Cass. pen., sez. III, sentenza 07/02/2023, n. 05255
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Testo completo
la seguente - 7 FEB 2023 SENTENZA sul ricorso proposto da Di NT GI, nato a [...] il [...], ARI° avverso l'ordinanza del 16/05/2022 del Tribunale di Trani visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro Maria Andronio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale GI Cuomo, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
udito il difensore, avv. Fabio Pinelli.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 16 maggio 2022, il Tribunale di Trani ha rigettato la richiesta di riesame proposta avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip dello stesso Tribunale il 30 marzo 2022, con il quale era stato disposto, nei confronti della società Tasca Aldo S.r.l. ovvero della scissa KT Gestioni S.r.l., il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, per l'importo di euro 957.869,24, quale profitto del reato di cui all'art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000. 2. Avverso l'ordinanza Di NT GI, in qualità di curatore fallimentare della società Tasca Aldo S.r.l., ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si deduce la violazione degli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen., 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 e 42 R.D. n. 267 del 1942, in relazione alla possibilità di operare il sequestro preventivo, successivamente alla declaratoria di fallimento, di beni rientranti nella disponibilità della curatela fallimentare - che sarebbe soggetto terzo estraneo al reato - e non della persona indagata o della compagine fallita. Sostiene il ricorrente che la più recente giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso che, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, il sequestro preventivo dei beni della società non può più essere eseguito, dato che i beni oggetto della predetta misura cautelare reale sono nella disponibilità della curatela fallimentare (Sez. 2, n. 19682 del 13/04/2022): il vincolo apposto a seguito della dichiarazione di fallimento sul patrimonio della persona fisica o giuridica, che ne è la destinataria, importa lo spossessamento e il venire meno del potere di disporne in capo al fallito, essendo automaticamente trasferito agli organi della procedura fallimentare, con attribuzione al curatore del compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento (Sez. 3, n. 47299 del 16/11/ 2021;
Sez. 3, n. 12125 del 5/02/2021). Tale dato normativo, che non sarebbe stato valutato dal Tribunale del riesame, sarebbe di ostacolo all'applicabilità dell'art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000. Ulteriormente, si afferma che questa impostazione ermeneutica è stata implicitamente fatta propria dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 45936 del 26/11/2019, perché la peculiare natura dell'attivo fallimentare «è di ostacolo all'applicabilità dell'art. 12-bis D.Igs. n. 74 del 2000, che individua, quale limite all'operatività della confisca, l'appartenenza dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato a terzi estranei al reato». Sulla base di ciò, la difesa osserva come la giurisprudenza, per quanto attiene alla confisca diretta del profitto o del prezzo del reato, riferendosi al concetto di "appartenenza", ha inteso privilegiare una forma di dominio sui beni di natura sostanziale, essendo pacifico che, dopo la dichiarazione di fallimento, i beni della massa fallimentare cessano di appartenere al fallito, in quanto quest'ultimo non può più né disporne né goderne in termini giuridicamente rilevanti. Nel caso di specie, non vi è alcun dubbio che la curatela avesse la disponibilità dei beni della società fallita e fosse soggetto terzo estraneo al reato, in quanto la Tasca Aldo S.r.l. era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Treviso il 23 marzo 2022, in data antecedente all'emissione del provvedimento cautelare, del 30 marzo 2022.Ancora, si evidenzia che è la stessa legittimazione del curatore all'impugnativa dei provvedimenti in materia reale che costituisce premessa logica dell'esclusione di una subordinazione della procedura fallimentare rispetto al sequestro preventivo, non potendosi negare la posizione di terzietà di quest'ultimo rispetto al soggetto indagato (Sez. 2, n. 19682 del 13/04/2022). In questa prospettiva, la soluzione interpretativa condivisa dal Tribunale di Trani si rileva paradossale, in quanto si determinerebbe, non solo una inammissibile violazione della regola della par conditio creditorum, ma anche la postergazione dei creditori che godano di una posizione privilegiata rispetto alla massa fallimentare e degli stessi interessi tributari, che non siano assistiti, nel caso di omissione del loro adempimento, dalla previsione di un illecito penale (Sez. 3, n. 11068 del 28/09/2021). Da ultimo, si afferma che il richiamo all'art. 317 del d.lgs. n. 14 del 2019, effettuato dai giudici di merito per sancire il principio di prevalenza del sequestro preventivo penale, è confutato dalla giurisprudenza di legittimità, in quanto tale dato normativo deve essere letto nel complessivo quadro di riferimento, tenendo anche conto dell'art. 318, che è volto ad affermare la preminenza della procedura concorsuale, con la sola esclusione dell'ipotesi in cui il sequestro attenga a beni intrinsecamente pericolosi.
2.2. Con un secondo motivo di ricorso, si lamentano: la violazione degli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen., 12 del d.lgs. n. 74 del 2000 e 42 del r.d. n. 267 del 1942, avendo il Tribunale erroneamente ritenuto che non fosse necessario evidenziare le ragioni dell'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca, non essendo sufficienti a tal fine il fumus e la confiscabilità del bene;
la violazione degli artt. 111 Cost., 125 e 324 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale avrebbe confermato il provvedimento di sequestro senza addurre alcuna motivazione in ordine all'effettiva sussistenza del requisito del periculum in mora. La difesa ricorda che si deve escludere qualsiasi automatismo che colleghi la pericolosità alla mera confiscabilità del bene oggetto di sequestro, dovendo il giudice dare conto del periculum in mora che giustifica l'apposizione del vincolo (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021), perché, se l'autonomia del sequestro ai fini di confisca può giustificare che i parametri di adozione e i conseguenti oneri motivazionali non ricalchino quelli del sequestro impeditivo, non per questo la motivazione della misura adottata potrà sempre esaurirsi nel dare semplicemente atto della confiscabilità della cosa, non rilevando neanche la qualificazione formale della confisca come obbligatoria. E si afferma che il richiamo nell'ordinanza impugnata alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 40847 del 2019, è inconferente rispetto al caso di specie, poiché attiene al diverso caso delle cose soggette a confisca obbligatoria di cui all'art. 240, secondo comma, cod. pen., per le quali è stato affermato che il divieto di restituzione, fissato dall'art.324, comma 7, cod. proc. pen., si applichi anche al di fuori del procedimento di riesame. Da ultimo, si evidenzia come le ragioni dell'impossibilità di attendere il provvedimento che definisca il giudizio, ovvero il pericolo che i beni sfuggano alla futura ablazione, si appalesano come insussistenti, dal momento che è intervenuto il fallimento e che i beni si trovano nella esclusiva disponibilità