Cass. civ., sez. II, sentenza 24/10/2018, n. 26992

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime1

In tema di limiti soggettivi del giudicato, gli artt. 1306 e 1310 c.c. - che con riferimento alle obbligazioni solidali, e quindi a un rapporto con pluralità di parti ma scindibile, prevedono che i condebitori i quali non abbiano partecipato al giudizio tra il creditore e altro condebitore possano opporre al primo la sentenza favorevole al secondo (ove non basata su ragioni personali) - costituiscono espressione di un più generale principio, operante "a fortiori" con riguardo a rapporti caratterizzati da inscindibilità, secondo cui alla parte non impugnante si estendono gli effetti derivanti dall'accoglimento dell'impugnazione proposta da altre parti contro una sentenza sfavorevole emessa nei confronti di entrambi.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 24/10/2018, n. 26992
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26992
Data del deposito : 24 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

26992-18 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO DISTANZE LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R.G.N. 28829/2014 on. 26992 SECONDA SEZIONE CIVILE Cron Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rep. ei LINA MATERA Presidente Ud. 13/09/2018 ANTONINO SCALISI Consigliere PU A SPA Consigliere Rel. Consigliere R GI Consigliere - MAURO CRISCUOLO ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 28829-2014 proposto da: B D, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA N BASSANO DEL GRAPPA 24, presso lo studio dell'avvocato M C, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato L G;
ricorrente contro 2018 M M, INVECO SRL in persona 3012 dell'Amministratore unico sig. C B, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell'avvocato A P, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato F D;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 1161/2013 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 21/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/09/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A P che ha concluso per l'accoglimento del terzo motivo del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza impugnata;
assorbito il quarto motivo e rigetto dei restanti ip motivi di ricorso;
udito l'Avvocato GRAZIANI Luca difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato PETRETTI Alessio difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso ed accoglimento delle proprie difese.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 19.1.2005, Buffoli Franchi Deni, proprietaria di un immobile in Bergamo, citava in giudizio innanzi al Tribunale di Bergamo la Inveco s.r.l. e M Marina, proprietari dell'immobile confinante, deducendo la violazione delle distanze dal confine. Chiedeva, pertanto, la condanna dei convenuti alla riduzione in pristino ed il risarcimento dei danni. Instauratosi il contraddittorio, si costituiva l'Inveco s.r.I., resistendo alla domanda, mentre Marina M rimaneva contumace. Con sentenza non definitiva del 13.6.2009, il Tribunale di Bergamo accertava la violazione delle distanze e la sussistenza dei danni;
con separata ordinanza rimetteva la causa sul ruolo per la determinazione dell'altezza dell'edificio, ai fini del calcolo del superamento della distanza dal confine e per la determinazione del danno. Espletata CTU, che determinava la misura dell'arretramento in cm757,2, il Tribunale di Bergamo, con sentenza definitiva del 25.2.2011, condannava i convenuti all'arretramento delle parti dell'edificio eccedenti la distanza dal confine e liquidava il danno in € 10.000,00 La sentenza veniva appellata dalla Inveco s.r.l. e da M Marina, cui resisteva D B, spiegando appello incidentale. La Corte d'Appello di Brescia, con sentenza del 21.10.2013, dichiarava inammissibile l'appello proposto da Marina M avverso la sentenza non definitiva, non avendo la medesima proposto tempestiva riserva d'appello;
tuttavia, poiché la sentenza non definitiva era stata emessa fuori dai presupposti di cui all'art. 278 c.c. e 279 c.c., trattandosi di provvedimento del tutto generico e non eseguibile, non poteva assumere autonomia ed efficacia di giudicato. Accoglieva, quindi, l'appello proposto da Marina M avverso la sentenza definitiva e l'appello proposto dalla Inveco s.r.l.;
in riforma della 1 sentenza impugnata, rigettava la domanda della Buffoli, regolando le spese di lite secondo il principio della soccombenza. Rilevava il giudice d'appello che il terreno su cui insistono gli edifici prospettano su via Nullo, che collega la parte bassa alla parte alta della città e che la costruzione è caratterizzata da forte pendenza;
l'edificio sorge su un muro alto tre metri, con funzione di contenimento del pendio naturale, tagliato dalla strada, nel quale si apre l'accesso ai garages interrati. L'edificio è situato nella "zona di completamento e/o sostituzione”, nella quale, a norma dell'art.36 gli edifici di nuova costruzione "in fregio alle vie" devono rispettare una distanza dal confine non inferiore alla metà dell'altezza dell'edificio. Il giudice d'appello, considerando che l'edificio era situato in “zona acclive", ovvero caratterizzato da forte pendenza, riteneva applicabile l'art. 26 NTA, in base al quale l'altezza va calcolata " a partire dal piano dello spiccato della fronte a valle nel suo punto più basso”, ovvero partendo dalla parte emergente fuori terra. Così calcolata l'altezza, escludendo i garage interrati, il giudice d'appello escludeva che vi fosse violazione delle distanze. Dall'interpretazione sistematica degli strumenti urbanistici, e segnatamente dell'art.50 R.E e dell'art. 26 delle N.T.A, il giudice d'appello faceva discendere l'affermazione secondo cui gli strumenti urbanistici prevedono regole diverse per gli edifici in "zona piana" ed in "zona acclive", ovvero su terreni in pendenza. Nella specie, secondo la corte territoriale, è applicabile l'art.26 comma 3 NTA che disciplina l'altezza degli edifici situati in zona acclive, ' mentre l'art.50 RE, secondo cui l'altezza va misurata dalla quota del marciapiedi, non fa riferimento alla distinzione tra "zona piana" e "zona acclive", limitandosi a dettare norme diverse per la zona collinare. Mentre il tribunale aveva considerato l'art.50 norma speciale prevista per gli edifici “in fregio alla strada", prescindendo dalla distinzione tra zona piana e zona acclive, la Corte d'Appello riteneva che le due disposizioni dovessero essere coordinate e che l'art. 26 delle NTA integrasse la lacuna dell'art.50 R.E. in ordine all'omessa distinzione tra zona piana e zona acclive. 2 Per la cassazione della sentenza propone ricorso D B sulla base di quattro motivi, illustrati con memorie, ex art.378 c.p.c.;
hanno resistito, con distinti controricorsi, la Inveco s.r.l. e Marina M. Con ordinanza del 28.3.2018, questa Corte disponeva l'acquisizione del fascicolo d'ufficio e rimetteva la causa alla pubblica udienza. RAGIONI DELLA DECISIONE Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di specificità dei motivi, di chiarezza e sinteticità espositiva e per violazione delle indicazioni contenute nel Protocollo redatto il 17.6.2013 dal Primo Presidente della Corte ed il Primo Presidente del Consiglio Nazionale Forense in ordine alla tecnica di redazione degli atti processuali nel giudizio di

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi