Cass. civ., sez. II, sentenza 20/06/2005, n. 13226

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In tema di deliberazione della sentenza nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, i due modelli alternativi di decisione, secondo lo schema della trattazione mista ovvero secondo quello della trattazione completamente scritta (i quali si differenziano perché nel primo, dopo lo scambio delle comparse conclusionali, non è previsto il deposito delle memorie di replica, ma, su richiesta di una delle parti, è possibile la fissazione di un'udienza per la discussione della causa), sono operanti anche nel giudizio di secondo grado avverso una sentenza del giudice di pace, con l'osservanza del maggior termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e della sentenza. L'eventuale adozione d'ufficio della trattazione mista, non essendo suscettibile di ledere il principio del contraddittorio o il diritto di difesa, in quanto i due modelli sotto tali profili sono ritenuti del tutto equipollenti dal legislatore, si risolve in una irregolarità, in nessun modo sanzionata dall'ordinamento. (Nella specie la Corte Cass. ha ritenuto immune da vizi la sentenza pronunziata dal tribunale che, in sede di appello, aveva disposto, oltre al deposito delle memorie di replica alle comparse conclusionali, anche l'udienza di discussione, così ampliando, e non riducendo, le opportunità difensive delle parti).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 20/06/2005, n. 13226
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13226
Data del deposito : 20 giugno 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente -
Dott. O M - Consigliere -
Dott. B S - Consigliere -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. G U - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto l'1 luglio 2002 da:
F M - rappresentata e difesa in virtù di procura a margine del ricorso dall'avv. T V del foro di Napoli ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Ubaldo degli Ubaldi, n. 71, presso l'avv. M M;



- ricorrente -


contro
Condominio "Residence l'Abetaia" - in persona dell'amministratore pro tempore - elettivamente domiciliato in Sulmona, al corso Ovidio, 31, presso l'avv. S L;



- intimato -


avverso la sentenza del Tribunale di Sulmona n. 119 del 4 marzo 2002 - notificata il 6 maggio 2002;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28 aprile 2005 dal Consigliere, Dott. M O;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. U F, che ha concluso per raccoglimento del primo motivo di ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Giudice di pace di Sulmona con sentenza del 22 luglio 1997 accolse l'opposizione proposta da M F avverso il decreto del 27 gennaio 1997, con il quale le aveva ingiunto il pagamento di L.

4.023.310 in favore del condominio Residence l'Abetaia di Campo di Giove per oneri condominiali relativi agli esercizi dal 1994/95 al 1996/97 e, nella contumacia dell'opposto, revocò il decreto, condannando il condominio alle spese del giudizio.
La decisione, appellata dal condominio, venne parzialmente riformata il 4 marzo 2002 dal Tribunale di Sulmona, che, previa consulenza tecnica d'ufficio, condannò la Ferrara a corrispondere all'opposto la somma di L. 2.607.000, oltre interessi legali dal 21 gennaio 1997, ed al rimborso dei due terzi delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
La Ferrara è ricorsa con due motivi per la cassazione della sentenza, depositando successiva memoria, e l'intimato condominio non ha resistito in giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente, denunciando la nullità del procedimento e della sentenza in riferimento agli artt. 352 e 190, c.p.c., ed agli artt. 57 e 24, l. 26 novembre 353, lamenta, con il primo motivo, la violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, atteso che il Tribunale, dopo la precisazione delle conclusioni nell'udienza del 16 maggio 2001, aveva trattenuto la causa in decisione all'udienza di discussione del 16 gennaio 2002, e depositato la sentenza il successivo 4 marzo 2002, senza concedere alle parte i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Il motivo è infondato.
L'art. 281 quinquies, c.p.c., introdotto dal D. LG. n. 51/98, prevede due modelli di decisione davanti al tribunale in composizione monocratica (al quale si aggiunge quello esclusivamente orale consentito dal successivo art. 281-sexties), l'uno secondo lo schema della trattazione completamente scritta, comportante lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ed il deposito della sentenza entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie, e, l'altro, secondo lo schema della trattazione mista, il quale prevede, su richiesta di una delle parti, lo scambio delle sole comparse conclusionali, la fissazione di un'udienza per la discussione della causa ed il deposito della sentenza entro i trenta giorni successivi a tale udienza. La duplicità dei modelli è operante, in virtù del disposto dell'art. 352, c.p.c., anche nella decisione da parte del tribunale in composizione monocratica delle cause d'appello, e, conseguentemente, anche nel giudizio di secondo grado avverso una sentenza del giudice di pace è consentito l'alternativo l'utilizzo dello schema della trattazione esclusivamente scritta o di quello della trattazione mista, fatta salva l'osservanza dei maggiori termini di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e della sentenza.
Sebbene per motivi di coerenza con la riforma procedimentale introdotto dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, sia stata escluso la possibilità di disporre d'ufficio la trattazione mista, è di chiara evidenza che la sua adozione, anche se non richiesta da una delle parti, non è suscettibile di ledere il principio del contraddittorio od il diritto di difesa, trattandosi di un modello discrezionalmente ritenuto dal legislatore sotto tali profili del tutto equipollente alla trattazione scritta, ma si risolve in una irregolarità che non trova alcuna sanzione nell'ordinamento.
Ciò posto, va osservato, in punto di fatto, che, come sottolineato dalla medesima ricorrente, le parti avevano precisato le rispettive conclusioni nell'udienza del 15 maggio 2001 e la causa era stata rinviata d'ufficio per la sola discussione al 16 gennaio 2002. La pronuncia della sentenza in data 17 gennaio 2002, dopo che dall'udienza di precisazione delle conclusioni erano decorsi i termini perentori, previsti dall'art. 190, 1, co., c.p.c., di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di ulteriori venti giorni per il deposito delle memorie di replica, nessuna interferenza ha avuto, dunque, sul compiuto svolgimento delle attività difensive, se si abbia riguardo al modello di trattazione scritta, e l'ulteriore possibilità concessa alle parti di discutere la causa, mutuata dal modello di trattazione mista, lungi da avere mortificato il contraddittorio o limitato il diritto di difesa, si è invece risolto in una ulteriore opportunità loro concessa di illustrare anche verbalmente le proprie ragioni. Con il secondo motivo, deducendo della violazione degli artt. 1965 e 2697, c.c., la ricorrente si duole della pedissequa accettazione delle conclusioni del c.t.u., benché il condominio non avesse soddisfatto l'onere di dimostrare, che, nonostante il suo mancato possesso di una cambiale da L. 6.000.000, rilasciata insieme ad altre a transazione delle pretese per oneri condominiali relative ad anni precedenti, ella era rimasta debitrice di una parte della relativa valuta ed a questa andavano imputati alcuni dei suoi successivi versamenti. Il motivo è inammissibile.
Il giudice di secondo grado, dopo avere dato atto
dell'ineccepibilità. dei criteri logico-scientifici utilizzati dal c.t.u, per ricostruire i rapporti di dare ed avere tra il condominio e l'opponente, ne ha condiviso integralmente le conclusioni, specificando, relativamente ai versamenti riferiti dalla debitrice al conguaglio dell'esercizio 1994/95, che tale imputazione era stata legittimamente fatta dal creditore agli esercizi precedenti, non avendo la condomina adempiuto, limitatamente a L. 2.607.000, alla transazione con la quale aveva definito i debiti pregressi. Nessun accenno vi è nella sentenza al possesso della cambiale da parte dell'opponente od alla contestazione da parte di quest'ultima del mancato pagamento della stessa, ma viene posto in risalto, invece, come il permanere di un debito per oneri anteriori al conguaglio dell'esercizio 1994/95, che non avrebbe dovuto sussistere in caso di completo adempimento alla transazione, trovava riscontro in un versamento di L.

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