Cass. civ., SS.UU., sentenza 14/11/2011, n. 23763

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In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, nel caso di illecito istantaneo, caratterizzato da un'azione che si esaurisce in un lasso di tempo definito, lasciando permanere i suoi effetti, la prescrizione incomincia a decorrere con la prima manifestazione del danno, mentre, nel caso di illecito permanente, protraendosi la verificazione dell'evento in ogni momento della durata del danno e della condotta che lo produce, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta dannosa, sicché il diritto al risarcimento sorge in modo continuo via via che il danno si produce, ed in modo continuo si prescrive se non esercitato entro cinque anni dal momento in cui si verifica. (Principio enunciato ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ.)

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 14/11/2011, n. 23763
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23763
Data del deposito : 14 novembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L F - Primo Presidente f.f. -
Dott. M M - rel. Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. P S - Consigliere -
Dott. B R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 20350-2010 proposto da:
REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OTTAVIANO

9, presso lo studio dell'avvocato P G, rappresentata e difesa dall'avvocato B S, per delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
CODA DI VOLPE S.A.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, T A G, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ANAPO

29, presso lo studio degli avvocati T D, DI G D, che li rappresentano e difendono, per delega a margine del controricorso;



- controricorrenti -


contro
CONSORZIO DI BONIFICA ALLI PUNTA DELLE CASTELLA, CONSORZIO DI BONIFICA IONIO CATANZARESE, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ANTONIO GRAMSCI

9, presso lo studio dell'avvocato MARTINO CLAUDIO, che li rappresenta e difende, per deleghe a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
avverso la sentenza n. 68/2010 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 27/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/09/2011 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

uditi gli avvocati Graziano PUNGÌ per delega dell'avvocato Sandro Boccucci, Domenico TALARICO, Claudio MARTINO;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

CENICCOLA

Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale ammissibile.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1 - La Coda di Volpe S.r.l. (attualmente S.a.s.) chiese al Tribunale regionale delle acque pubbliche di Napoli la condanna della Regione Calabria e del Consorzio di Bonifica Alli Punta delle Castella al risarcimento dei danni patiti da una propria azienda - quantificati in L. 600.000.000 - a seguito di esondazioni del torrente Scilotraco a causa della cattiva manutenzione di opere idrauliche. Intervenne in giudizio Anton Giulio T, proprietario di altra azienda agricola, chiedendo, per lo stesso titolo, la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni indicati in L. 400.000.000. 2 - Radicatosi il contraddittorio, sia la Regione, sia il Consorzio eccepirono, tra l'altro, la propria carenza di legittimazione passiva.


3 - Con sentenza in data 7-16 luglio 1997 il Tribunale adito dichiarò inammissibile l'intervento del T, legittimati passivamente i convenuti e attivamente la società Cala di Volpe, ma ne rigettò la domanda mancando la prova che fosse proprietaria dei terreni a tutela dei quali aveva agito.
4. - Ma con sentenza in data 6 dicembre 1999 - 17 gennaio 2000, pronunciata in diverso giudizio, il medesimo Tribunale regionale accolse la domanda del T relativa a terreni vicini e condannò Regione e Consorzio a pagare L. 161.400.000. 5. - Pronunciando sulle rispettive impugnazioni, opportunamente riunite, con sentenza in data 25 maggio - 26 agosto 2005 il Tribunale superiore delle acque pubbliche condannò la Regione Calabria e il Consorzio di Bonifica Alli Punta delle Castella al pagamento, in solido, di Euro 145.640,00 a favore della Società Coda di Volpe e di Euro 265.835,85 a favore del T.


6 - A seguito di impugnazione principale della Regione Calabria e incidentale del Consorzio di Bonifica, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 11 luglio 2007, n. 15459, cassarono la sentenza del TSAP per difetto di motivazione in ordine alla distinzione delle opere rispettivamente realizzate dal Consorzio e dalla Regione e al nesso di causalità tra le opere realizzate e i danni lamentati.


7 - Pronunciando in sede di rinvio, il TSAP, con sentenza in data 17 febbraio - 27 aprile 2010, dichiarò il Consorzio e la Regione responsabili dell'evento dannoso nella rispettiva misura del 60% e del 40% e li condannò in solido, nelle suddette proporzioni, a pagare Euro 276.956,35 a favore della Società Coda di Volpe ed Euro 214.469,29 a favore del T.


8 - Avverso la suddetta sentenza la Regione Calabria ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Il Consorzio di Bonifica Alli Punta delle Castella e il Consorzio di Bonifica Ionio Catanzarese (quote successore a titolo particolare del primo, posto in liquidazione) hanno proposto ricorso autonomo e ricorso incidentale, di identico contenuto, articolati in cinque motivi.
La Società Coda di Volpe e il T hanno resistito con controricorsi.
MOTIVI DELLA DECISIONE


1 - I tre ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza, sono riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c.. 2 - II ricorso della Regione Calabria denuncia:
con il primo motivo, violazione art. 384 cod. proc. civ. (mancata osservanza nel giudizio di rinvio dei principi fissati dalla Corte di Cassazione con la decisione n. 11549 del 11 luglio 2007);
violazione art. 112 cod. proc. civ. (omessa pronuncia sulle eccezioni difensive);
violazione e falsa applicazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1755, art. 140 (incompetenza dei TSAP);
con il secondo
motivo, violazione art. 394 cod. proc. civ. (inammissibilità domande nuove);
violazione e falsa applicazione art. 2051 cod. civ. (insussistenza della responsabilità per custodia);
violazione art.112 cod. proc. civ. (omessa pronuncia sulle eccezioni difensive);

con il terzo motivo, violazione artt. 2043, 2051 e 2697 cod. civ., artt. 115 e 116 cod. proc. civ. (indeterminatezza circa l'accertamento degli eventi e delle conseguenze dannose;
violazione dei principi in tema di allegazione e valutazione della prova);

violazione artt. 115 e 116 cod. proc. civ. (mera apparenza, manifesta contraddittorietà della motivazione - travisamento risultanze processuali - illogicità, irrazionalità manifeste);
violazione degli artt. 2935 e 2947 cod. civ. (erroneo accertamento prescrizione diritto);

con il quarto motivo, violazione artt. 2043 e 2055 cod. civ., artt. 115 e 116 cod. prc. civ. (indeterminatezza circa l'accertamento del nesso di causalità - insussistenza delle condizioni per la condanna solidale - insufficiente e/o comunque erronea valutazione delle risultanze probatorie);
violazione artt. 115 e 132 cod. proc. civ. (mera apparenza, manifesta contraddittorietà della motivazione - travisamento risultanze processuali - illogicità, irrazionalità manifeste);

con il quinto motivo, violazione artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e art. 2697 cod. civ. (mancanza di prova sui danni denunciati);

violazione art. 1223 cod. civ. (erronea quantificazione dei danni);

violazione art. 112 cod. proc. civ. (omessa pronuncia sulle eccezioni difensive).
2.1- Il primo motivo premette che al giudice di rinvio era stato demandato solo di accertare quali opere fossero state rispettivamente realizzate lungo il margine del torrente dal Consorzio e dalla Regione e se esistesse un nesso di causalità tra le opere realizzate e i danni lamentati. Ne inferisce che la nuova indagine non avrebbe potuto riguardare la presunta omissione di attività manutentiva dell'alveo del torrente, peraltro di competenza del giudice ordinario.
La censura poggia su una lettura riduttiva del dictum della Corte di Cassazione e risulta infondata.
La sentenza di annullamento, nella parte in cui da conto dell'esito degli accertamenti tecnici espletati nel giudizio di merito, riferisce che gli eventi all'origine della controversia erano imputabili anche ad omissioni attinenti alla manutenzione. Poi, nella parte motiva, stigmatizza il TSAP per avere affermato la pari responsabilità dei due enti senza riportare le opere rispettivamente realizzate e le ragioni per cui esse avessero concorso in pari misura al verificarsi dell'evento. Ma è di tutta evidenza che la Corte Suprema non ha affatto inteso escludere che si siano verificate omissioni manutentive e, quindi, ha rimesso al giudice del rinvio il relativo accertamento, solo precisando che detto giudice avrebbe dovuto stabilire analiticamente quali esse fossero, a quale dei due enti fossero imputabili e quale efficacia causale avessero spiegato ai fini della determinazione dell'evento. D'altra parte è orientamento giurisprudenziale consolidato che, in caso di cassazione con rinvio per vizio di motivazione, il giudice del rinvio non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, con il solo limite del divieto di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento impugnato ritenuti illogici ed eliminando, a seconda dei casi, le contraddizioni e i difetti argomentativi riscontrati (confronta, ex multis, Cass. 3 luglio 2009, n. 15692). Il tema della cattiva manutenzione era stato evidenziato ab origine senza che venissero sollevate questioni attinenti alla competenza. In ogni caso, dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che gli addebiti in essa affermati non riguardavano omessa attività esecutiva, ma imputavano agli enti comportamenti che coinvolgevano scelte amministrative per la tutela degli interessi generali correlati al regime delle acque pubbliche, per cui anche sotto tale profilo resta confermata la competenza del giudice adito (Cass. 16 aprile 2009, n. 9026). Quanto alla censura di omessa pronuncia sull'eccezione di carenza di legittimazione passiva della Regione, è sufficiente rilevare che la sentenza di annullamento aveva data tale legittimazione per accertata, restando da stabilire solo la ripartizione delle responsabilità con il Consorzio e che, comunque, la sentenza impugnata ha trattato anche tale questione (vedi pag. 10). 2.2- Il secondo motivo assume che la controparte non aveva mai specificato di agire ex art. 2051 cod. civ., avendo genericamente addotta una responsabilità da fatto illecito della P.A. che, in mancanza della doverosa specificazione, si doveva presumere rientrante nella fattispecie generale di cui all'art. 2043 cod. civ.. Aggiunge che solo in sede di appello, con l'atto di riassunzione, era stato fatto riferimento agli artt. 2049 e 2051 cod. civ.. Infine, contesta la sussumibilità del caso di specie nella normativa da ultimo indicata.
La censura attiene al tema della interpretazione della domanda originaria e della qualificazione giuridica che il giudice è libero di attribuirle con il solo limite di non modificare i termini fattuali della prospettazione.
Nella elaborazione giurisprudenziale è ormai certo che la domanda di affermazione di responsabilità per cosa in custodia ex art. 2051 cod. civ. è diversa e nuova rispetto a quella formulata in primo
grado basata sulla responsabilità per fatto illecito ex art. 2043 cod. civ. solo nel caso in cui essa implichi accertamenti di fatti in
tutto o in parte diversi da quelli allegati e provati nel primo giudizio, ma non allorché sin dall'atto introduttivo l'attore abbia riferito il danno all'azione causale svolta direttamente dalla cosa (Cass. 22 febbraio 2008, n. 4591). Tanto precisato in linea teorica e generale, è di per sè decisiva e assorbente sul piano concreto la considerazione che la sentenza impugnata non contiene affermazioni da cui potersi dedurre che la responsabilità della Regione Calabria sia stata affermata in virtù della presunzione di cui alla norma in esame;
anzi, dalla sua lettura si evince che alla Regione, come del resto al Consorzio, sono stati addebitati specifici comportamenti commissivi e omissivi, inquadrabili nella previsione appunto dell'art. 2043 cod. civ.. 2.3- Il terzo motivo si duole del mancato riconoscimento della prescrizione del diritto azionato, che la ricorrente assume essere maturata. A tal fine sostiene che erroneamente il ricorrente ha qualificato quello di specie come illecito permanente. Le argomentazioni a sostegno non dimostrano le denunciate violazioni di norme di diritto, ma piuttosto stigmatizzano la motivazione della sentenza impugnata e l'accertamento in fatto eseguito dal TSAP sulla scorta dei rilievi del C.T.U., il quale ha affermato trattarsi di un danno progressivo e annunciato, ma conclamato soltanto nel 1990, epoca in relazione alla quale sono state contenute le domande risarcitorie, con conseguente tempestività delle medesime. La Corte ribadisce, in proposito, che (Cass. 24 agosto 2007, n. 17985), nel caso di illecito istantaneo, caratterizzato da un'azione che si esaurisce in un lasso di tempo definito, lasciando permanere i suoi effetti, la prescrizione del diritto al risarcimento incomincia a decorrere con la prima manifestazione del danno, mentre, nel caso di illecito permanente, protraendosi la verificazione dell'evento in ogni momento della durata del danno e della condotta che lo produce, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della condotta dannosa, sicché il diritto al risarcimento sorge in modo continuo via via che il danno si produce, e in modo continuo si prescrive se non esercitato entro cinque anni dal momento in cui si verifica. La Regione Calabria sottopone all'esame della Corte considerazioni che non dimostrano alcun errore concettuale della sentenza, ma mirano ad una valutazione diversa dei fatti di causa, tra l'altro con ampi riferimenti alla C.T.U. nei cui confronti non ha rispettato il disposto dell'art. 366 c.p.c., n. 6 (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008;
Cass. Sez. 3 n. 22302 del 2008). 2.4- Il quarto motivo attiene al concorso causale addebitato alla Regione Calabria.
La quantificazione della percentuale di responsabilità da attribuire all'uno o all'altro soggetto le cui condotte sono state ritenute eziologicamente connesse all'evento dannoso rientra nella competenza esclusiva del giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità sotto l'esclusivo profilo del vizio di motivazione. La lettura parcellizzata delle relazioni tecniche non offre idonei elementi di valutazione. Il TSAP, ottemperando al dictum della sentenza di annullamento, ha analiticamente indicato gli elementi che ha ritenuto generativi dell'evento e ne ha valutato la rispettiva incidenza causale, ritenendo prevalente quella riferibile al Consorzio. La motivazione addotta è congrua e, quindi, idonea a superare il sindacato di legittimità.
È appena il caso di aggiungere che correttamente il TSAP ha condannato i due enti in solido (art. 2055 c.c.) ed ha effettuato la ripartizione a fini interni del dovuto, dal momento che il fatto dannoso è derivato da più azioni e omissioni colpose costituenti fatti illeciti distinti ma legati da un vincolo di indipendenza, azioni e omissioni che hanno concorso in maniera efficiente alla produzione del danno.
2.5- Il quinto motivo censura la liquidazione dei danni e, quindi, implica necessariamente accertamenti e valutazioni di merito. La ricorrente si duole del recepimento da parte del Tribunale delle conclusioni del C.T.U. senza rispondere a precise obiezioni. Ma il giudice non è tenuto a rispondere ad ogni e qualsiasi argomentazione critica contenuta negli atti difensivi o nelle relazioni dei C.T. di parte.
Peraltro, ancora in ottemperanza alla sentenza di annullamento, il TSAP ha convocato il C.T.U. proprio per acquisire i chiarimenti necessari in relazione alle critiche che erano state mosse alla sue valutazioni;
è, quindi, sufficiente che il TSAP abbia recepito quanto conclusivamente indicato dal C.T.U. Infatti (Cass. 9 gennaio 2009, n. 282) il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del C.T.U. che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei C.T. di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento;
non è quindi necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei C.T. di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte. In tal caso, le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal C.T.U., si risolvono in mere argomentazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall'art. 360 c.p.c., n. 5. 3 - I ricorsi (autonomo e incidentale) del Consorzio di Bonifica Ionio Catanzarese sono inammissibili per carenza di legittimazione. Infatti io stesso ricorrente riconosce esplicitamente di essere mero successore a titolo particolare del Consorzio di Bonifica Alli Punta delle Castella, di non esserne subentrato nella vicenda contenziosa nè indistintamente in tutti gli atti e rapporti giuridici, ma solo in quelli indicati nel verbali di trasferimento redatti dal commissario liquidatore di quel Consorzio.

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