Cass. pen., sez. III, sentenza 21/10/2022, n. 39853
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o la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: T M, nato a Sant'Angelo Lodigiano il 27/11/1978 avverso l'ordinanza del 04/03/2022 del Tribunale di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere A D S;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P M, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio limitatamente alla determinazione del profitto confiscabile e rigetto nel resto. udito per l'imputato l'avv. M R, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 04/03/2022, il Tribunale di Milano, in riforma del decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano in data 22/10/2021 ed in parziale accoglimento dell'appello cautelare del pubblico ministero, disponeva il sequestro preventivo ex artt. 321, comma 2, cod.proc.pen., 240 e 452 -quaterdecies, comma 5, cod.pen., avente ad oggetto somme di denaro nella diretta disponibilità, somme di denaro presenti su conto corrente/o deposito, somme di denaro presenti in cassette di sicurezza e libretti di deposito/risparmio, sia bancari che postali, per l'importo di euro 949.040.00, nei confronti della Toninelli Fratelli Società Agricola SS e della Lucra 96 s.r.l. e, in subordine, in caso di incapienza delle predette società, anche per equivalente sino al predetto ammontare, nei confronti di T G, T F, T M. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione T M, a mezzo del difensore di fiducia, articolando cinque motivi di seguito enunciati. Con il primo motivo deduce violazione dell'art. 452- quaterdecies cod.pen. in relazione alla sussistenza del fumus delicti. Argomenta che il Tribunale di Milano aveva accolto l'appello del pubblico ministero in merito al sequestro preventivo relativo al reato di cui all'art. 452- quaterdecies cod.pen. basando il fumus delicti su una serie di presunti elementi indiziari - qualificando come rifiuti i SOA3 trattati dalla Lucra96 s.r.l. - ed omettendo ogni motivazione in relazione a quelli evidenziati dalla difesa. Il Tribunale, erroneamente, in violazione dell'art. 185, comma 2, TUA, aveva ritenuto che i SOA3, prodotto nel nnangimificio Lucra96 fossero "rifiuti";il predetto articolo non stabilisce l'equiparazione SOA-rifiuto, ma prevede piuttosto che, laddove avviati ad un biodigestore, la loro gestione deve confrontarsi con la normativa della parte IV del d.lgs 152/2006;tale parte IV disciplina i rifiuti ma anche all'art. 184-bis i sottoprodotti che, in presenza delle quattro condizioni legislativamente previste, non è assoggettabile alla disciplina dei rifiuti;i SOA3 trattati dalla Lucra 96 s.r.l. erano destinati ad un ulteriore utilizzo, conformemente a quanto richiesto dall'art. 184-bis, come concime organico e, comunque, emergeva che gli indagati non avevano intenzione di disfarsi dei SOA nè assunto una condotta in tal senso. Il Tribunale, inoltre, avrebbe dovuto considerare che il Regolamento CE n. 1069/2009 consente di utilizzare per la produzione di biogas i sottoprodotti animali di categoria 3 ai sensi degli artt. 10 e 14, nonché la giurisprudenza di legittimità relativa alla natura e qualificazione del digestato, prodotto da digestori alimentati con sottoprodotti di origine animale, qualificato come sottoprodotto escluso dalla disciplina dei rifiuti, in base all'art. 52, comma 2bis d.l. 83/2012, conv. nella legge 134/2012 ed al DM n. 5046 del 25.2.2016, che ha dato attuazione alla predetta norma. La motivazione del Tribunale, poi, elenca una serie di elementi indiziari dimostrativi del miscelamento dei SOA3 con rifiuti (in particolare imballaggi), che, però, analizzati singolarmente sminuivano la valutazione complessiva: non corrispondeva al vero che sulle materie prime ritirate dalla Lucra96 vi fosse la dicitura "da distruggere";i rifiuti organici frammisti a plastica rinvenuti non erano digestato ma residui presenti sul fondo del digestore da inviare a smaltimento;i frustoli colorati non costituivano il prodotto risultante all'esito del processo di lavorazione;non era stato considerato che VATS di Milano in data 29.10.2018 aveva rilevato che il mangimificio della Lucra96 srl era idoneo alla rimozione di corpi estranei;non corrispondeva al vero che la Provincia di Lodi il 9.11.2018 aveva imposto alla Lucra96 srl di regolarizzare la produzione e l'utilizzo dei SOA3. Il Tribunale, quindi, era incorso nella violazione dei disposti normativi che disciplinano i sotto prodotti di origine animale, i rifiuti ed il conferimento degli stessi, la gestione del digestato, inventando una nuova ed inesistente categoria di rifiuti, quella dei "rifiuti dell'industria alimentare di categoria 3"e non considerando che, comunque, la Lucra96 s.r1. era titolare di autorizzazione a gestire presso il proprio biodigestore rifiuti organici, costituiti essenzialmente da FORS11 e da rifiuti provenienti dall'agroindustria;erronea, infine, era la considerazione del DGR n. 3298/2012 della Regione Lombardia, non avendo la Regione competenza per integrare e modificare la disciplina dei rifiuti (sent. nn 86/2021 e 180/2015 della Corte costituzionale). Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 321 cod.proc.pen., 240 e 452-quaterdecies, comma 5, cod.pen. Argomenta che la valutazione della natura di rifiuto del digestato nella sua interezza si rifletteva sulla sussistenza dei presupposti del sequestro disposto in sede di appello cautelare e che il Tribunale, con motivazione apparente, aveva ritenuto che il tutto il materiale trattato dalla Lucra96 srl doveva considerarsi rifiuto, anche per la determinazione del relativo profitto consistente nel risparmio di spesa derivante dall'omesso regolare smaltimento. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione alla sussistenza del fumus con riferimento all'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 452- quaterdecies cod.pen. Argomenta che il Tribunale aveva omesso di motivare in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato, non considerando che la presenza nel digestato di asserite impunità (plastica, metalli e vetro) avrebbe considerato un danno all'azienda perché riduceva la produzione di energia che successivamente avrebbe dovuto essere venduta. Con il quarto motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 240, 452 quaterdecies e 640-bis cod.pen. in ordine alla quantificazione del profitto del reato confiscabile in relazione ai reati contestati ai capi 1) e 2). Espone che e condotte contestate ai capi 1) e 2) consistevano nell'indebito arricchimento di incentivi (da qualificarsi erogazioni pubbliche a norma dell'art. 640-bis cod.pen.) erogati dal GSE poiché connessi alla vendita di energia, da considerarsi contraddistinta da artifizi e raggiri;la difesa con memoria ex art. 121 cod.pen. del 23.2.2022 aveva ampiamente articolato le proprie tesi in relazione al tema della quantificazione del profitto confiscabile in relazione ai predetti reati. Argomenta che il Tribunale, con motivazione frutto di erronea applicazione della legge penale nonchè contraddittoria e manifestamente illogica, aveva ritenuto la natura di reato contratto ed aveva, quindi, ritenuto confiscabile l'intero importo erogato dal GSE- quale conseguenza immediata e diretta delle condotte truffaldine poste in essere dagli indagati - senza procedere alla valutazione delle spese lecite eventualmente sostenute e dell'effettiva utilità eventualmente fruita dal danneggiato, con conseguente omessa motivazione su punti decisivi, evincibili dagli atti e dalle produzioni difensive;carente, contraddittoria e manifestamente illogica era la motivazione in ordine alla derivazione della natura di reato contratto dalla natura pubblica della controparte e dalla natura asseritamente non sinallagmatica del contratto stesso;il Tribunale, inoltre, aveva omesso la motivazione in relazione alla quantificazione del risparmio di spesa ed al conseguente ingiusto profitto di cui al capo 1), anch'esso oggetto di diffusa argomentazione nella memoria ex art. 121 cod.proc.pen. del 23.2.2022 e, in particolare, in relazione al criterio individuato dal Pm per tale quantificazione (media tra il prezzo di smaltimento del digestato liquido e quello del digestato solido). Con il quinto motivo deduce violazione dell'art. 125 cod.proc.pen. in relazione all'assenza di autonomia di giudizio con riferimento al provvedimento impugnato, lamentando che con riferimento al capo 2) dell'imputazione le ordinanze emesse dai singoli e diversi collegi giudicanti presentavano una sovrapponibilità dei testi, con palese carenza di autonomia di giudizio, con conseguente vizio motivazionale dell'ordinanza impugnata. Chiede, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
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