Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 06/11/2019, n. 28502
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
to la seguente 1..() SENTENZA sul ricorso 8259 -2014 proposto da: HARKESS VELDA JANE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FEDERICO CONFALONIERI
5, presso lo studio dell'avvocato L M, che la rappresenta e difende unitamente 2019 all'avvocato L P;
2279
- ricorrente -
contro
UNIVERSITA' STATALE DEGLI STUDI DI CATANIA, R.G. n. 8259 del 2014 in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ape legis in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;
- controricorrente -
nonchè
contro
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA
29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati A S, E D R, L M, G M, CARLA D'ALOISIO;
- resistente con mandato - avverso la sentenza n. 4/2014 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 15/01/2014 R.G.N. 1408/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/06/2019 dal Consigliere Dott. I T;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R SORENZOR.G. n. 8259 del 2014 che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato L P.R.G. n. 8259 del 2014
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. H J V, in possesso di titolo accademico di primo livello conseguito il 15 luglio 1988 presso l'Università di Warwick, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Catania, l'Università degli Studi di Catania e l'INPS esponendo di aver prestato la propria attività di lettrice di lingua inglese dal giugno 1991 al 31 ottobre 1991 e dal novembre 1991 al 31 ottobre 1992 e, successivamente, senza soluzione di continuità, a decorrere dal 1997, con qualifica di collaboratrice ed esperta di lingua inglese (CEL), presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia e, dal 2001, presso la Facoltà di Lingue e Letteratura straniera dell'Università di Catania, sottoscrivendo singoli contratti a termine della durata di un solo anno accademico, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 236 del 1995, per soddisfare, tuttavia, costanti, e non già temporanee, esigenze di insegnamento della lingua. Chiedeva, quindi, accertarsi che il rapporto intercorso con l'Università era, sin dall'inizio delle prestazioni rese, di tipo subordinato ed a tempo indeterminato, nonché il proprio diritto ad un trattamento retributivo parametrato a quello del professore associato a tempo pieno o, in subordine, del ricercatore universitario confermato a tempo indefinito, in ragione dell'attività in concreto svolta, con conseguente condanna dell'Università al pagamento delle differenze retributive, anche per indennità integrative speciali e scatti biennali, oltre a versamenti assistenziali e previdenziali.
2. Il Tribunale accoglieva in parte la domanda, dichiarando prescritto il diritto all'inquadramento e alla retribuzione relativi al periodo 1991-1992 e, per il resto dichiarava la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra la lavoratrice e l'Università sin dall'anno accademico 1997/1998. Dichiarava, altresì, il diritto della H al trattamento economico previsto per i ricercatori confermati a tempo definito, con conseguente condanna dell'Università al pagamento in favore della predetta delle differenze retributive tenuto conto del trattamento in concreto percepito, maggiorate di accessori, ed alla regolarizzazione della posizione assicurativa e previdenziale, nei limiti della prescrizione quinquennale.R.G. n. 8259 del 2014 3. La Corte d'Appello di Catania, pronunciando sull'impugnazione proposta sia dall'Università degli Studi di Catania (appellante principale), sia da H J V (appellante incidentale), avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Catania, in parziale riforma della stessa, ha dichiarato il diritto della lavoratrice a percepire il trattamento retributivo previsto dai vigenti CCNL per i dipendenti del Comparto delle Università assunti a tempo indeterminato quali collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre e, per l'effetto, ha condannato l'Università al pagamento, in favore della stessa, a far tempo dall'anno accademico 1997/98, delle consequenziali differenze retributive tenuto conto del trattamento economico in concreto percepito, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla scadenza dei crediti al soddisfo, nonché al versamento all'INPS dei contributi assistenziali e previdenziali in favore della lavoratrice medesima nei limiti della prescrizione quinquennale, oltre somme aggiuntive secondo legge.
4. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la lavoratrice prospettando quattro motivi di impugnazione, assistiti da memoria depositata in prossimità dell'udienza.
5. Resiste con controricorso l'Università degli Studi di Catania.
6. L'INPS ha depositato procura alle liti in calce al ricorso notificato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, la lavoratrice deduce la violazione dell'art. 112, cod. proc. civ., in relazione all'art 360, n. 4, cod. proc. civ., per omessa pronuncia sul proposto appello incidentale. Con il primo motivo dell'appello incidentale, essa lavoratrice aveva censurato la valutazione delle mansioni effettivamente svolte, effettuata riconducendo le stesse all'attività di collaboratore linguistico e non di professore, perché risultava evidente lo stretto legame tra l'attività del collaboratore linguistico e quella del professore, atteso che il primo svolge la propria attività di lavoro in funzione e secondo le esigenze e gli obiettivi che il secondo individua in relazione al proprio corso d'insegnamento, come emergeva dalle risultanze istruttorie. Con il secondo motivo dell'appello incidentale, reiterava la richiesta di essere equiparata ai professori associati o comunque ai ricercatori confermati a tempo indefinito, con l'applicazior e del giusto compenso ex R.G. n. 8259 del 2014 art. 36 Cost. e l'adeguamento della retribuzione percepita. Ciò tenuto conto che le mansioni svolte erano superiori a quelle di mere esercitazioni linguistiche indicate nei contratti CEL che aveva sottoscritto. Né poteva intendersi come pronuncia sull'appello incidentale la giurisprudenza di legittimità e l'affermazione "Sulla scorta di tali premesse è pertanto infondato l'appello incidentale ...", contenute nella sentenza della Corte d'Appello, atteso che nelle "premesse" vi era solo riferimento alla normativa di cui alla legge n. 63 del 2004, ritenuta non applicabile alla fattispecie, e non alle questioni oggetto dell'appello incidentale.
1.1. Il primo motivo di ricorso non è fondato. La Corte d'Appello afferma che la fattispecie in esame riguarda una lavoratrice che sin dall'inizio è stata assunta quale collaboratore ed esperto linguistico di lingua madre ai sensi del decreto-legge n. 120 del 1995, conv. dalla legge n. 236 del 1995, il cui trattamento retributivo è disciplinato dalla contrattazione collettiva di comparto e decentrata. Non viene, quindi, in rilievo la disciplina dettata, dopo l'intervento della CGUE, per gli ex lettori di lingua madre poi diventati collaboratori esperti linguistici (dPR 380 del 1980;
decreto-legge n. 2 del 2004, conv. con modificazioni dalla legge n. 63 del 2004, legge n. 240 del 2010), che riconosceva il trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, in misura proporzionale all'impegno orario effettivamente assolto, da corrispondere dalla data della prima assunzione come lettore sino all'instaurazione del nuovo rapporto quale collaboratore esperto linguistico. Quindi, con statuizione sulla quale la ricorrente non si sofferma (pag. 11 della sentenza e relativa nota 1 della sentenza di appello), la Corte d'Appello facendo espresso riferimento a quanto dedotto nell'appello incidentale - in cui come riporta la ricorrente venivano trascritte le risultanze della prova per testi - afferma che l'attività didattica che la H deduceva di aver sempre svolto (lettura, correzione, esercitazioni, etc.), non coincideva e non costituiva esplicazione di libera docenza e men che meno di ricerca scientifica. La Corte d'Appello quindi ha affermato la non equiparabilità delle mansioni di collaboratore esperto linguistico a quelle di docente e, con accertamento di fatto ha escluso da parte della lavoratrice lo svolgimento di R.G. n. 8259 del 2014 mansioni di docenza in luogo di quelle di collaboratore esperto linguistico, operando una valutazione non atomistica ma globale delle risultanze istruttorie, nel quadro di una indagine unitaria ed organica. Tale statuizione trova conferma nei principi enunciati da Cass. n. 18897 del 2019, punto 14.2, che afferma che il legislatore - d.l. n. 2 del 2004, convertito dalla legge n. 63 del 2004, per ottemperare alla sentenza della Corte di Giustizia del 26.6.2001 in causa C - 212/99 - nell'impedire che il passaggio dal lettorato alla collaborazione linguistica potesse risolversi in una reformatio in peius del livello retributivo raggiunto, dall'altro ha ribadito la specificità propria del collaboratore linguistico, non equiparabile al docente, specificità che giustifica la differenziazione retributiva rispetto a quest'ultimo ed il conferimento del potere alle parti collettive di individuare la retribuzione proporzionata alla qualità e quantità della prestazione, a prescindere dal raffronto con il trattamento economico riservato al personale docente. La statuizione della Corte d'Appello è dunque assorbente ed incompatibile con la richiesta applicazione del giusto compenso ex art. 36 Cost. e l'adeguamento della retribuzione percepita, rispetto alla quale nella sentenza di secondo grado vi è un consequenziale implicito rigetto.
2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotto l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, n. 5, cod. proc. civ. Assume la lavoratrice di aver chiesto sin dal primo grado di giudizio
FEDERICO CONFALONIERI
5, presso lo studio dell'avvocato L M, che la rappresenta e difende unitamente 2019 all'avvocato L P;
2279
- ricorrente -
contro
UNIVERSITA' STATALE DEGLI STUDI DI CATANIA, R.G. n. 8259 del 2014 in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ape legis in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;
- controricorrente -
nonchè
contro
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA
29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati A S, E D R, L M, G M, CARLA D'ALOISIO;
- resistente con mandato - avverso la sentenza n. 4/2014 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 15/01/2014 R.G.N. 1408/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/06/2019 dal Consigliere Dott. I T;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R SORENZOR.G. n. 8259 del 2014 che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato L P.R.G. n. 8259 del 2014
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. H J V, in possesso di titolo accademico di primo livello conseguito il 15 luglio 1988 presso l'Università di Warwick, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Catania, l'Università degli Studi di Catania e l'INPS esponendo di aver prestato la propria attività di lettrice di lingua inglese dal giugno 1991 al 31 ottobre 1991 e dal novembre 1991 al 31 ottobre 1992 e, successivamente, senza soluzione di continuità, a decorrere dal 1997, con qualifica di collaboratrice ed esperta di lingua inglese (CEL), presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia e, dal 2001, presso la Facoltà di Lingue e Letteratura straniera dell'Università di Catania, sottoscrivendo singoli contratti a termine della durata di un solo anno accademico, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 236 del 1995, per soddisfare, tuttavia, costanti, e non già temporanee, esigenze di insegnamento della lingua. Chiedeva, quindi, accertarsi che il rapporto intercorso con l'Università era, sin dall'inizio delle prestazioni rese, di tipo subordinato ed a tempo indeterminato, nonché il proprio diritto ad un trattamento retributivo parametrato a quello del professore associato a tempo pieno o, in subordine, del ricercatore universitario confermato a tempo indefinito, in ragione dell'attività in concreto svolta, con conseguente condanna dell'Università al pagamento delle differenze retributive, anche per indennità integrative speciali e scatti biennali, oltre a versamenti assistenziali e previdenziali.
2. Il Tribunale accoglieva in parte la domanda, dichiarando prescritto il diritto all'inquadramento e alla retribuzione relativi al periodo 1991-1992 e, per il resto dichiarava la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra la lavoratrice e l'Università sin dall'anno accademico 1997/1998. Dichiarava, altresì, il diritto della H al trattamento economico previsto per i ricercatori confermati a tempo definito, con conseguente condanna dell'Università al pagamento in favore della predetta delle differenze retributive tenuto conto del trattamento in concreto percepito, maggiorate di accessori, ed alla regolarizzazione della posizione assicurativa e previdenziale, nei limiti della prescrizione quinquennale.R.G. n. 8259 del 2014 3. La Corte d'Appello di Catania, pronunciando sull'impugnazione proposta sia dall'Università degli Studi di Catania (appellante principale), sia da H J V (appellante incidentale), avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Catania, in parziale riforma della stessa, ha dichiarato il diritto della lavoratrice a percepire il trattamento retributivo previsto dai vigenti CCNL per i dipendenti del Comparto delle Università assunti a tempo indeterminato quali collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre e, per l'effetto, ha condannato l'Università al pagamento, in favore della stessa, a far tempo dall'anno accademico 1997/98, delle consequenziali differenze retributive tenuto conto del trattamento economico in concreto percepito, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla scadenza dei crediti al soddisfo, nonché al versamento all'INPS dei contributi assistenziali e previdenziali in favore della lavoratrice medesima nei limiti della prescrizione quinquennale, oltre somme aggiuntive secondo legge.
4. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la lavoratrice prospettando quattro motivi di impugnazione, assistiti da memoria depositata in prossimità dell'udienza.
5. Resiste con controricorso l'Università degli Studi di Catania.
6. L'INPS ha depositato procura alle liti in calce al ricorso notificato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, la lavoratrice deduce la violazione dell'art. 112, cod. proc. civ., in relazione all'art 360, n. 4, cod. proc. civ., per omessa pronuncia sul proposto appello incidentale. Con il primo motivo dell'appello incidentale, essa lavoratrice aveva censurato la valutazione delle mansioni effettivamente svolte, effettuata riconducendo le stesse all'attività di collaboratore linguistico e non di professore, perché risultava evidente lo stretto legame tra l'attività del collaboratore linguistico e quella del professore, atteso che il primo svolge la propria attività di lavoro in funzione e secondo le esigenze e gli obiettivi che il secondo individua in relazione al proprio corso d'insegnamento, come emergeva dalle risultanze istruttorie. Con il secondo motivo dell'appello incidentale, reiterava la richiesta di essere equiparata ai professori associati o comunque ai ricercatori confermati a tempo indefinito, con l'applicazior e del giusto compenso ex R.G. n. 8259 del 2014 art. 36 Cost. e l'adeguamento della retribuzione percepita. Ciò tenuto conto che le mansioni svolte erano superiori a quelle di mere esercitazioni linguistiche indicate nei contratti CEL che aveva sottoscritto. Né poteva intendersi come pronuncia sull'appello incidentale la giurisprudenza di legittimità e l'affermazione "Sulla scorta di tali premesse è pertanto infondato l'appello incidentale ...", contenute nella sentenza della Corte d'Appello, atteso che nelle "premesse" vi era solo riferimento alla normativa di cui alla legge n. 63 del 2004, ritenuta non applicabile alla fattispecie, e non alle questioni oggetto dell'appello incidentale.
1.1. Il primo motivo di ricorso non è fondato. La Corte d'Appello afferma che la fattispecie in esame riguarda una lavoratrice che sin dall'inizio è stata assunta quale collaboratore ed esperto linguistico di lingua madre ai sensi del decreto-legge n. 120 del 1995, conv. dalla legge n. 236 del 1995, il cui trattamento retributivo è disciplinato dalla contrattazione collettiva di comparto e decentrata. Non viene, quindi, in rilievo la disciplina dettata, dopo l'intervento della CGUE, per gli ex lettori di lingua madre poi diventati collaboratori esperti linguistici (dPR 380 del 1980;
decreto-legge n. 2 del 2004, conv. con modificazioni dalla legge n. 63 del 2004, legge n. 240 del 2010), che riconosceva il trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, in misura proporzionale all'impegno orario effettivamente assolto, da corrispondere dalla data della prima assunzione come lettore sino all'instaurazione del nuovo rapporto quale collaboratore esperto linguistico. Quindi, con statuizione sulla quale la ricorrente non si sofferma (pag. 11 della sentenza e relativa nota 1 della sentenza di appello), la Corte d'Appello facendo espresso riferimento a quanto dedotto nell'appello incidentale - in cui come riporta la ricorrente venivano trascritte le risultanze della prova per testi - afferma che l'attività didattica che la H deduceva di aver sempre svolto (lettura, correzione, esercitazioni, etc.), non coincideva e non costituiva esplicazione di libera docenza e men che meno di ricerca scientifica. La Corte d'Appello quindi ha affermato la non equiparabilità delle mansioni di collaboratore esperto linguistico a quelle di docente e, con accertamento di fatto ha escluso da parte della lavoratrice lo svolgimento di R.G. n. 8259 del 2014 mansioni di docenza in luogo di quelle di collaboratore esperto linguistico, operando una valutazione non atomistica ma globale delle risultanze istruttorie, nel quadro di una indagine unitaria ed organica. Tale statuizione trova conferma nei principi enunciati da Cass. n. 18897 del 2019, punto 14.2, che afferma che il legislatore - d.l. n. 2 del 2004, convertito dalla legge n. 63 del 2004, per ottemperare alla sentenza della Corte di Giustizia del 26.6.2001 in causa C - 212/99 - nell'impedire che il passaggio dal lettorato alla collaborazione linguistica potesse risolversi in una reformatio in peius del livello retributivo raggiunto, dall'altro ha ribadito la specificità propria del collaboratore linguistico, non equiparabile al docente, specificità che giustifica la differenziazione retributiva rispetto a quest'ultimo ed il conferimento del potere alle parti collettive di individuare la retribuzione proporzionata alla qualità e quantità della prestazione, a prescindere dal raffronto con il trattamento economico riservato al personale docente. La statuizione della Corte d'Appello è dunque assorbente ed incompatibile con la richiesta applicazione del giusto compenso ex art. 36 Cost. e l'adeguamento della retribuzione percepita, rispetto alla quale nella sentenza di secondo grado vi è un consequenziale implicito rigetto.
2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotto l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, n. 5, cod. proc. civ. Assume la lavoratrice di aver chiesto sin dal primo grado di giudizio
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi