Cass. pen., sez. I, sentenza 02/03/2023, n. 09008

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 02/03/2023, n. 09008
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09008
Data del deposito : 2 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: G B nato a MAZARA DEL VALLO (ITALIA) il 30/06/1961 avverso il decreto del 21/01/2022 della CORTE APPELLO di PALERMOudita la relazione svolta dal Consigliere M E M;
lette le conclusioni del PG PASQUALE SERRAO D'AQUINO il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 28.1.2021, il Tribunale di Trapani, sezione misure di prevenzione, aveva disposto l'aggravamento della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, emessa nel 2009 nei confronti di B G, prolungandone la durata fino a cinque anni. Tale decisione trovava fondamento, oltre che sulla considerazione delle condanne riportate dal proposto per reati contro il patrimonio e in materia di armi, alcuni dei quali commessi mentre era in carcere in espiazione della pena di 11 anni di reclusione, anche sulla misura cautelare in carcere, disposta in data 10.5.2018, per il reato di cui all'art. 416-bis cod. pen. Ciò, ad avviso del Tribunale, attestava il mutamento in senso peggiorativo della già accertata pericolosità sociale del G e dunque la sussistenza delle condizioni per aggravare la misura di prevenzione originariamente disposta.

1.1. La difesa ha proposto appello avverso tale decisione rilevando come, con decreto n. 18/2018 del 28.2.2019, il Tribunale di Trapani, sezione misure di prevenzione, aveva disposto procedersi all'esecuzione della misura di prevenzione disposta nel 2009 ritenendo attuale la pericolosità sociale del G anche alla luce dei più recenti reati associativi oggetto dell'ordinanza cautelare del 10.5.2018. Secondo la difesa tali fatti, già considerati nel richiamato decreto del 2019, non avrebbero potuto essere rivalutati anche ai fini dell'accertamento della maggior pericolosità del G, incorrendo altrimenti nel divieto del ne bis in idem.

1.3. La Corte d'appello di Palermo ha rigettato l'impugnazione sul rilievo della diversa natura dei due provvedimenti di cui il G era destinatario. In particolare, ha ritenuto che il decreto del 28.2.2019 era stato emesso nell'ambito del procedimento di cui all'art. 14, comma 2-ter, d.lgs. n. 159 del 2011, a seguito della intervenuta scarcerazione per espiazione della pena e aveva ad oggetto soltanto la rivalutazione della pericolosità sociale del proposto e della sua attualità dopo il lungo periodo di detenzione, sicché i fatti associativi oggetto dell'ordinanza cautelare del 10.5.2018 erano valutati nell'ottica dell'accertamento della persistente necessità di dare corso all'esecuzione della misura già disposta, ma sospesa per la detenzione del proposto. Il decreto impugnato, invece, si inserisce nell'ambito del procedimento di cui all'art. 11, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, che regola i casi in cui si verifichino eventi successivi a quelli posti a fondamento del giudizio di pericolosità sociale e in grado di giustificare la revoca della misura di prevenzione per sopravvenuta inattualità, la sua modifica migliorativa ovvero - come nella specie - peggiorativa. Nel caso in esame, il reato associativo in relazione al quale era stata emessa la misura cautelare era stato considerato dal Tribunale al ben diverso fine di modificare, in senso peggiorativo, i contenuti della misura in corso di esecuzione. Ad avviso della Corte territoriale, inoltre, l'aggravamento della misura era giustificato dal fatto che le condotte di associazione mafiosa, poste in essere dal proposto successivamente alla sua scarcerazione per espiazione pena, attestavano una attuale ed anzi maggiore pericolosità sociale. In mancanza di concrete obiezioni da parte della difesa sul punto, la Corte d'appello ha confermato l'aggravamento della misura anche in ordine alla sua durata.

2. Avverso tale provvedimento il G, a mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura.
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