Cass. civ., sez. V trib., sentenza 14/09/2021, n. 24652

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In relazione al provvedimento di diniego della domanda di adesione alla definizione agevolata delle controversie tributarie, in mancanza di una sanzione espressa di nullità, opera la presunzione generale di riferibilità dell'atto all'organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato, con la conseguenza che è irrilevante sia la distinzione tra mera "delega di firma" e "delega di funzioni", sia il richiamo, in relazione a quest'ultima, all'art. 17, comma 1-bis, d.lgs. n. 165 del 2001.

In tema di definizione agevolata delle controversie tributarie ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018, conv., con modif., in l. n. 136 del 2018, l'impugnazione del provvedimento di diniego della relativa domanda di adesione – proponibile innanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la lite fiscale – ha natura meramente incidentale, innestandosi in un processo già iniziato quale causa potenzialmente idonea a determinare la cessazione della materia del contendere, sicché la parte già costituita nella causa principale è legittimata al deposito di memorie ex art. 378 c.p.c., considerato, peraltro, che la S.C. nella suddetta fase incidentale è giudice del merito.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 14/09/2021, n. 24652
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24652
Data del deposito : 14 settembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo



1. L'Agenzia delle entrate notificò a G.G., amministratore unico della O. s.r.l., avviso di accertamento, per l'anno d'imposta 1998, ai fini del recupero a tassazione di IRPEG e IRAP. A seguito di iscrizione a ruolo delle somme portate dall'atto impositivo, notificò anche cartella di pagamento, che venne impugnata dal contribuente che contestò di non poter essere destinatario della pretesa fiscale concernente la società, e, con riferimento alle sanzioni irrogate, di avere ricoperto l'incarico di amministratore unico soltanto dal 30 novembre 1998 al 15 aprile 1999, senza sottoscrivere dichiarazioni di natura fiscale.



2. La Commissione tributaria provinciale di Alessandria respinse il ricorso sul rilievo che l'atto avrebbe potuto essere oggetto di censura solo per vizi propri, stante la intervenuta definitività dell'avviso presupposto, non impugnato nei termini di legge.



3. Ricevuta intimazione di pagamento dal Concessionario, il contribuente presentò istanza di autotutela, con la quale ribadì la sua estraneità alle riprese fiscali, e, non avendo ricevuto risposta, notificò atto di diffida;
con nota prot. 2008/13616 del 31 luglio 2008, l'Agenzia delle entrate, nel sottolineare la discrezionalità dell'Amministrazione nel rispondere per iscritto all'istanza di autotutela afferente atto ormai inoppugnabile, comunicò provvedimento di diniego di autotutela.

Avverso la suddetta comunicazione il G., che negava di avere ricevuto la notifica dell'avviso di accertamento, propose ricorso, sottolineando quale unico limite all'intervento in autotutela l'esistenza di un giudicato sostanziale.



4. La Commissione tributaria provinciale, con sentenza n. 72/05/2009 accolse il ricorso, rilevando che l'atto impugnato rientrava nel novero di quelli ricorribili ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e che l'unico limite all'esercizio del potere di autotutela era costituito dal giudicato sostanziale.

In esito all'appello proposto dall'Ufficio finanziario, la Commissione tributaria regionale, con la sentenza in epigrafe richiamata, confermò la sentenza impugnata, ritenendo, alla luce dei limiti posti dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 7388 del 2007, che nel caso di atti ormai definitivi per mancata impugnazione potessero essere oggetto di autotutela solo quelli connotati da infondatezza, ossia viziati sotto il profilo sostanziale in ordine ai presupposti dell'imposizione. Precisato, altresì, che il giudice poteva sindacare l'atto impositivo investito della relativa istanza di autotutela, affermò che la pretesa avanzata con l'avviso di accertamento era infondata, dato che per il pagamento dell'imposta ritenuta evasa rimaneva unica responsabile la società, mentre per le sanzioni applicate difettava la prova che il contribuente avesse compiuto atti illegittimi, come prescritto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, comma 2.



5. Contro la decisione d'appello ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate, con due motivi, cui ha resistito G.G. mediante controricorso.



6. In data 27 marzo 2019 G.G. ha presentato domanda di definizione agevolata della controversia tributaria pendente, a norma del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6 convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, provvedendo al versamento della prima rata e avanzando istanza di sospensione del processo ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 10.

In prossimità dell'udienza pubblica fissata per il 16 novembre 2018, il contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. e il Collegio, con ordinanza resa in pari data, ha disposto la sospensione del giudizio.



7. L'Agenzia delle entrate, in data 22 maggio 2020, ha notificato provvedimento di diniego della definizione agevolata della controversia tributaria, motivando che "dell'art. 6, il comma 1 prescrive che la definizione agevolata attiene alle controversie pendenti "aventi ad oggetto atti impositivi", vale a dire avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione di sanzioni, atti di recupero dei crediti d'imposta indebitamente utilizzati e ogni altro atto di imposizione che rechi una pretesa tributaria quantificata. Ne deriva che restano escluse dalla definizione le liti avverso gli atti diversi da quelli precedentemente indicati, tra cui quello oggetto di causa, ovvero il diniego espresso all'istanza di autotutela, in quanto non costituisce atto impositivo nè reca una pretesa determinata".



8. Avverso il provvedimento di diniego G.G. ha proposto ricorso in unico grado dinanzi a questa Corte, ritualmente notificato all'Agenzia delle entrate in data 29 giugno 2020, affidato a due motivi.

In data 26 maggio 2021 il contribuente ha depositato in cancelleria memoria ex art. 378 c.p.c. ed in data 31 maggio 2021 l'Agenzia delle entrate ha depositato sul Desk del Magistrato memoria ex art. 378 c.p.c., allegando la disposizione di servizio n. 23/2020 del Direttore Provinciale di Alessandria.

In data 3 giugno 2021 il contribuente ha depositato una seconda memoria ex art. 378 c.p.c. sul Desk del Magistrato in replica alla memoria depositata dall'Agenzia delle entrate.

Motivi della decisione



1. Con il primo motivo del ricorso principale la difesa erariale denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2, 7 e 19 e del D.P.R. n. 287 del 1982, art. 68, del D.M. Ministero Finanze 11 febbraio 1987, n. 37 e dei principi generali in materia di autotutela, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Premesso che dalla decisione impugnata si evince che l'avviso di accertamento investito dalla istanza di autotutela è divenuto definitivo e che con sentenza del 17 marzo 2005, non impugnata, è stato rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso la cartella esattoriale, emessa per le somme portate dall'avviso, l'Agenzia delle entrate sostiene, diversamente da quanto affermato dalla C.T.R., che il giudice, in caso di atto impositivo divenuto definitivo, non possa sindacare il diniego dell'esercizio di autotutela valutando anche la fondatezza della pretesa portata dall'avviso di accertamento, posto che il sindacato del diniego di autotutela attiene solo al corretto esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione e non può invece riguardare l'atto investito dalla richiesta di autotutela.

Sottolinea che fa eccezione a tale regola il caso in cui l'Erario abbia fondato il diniego di autotutela sulla esaminata e ribadita fondatezza della pretesa consacrata e cristallizzata nell'atto di accertamento interessato dall'istanza di autotutela, ipotesi non ricorrente nel caso di specie.



2. Con il secondo motivo del ricorso principale censura la decisione gravata per motivazione omessa o insufficiente su fatto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Trascrivendo il contenuto della nota del 31 luglio 2008 con la quale è stata negata l'istanza di autotutela, evidenzia che l'atto non esamina e non ribadisce la fondatezza della pretesa e che di tale fatto decisivo la C.T.R. non ha tenuto conto.



3. Con il primo motivo del ricorso avverso il provvedimento di diniego di definizione agevolata, il contribuente deduce la nullità e/o inesistenza giuridica del diniego per difetto di valida sottoscrizione e mancata allegazione della relativa delega.

Osserva che l'atto impugnato risulta sottoscritto dal funzionario Dott. B.F., su delega del Direttore provinciale A.G., e che la delega in oggetto avrebbe potuto essere emessa ed utilizzata solo in osservanza al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 17, comma 1-bis secondo il quale ad esercitare la funzione impositiva deve essere il Dirigente/Direttore, titolare dell'Ufficio, il quale, solo in via eccezionale, può delegare tale funzione a "dipendenti" di elevate funzioni e solo per "specifiche comprovate ragioni di servizio".

Ad avviso del ricorrente, nel caso di specie, la delega, non allegata, è illegittima in quanto non risulta rilasciata "per specifiche e comprovate ragioni di servizio" e si limita ad individuare le funzioni ed il nominativo del soggetto delegato.



4. Con il secondo motivo del ricorso si deduce l'illegittimità del "diniego di definizione" per violazione del D.L. n. 119 del 2018, art. 6 in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Ad avviso del ricorrente il citato art. 6 non consente di escludere la possibilità di definire "il diniego di autotutela" impugnato, dal momento che gli unici atti che il legislatore ha inteso non ricomprendere tra quelli definibili sono: a) quelli le cui liti non appartengono alla giurisdizione tributaria;
b) quelli emessi da enti diversi dall'Agenzia delle entrate;
c) quelli elencati nel medesimo art. 6, comma 5 relativi alla "risorse proprie" dell'UE, all'I.V.A. riscossa all'importazione ed alle somme riscosse a titolo di "aiuti di stato".

Soggiunge che, come risulta dalla relazione illustrativa al D.L. n. 119 del 2018, gli atti non aventi contenuto "impositivo", esclusi dalla definizione, sono solo quelli di "mera riscossione", con la conseguenza che deve considerarsi "atto impositivo", al fine della sua definizione ai sensi del richiamato art. 6, qualsiasi atto dell'Agenzia delle entrate attraverso il quale, indipendentemente dalla sua denominazione, la stessa Amministrazione vanti e manifesti nei confronti del contribuente una pretesa tributaria definita. Il diniego di autotutela riveste contenuto impositivo, in quanto attraverso di esso l'Ufficio ribadisce la legittimità della pretesa impositiva precedentemente fatta valere con l'avviso di accertamento, sul presupposto che tale pretesa si sia ormai consolidata per mancata tempestiva contestazione.

Inoltre, prosegue il ricorrente, la circolare n. 6 del 2019 individua quali atti non definibili, in quanto non costituenti atti impositivi, solo i dinieghi espressi o taciti di rimborso, gli atti che non contengono una pretesa tributaria quantificata (quali i dinieghi di agevolazione, i provvedimenti di attribuzione della rendita catastale, o i provvedimenti di cancellazione

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