, una volta scoperto l'errore, si era prontamente attivato per far portare a compimento i lavori;
b) l'inidoneità della mera sottoscrizione della dichiarazione a rappresentare artificio penalmente rilevante per integrare la truffa;
c) l'erronea quantificazione della somma in contestazione;d) l'inconfigurabilità dell'ingiusto profitto per il fatto che la ditta, seppur successivamente, aveva concluso i lavori;
e) l'inconsistenza degli elementi di prova in tema di elemento soggettivo del reato;
f) l'assenza della deminutio patrimonii del soggetto passivo e del vantaggio del soggetto agente, così come emerso dalla certificazione del 7 febbraio 2017 dell'ANAC rilasciata nell'ambito del procedimento -archiviato- a carico della ditta GioMARR s.r.I.. O 2.2 Secondo la Corte di merito, dalle emergenze processuali è risultata la non aderenza delle deduzioni difensive, essendo emerso in modo non discutibile che: a) l'inganno si era realizzato attraverso un artificio non immediatamente riconoscibile, a nulla valendo gli adempimenti burocratici-amministrativi delle fasi successive;
b) l'ingiustizia del profitto era in re ipsa;
c) la successiva effettuazione del lavori costituiva un post factum non incidente sulla consumazione del reato.

3. Con sentenza emessa il 12 luglio 2018 questa Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del T avverso la decisione di secondo grado. La difesa ha allegato, in tale sede, la sentenza (allora non irrevocabile) emessa dal Tribunale Ordinario di Roma il 24 aprile 2018 per i medesimi fatti nei confronti del concorrente M, mandato assolto con formula "il fatto non sussiste" per via della ritenuta assenza dell'ingiusto profitto. Nel dichiarare inammissibile il ricorso questa Corte ha osservato che : a) la fattispecie astratta si è consumata nel momento in cui l'amministrazione, presa visione della attestazione rilasciata dal T, aveva emesso il mandato di pagamento e corrisposto la somma alla GioMARR s.r.I.;
b) Il carattere contra ius si basava sul fatto che i lavori non erano stati ancora eseguiti in quel momento ed il posteriore adempimento costituiva un post factum non incidente sulla punibilità.

4. Tornando alla procedura di revisione va evidenziato che in via principale, la difesa ha eccepito la questione di legittimità costituzionale dell'art. 633 co. 1 cod.proc.pen. nella parte in cui non prevede che i criteri dell'art. 11 cod.proc.pen. si applichino anche alla revisione nel processo penale militare, con riferimento agli artt. 3 e 111 Cost. Infatti, la non estensione della disciplina della L. 405/1998 al processo penale militare fa sí che a trattare il procedimento di revisione sia la stessa Corte di Appello Militare di Roma, seppur in diversa sezione, lta—stussa—C-on-d che si è pronunziata in cognizione. Ciò, si afferma, a dispregio dell'esigenza di evitare influenze ambientali e di garantire la tutela della serenità e imparzialità del giudice. Quanto al merito, la difesa sostiene che i fatti stabiliti a fondamento della condanna del T non potevano conciliarsi con quelli stabiliti nella sentenza irrevocabile pronunciata nei confronti del concorrente M dal giudice ordinario. In quest'ultima decisione si è affermato che l'ingiusto profitto era assente e che l'emissione della fattura n. 36 aveva rappresentato, al più, una unilaterale modificazione delle modalità esecutive del contratto. Vi sarebbe, pertanto, il contrasto tra giudicati di cui all'art.630 co.1 lett. a) cod.proc.pen. .
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