Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 19/05/2020, n. 15337

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 19/05/2020, n. 15337
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15337
Data del deposito : 19 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GRANDE ARACRI DOMENICO nato a CUTRO il 02/12/1965 avverso l'ordinanza del 16/05/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNAudita la relazione svolta dal Consigliere D D;
lette le conclusioni del PG EA-U. Cj-,k:e/) e

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Bologna ha rigettato la domanda di riparazione proposta da G A D per l'ingiusta detenzione sofferta a seguito di misura cautelare in carcere disposta per il delitto di cui agli artt. 110, 112, comma 1, n. 1, 648 cod. pen.;
2 e 4 I. n. 895/67 e 7 d.l. n. 152/91 (capo 124 dell'ordinanza cautelare emessa nei confronti di 116 indagati), inerente la detenzione ed il porto, in concorso con altri, di un detonatore da guerra per l'attivazione di esplosivo "C4".

2. L'ordinanza era eseguita il 28/1/2015 e la misura coercitiva perdurava fino al 20/2/2015, data in cui il Tribunale di Bologna, investito del riesame proposto dalla difesa, annullava l'ordinanza cautelare nei confronti del G A per carenza di gravità indiziaria. Il 22/4/2016, il Gup presso il Tribunale di Bologna lo assolveva ai sensi dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen. per non aver commesso il fatto.

3. Avverso la prefata ordinanza di rigetto hanno proposto ricorso i difensori dell'istante deducendo, con unico motivo, violazione dell'art. 314, comma 1, cod. proc. pen., nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione. Il diniego dell'indennizzo per la riparazione dell'ingiusta detenzione sembra atteggiarsi come una sorta di sanzione nei confronti del ricorrente. La Corte di appello non avrebbe individuato le condotte che sarebbero state sinergiche all'emissione dell'ordinanza cautelare. Questa sarebbe anche illogica, atteso che è la stessa ordinanza a ritenere che gli ampi stralci della sentenza assolutoria, che pure riporta, non sarebbero decisivi ai fini della responsabilità penale.

4. In data 30/12/2019, l'Avvocatura Generale dello Stato, per conto del Ministero dell'Economia e delle Finanze, ha depositato in cancelleria una memoria con cui chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile ovvero, in subordine, che sia rigettato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché generico.

2. Le censure mosse dal ricorrente si risolvono, infatti, in mere petizioni di principio, del tutto avulse dal raffronto con l'apparato argomentativo dell'ordinanza. Come è noto, i motivi dell'impugnazione debbono, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento impugnato. In difetto di tale confronto, come nel caso in esame, il ricorso è inammissibile.

3. Ciò detto, occorre premettere che il sindacato di legittimità, è limitato alla correttezza del ragionamento logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l'ottenimento del beneficio, mentre resta nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il proprio convincimento, la valutazione sull'esistenza e la gravità della colpa o del dolo (Sez. 4, n. 21896 del 11/4/2012, H S, Rv. 253325). Dovendosi tener conto del fatto che va tenuta distinta l'operazione logica propria del giudice del processo penale, volta all'accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte dell'imputato, da quella propria del giudice della riparazione. Questi, pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un iter logico- motivazionale del tutto autonomo, perché è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si siano poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell'altrui errore) alla produzione dell'evento "detenzione";
e, in relazione a tale aspetto della decisione, egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell'azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l'eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione [in tal senso, espressamente, Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 (dep. 1996) S ed altri;
più di recente, ex multis, Sez. 4, n. 3359 del 22/9/2016 (dep. 2017) L F, Rv. 268952].
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