Cass. pen., sez. VI, sentenza 04/04/2018, n. 14940

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 04/04/2018, n. 14940
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14940
Data del deposito : 4 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da P R M, nata il 01/12/1971 in Germania avverso l'ordinanza del 07/09/2017 del Tribunale di Cosenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere A B;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P C, che ha concluso chiedendo che l'ordinanza sia annullata con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Cosenza ha rigettato il ricorso ai sensi dell'art. 324 cod. proc. pen. e, per l'effetto, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo disposto dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari nei confronti di R M P, per il reato di cui all'art. 316-ter cod. pen. In particolare, alla ricorrente è contestato di essersi ella indebitamente appropriata delle indennità pensionistiche di P A, cointestatario del suo conto corrente, di cui ittaq aveva omesso di comunicare all'Ufficio di Stato civile del Comune ed all'INPS il decesso.

2. R M P ricorre avverso il provvedimento a mezzo del difensore di fiducia Avv. A G F e ne chiede l'annullamento per i seguenti motivi: - 2.1. violazione del diritto di difesa, per avere la Procura della Repubblica omesso di rilasciare la copia del documento su cui si fonda il sequestro;

2.2. violazione di legge penale in relazione all'art. 316-ter cod. pen., per avere il Tribunale errato nel ritenere integrato il reato in oggetto sul presupposto che la P abbia omesso di comunicare all'INPS il decesso di P A cointestario del suo conto corrente, non essendo ella tenuta da alcun dovere giuridico a dare tale comunicazione, non essendo parente dell'A.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.

2. E' inammissibile il motivo di ricorso col quale il ricorrente deduce la violazione del diritto di difesa, per omesso rilascio di copia del provvedimento di sequestro. Ed invero, la ricorrente si limita ad eccepire la lesione delle prerogative difensive, ma non documenta di avere richiesto il rilascio di copia dei documenti su cui si fonda il provvedimento né la mancata evasione della richiesta, di tal che il rilievo si appalesa generico.

3. Coglie, di contro, nel segno la seconda deduzione.

3.1. Mette conto di rilevare preliminarmente che l'art. 316-ter cod. pen. (inserito dall'art. 4 della legge 29 settembre 2000, n. 300) sanziona, "salvo che il fatto costituisca il reato di cui all'art. 640-bis", la condotta di chiunque "mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri" erogazioni da parte dello Stato, enti pubblici o Unione Europea. Giusta l'espressa clausola di riserva, l'incriminazione è sussidiaria rispetto al reato di truffa aggravata (artt. 640 commi primo e secondo n. 1, 640 bis cod. pen.) e, dunque, colpisce quei comportamenti non integranti le condotte fraudolente contemplate da queste ultime disposizioni. Ne consegue che la semplice presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere non integra necessariamente il primo delitto, ma - quando abbia natura fraudolenta - può configurare gli "artifici o raggiri" descritti nel paradigma della truffa e, unitamente al requisito della "induzione in errore", può comportare la qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 640 o 640 bis cod. pen. (Sez. 2, n. 23623 del 08/06/2006, Corsinovi, Rv. 234996). Ancora, si è ribadito che integra il delitto di truffa aggravata e non quello di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato l'utilizzazione o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, o l'omissione di informazioni dovute, quando hanno natura fraudolenta (Sez. 2, n. 21609 del 18/02/2009, Danese, Rv. 244539). Come si evince dalla lettura dei lavori parlamentari, con l'introduzione nel nostro sistema penale dell'art. 316-ter cod. pen., il legislatore della legge 29 settembre 2000, n. 300, ha invero inteso assicurare agli interessi da esso considerati una tutela aggiuntiva e "complementare" rispetto a quella già offerta dall'art. 640-bis cod. pen., garantendo la copertura sanzionatoria anche a quelle condotte non incluse dal perimetro punitivo della truffa. L'ipotesi di cui all'art. 316-bis è dunque applicabile in tutti i casi in cui difettino la natura fraudolenta della condotta e l'induzione in errore. Come ha bene chiarito questa Corte riunita nel suo più ampio consesso, "l'ambito di applicabilità dell'art. 316-ter cod. pen. si riduce così a situazioni del tutto marginali, come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l'autore della disposizione patrimoniale" (Sez. U, n. 16568 del 19/04/2007, Carchivi, massimata su altro;
Sez. 2, n. 49642 del 17/10/2014, Ragusa, Rv. 261000).
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