Cass. civ., sez. V trib., sentenza 28/02/2023, n. 6033
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 2
In tema di processo tributario durante l'emergenza da Covid-19, la decisione del giudice di disporre, ai sensi dell'art. 27, comma 2, del d.l. n. 137 del 2020, la trattazione scritta, nonostante la richiesta della parte di discussione in pubblica udienza o con collegamento a distanza, è legittima, ove carenze organizzative all'interno dell'ufficio impediscano il collegamento da remoto, poiché le parti non hanno un diritto pieno e incondizionato all'udienza pubblica e la trattazione scritta garantisce le essenziali prerogative del diritto di difesa, assicurando l'interesse pubblico all'esercizio della giurisdizione anche in periodo emergenziale.
Nel giudizio di cassazione, l'art. 379 c.p.c., così come novellato dall'art. 1 bis, comma 1, lett. d) n. 2, del d.l. n. 168 del 2016 (conv. dalla l. n. 197 del 2016 ed applicabile ai ricorsi depositati successivamente alla sua entrata in vigore), ha escluso la possibilità di depositare osservazioni scritte all'esito della pubblica udienza, che, ove dirette a confutare non le conclusioni del P.M., come previsto dalla norma previgente, ma le affermazioni rese dalla controparte durante la discussione, si pongono anche in contrasto con il divieto di repliche, stabilito nella stessa disposizione e rimasto fermo con la novella.
Sul provvedimento
Testo completo
1. A.A. impugnò l'atto di contestazione con il quale l'amministrazione finanziaria applicava nei suoi confronti una sanzione cumulativa (pari a Euro 211.675,84) per l'omessa compilazione del quadro RW, per gli anni dal 2005 al 2009, quale titolare di procura individuale rilasciata dal coniuge per operare sul conto svizzero di quest'ultimo.
2. La C.T.P. di Prato accolse il ricorso della contribuente con sentenza (n. 177/2015) che è stata riformata dalla C.T.R. della Toscana, la quale ha accolto l'appello dell'ufficio così argomentando (cfr. pag. 2 della decisione): "la presenza di una circolare (n.d.r. la circolare 45/E del 2010 che, ad avviso del giudice di primo grado, chiariva che l'obbligo di denuncia delle disponibilità estere grava anche su chi, come la contribuente, era titolare di una procura a operare su conto corrente altrui) che ribadisce semplicemente che l'obbligo di legge non costituisce indizio sufficiente per affermare l'esistenza di un'incertezza normativa tale da giustificare l'esclusione delle sanzioni";
(ibidem) "(l)e altre questioni sollevate dall'appellata sono inammissibili in quanto non riproposte con appello incidentale".
3. La contribuente ha proposto ricorso, con quattro motivi, per la cassazione della sentenza di appello;
l'Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso, nel quale ha proposto ricorso incidentale, con un motivo. In prossimità dell'udienza la contribuente ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c. .
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso principale ("1. Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 , ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3) , in relazione alla sussistenza dell'obiettiva incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria"), la ricorrente censura la sentenza impugnata che conferma le sanzioni amministrative pecuniarie in assenza dell'esimente dell'obiettiva incertezza sulla portata e sull'àmbito di applicazione delle disposizioni in tema di "scudo fiscale", senza considerare che tale incertezza era attestata dai documenti di prassi dell'amministrazione, la quale soltanto a partire dalla circolare n. 45/E del 2010 aveva chiarito che (anche) il soggetto munito di delega di firma è tenuto alla compilazione del quadro RW per l'indicazione dell'intera consistenza dei capitali e delle attività finanziarie detenuti dal delegante su conto corrente estero.
2. Con il secondo motivo ("2. Violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 167 del 1990, art. 4, comma 1 , convertito con modificazioni in L. n. 227 del 1990 , ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3) , in relazione al concetto giuridico di detenzione"), la ricorrente denuncia l'errore di diritto della sentenza impugnata che ha trascurato che, all'epoca dei fatti, non vi era alcuna ragione per interpretare la locuzione "detenzione di investimenti" di cui all'art. 4, nel senso ampio e omnicomprensivo adottato successivamente dall'amministrazione che, come si è visto, ne aveva allargato il campo di applicazione fino a ricomprendere il titolare di una procura, quale soggetto in realtà privo di un rapporto di