Cass. pen., sez. V, sentenza 19/05/2023, n. 21632
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: SANSON ETTI ROBERTO nato a TERAMO il 23/08/1982 avverso la sentenza del 24/05/2022 della CORTE APPELLO di L'AQUILAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere EDUARDO DE GREGORIO;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLA MBERARDINO che ha concluso chiedendo udito il difensore RITENUTO IN FATTO Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di L'Aquila, ha parzialmente riformato la pronunzia di primo grado nei confronti dell'imputato, di condannato alla pena giustizia per il reato di cui agli artt 624,625 nr 4 e 6 per il furto con destrezza di un cellulare al'interno di un esercizio commerciale ove si somministrano cibi o bevande. Fatto di Luglio 2017. 1.Avverso la decisione ha proposto ricorso l'imputato tramite difensore fiduciario articolando un solo motivo, col quale lamenta la errata applicazione di legge e la carenza di motivazione con riguardo alle ritenute circostanze aggravanti. Deduce la difesa che la Corte territoriale mal avrebbe giudicato integrata l'aggravante della destrezza, poiché l'imputato si era limitato ad approfittare dell'allontanamento della detentrice del telefono e ad impossesarsene, coprendolo con un giornale. Nessuna particolare abilità avrebbe caratterizzato la condotta tenuta dall'attuale ricorrente per eludere la sorveglianza del possessore, poiché l'oggetto rubato era rimasto incustodito, essendosi allontanata la detentrice. Analoghe censure sono svolte quanto al'aggravante ex art 625 nr 6 cp, ravvisabile solo se l'oggetto del furto è costituito da un bagaglio e la persona offesa si trova in viaggio. Con requisitoria scritta a norma dell'art. 83, comma 12-ter, decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, con la legge 24 aprile 2020, n. 27, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione ha concluso, previe verifiche sulla procedibilità con eventuale sospensione del giudizio ex art. 85 d.lgs. 150/2022, per l'annullamento della sentenza limitatamente all'aggravante di cui all'art. 625 n. 6 c.p., con rinvio per la definizione del trattamento sanzionatorio. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è fondato per entrambi i profili dedotti. 1.Deve ricordarsi che il tema della sussistenza dell'aggravante della destrezza nel delitto di furto - suscitato dal ricorrente - oggetto di un contrasto giurisprudenziale, è stato affrontato e definito dalla pronunzia delle Sez. U, che con la Sentenza n. 34090 del 27/04/2017 Ud. (dep. 12/07/2017)Rv. 270088, hanno stabilito che essa ricorre qualora l'agente abbia posto in essere, prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla "res", non essendo, invece, sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo. In senso conforme: Sez. 5, Sentenza n. 2296 del 10/11/2017 Ud. (dep. 19/01/2018) Rv. 272001. 1.1 Nella motivazione della pronunzia delle SU è stato - tra l'altro - constatato che la Suprema Corte, sin dai suoi arresti più risalenti, ha assegnato alla destrezza il significato di abilità o sveltezza personale nell'attività svolta dall'agente prima o durante l'impossessamento, talvolta definite particolari, speciali, straordinarie, ma comunque connotate dall'idoneità ad eludere la normale vigilanza sul bene dell'uomo medio. Le condotte nelle quali è stata ravvisata sono caratterizzate da repentinità, come nel comportamento chiamato per prassi borseggio, nel quale l'agente riesce con gesto rapido ed accorto a porre in essere tutte le cautele necessarie per evitare che la persona offesa si renda conto dell'asportazione in atto dalla sua persona o dai suoi accessori (Sez. 2, n. 946 del 16/04/1969, R, Rv. 112022;Sez. 2, n. 6728 del 17/03/1975, Principessa, Rv. 130813). La circostanza aggravante in parola è stata ritenuta integrata anche quando la modalità esecutiva sia astuta, avveduta e circospetta, e quindi, presenti un connotato più psicologico che fisico, sempre che sia in grado in astratto di superare il controllo e la vigilanza esercitata dalla persona offesa (Sez. 2, n. 6027 del 23/01/1974, C, Rv. 127987). Nella riflessione esegetica sviluppatasi dai citati arresti la destrezza ha, dunque, perduto la connotazione puramente fisica per assumere una dimensione psicologica, che pone al servizio dell'attività criminosa doti di avvedutezza, accortezza, attenzione ed astuzia capaci, con ancor maggiore insidiosità, di sorprendere la vigilanza sul bene, di regola esercitata dal possessore.
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