Cass. pen., sez. I, sentenza 15/07/2020, n. 20977
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: A J nato a FIRENZE il 13/10/1969 avverso l'ordinanza del 13/06/2019 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZEudita la relazione svolta dal Consigliere M B;
lette le conclusioni del PG dott. F M che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con istanza depositata in data 14.3.2016 A J, tramite il difensore di fiducia, premesso di essere stato condannato con sentenza pronunciata in data 27.5.2011 dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Pistoia, irrevocabile dal 26.1.2016, alla pena di anni due e mesi due di reclusione e di essere residente in Spagna, dove svolgeva attività imprenditoriale, aveva chiesto al pubblico ministero incaricato dell'esecuzione di essere ammesso alla esecuzione della pena all'estero.
2. Con ordinanza depositata in data 19.6.2019 il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha dichiarato la inammissibilità della richiesta, presentata da A J, di ammissione alla detenzione domiciliare, mentre ha respinto l'ulteriore richiesta di ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale. Le istanze erano state presentate al Tribunale centrale penale di Madrid nell'ambito della procedura instaurata, a seguito dell'originaria istanza dell'A, per l'esecuzione della pena in Spagna. Il Tribunale di sorveglianza ha osservato che la misura della pena da scontare era ostativa alla concessione della detenzione domiciliare, la cui istanza era quindi inammissibile. La richiesta di affidamento al servizio sociale non poteva essere accolta risultando il condannato residente all'estero, dove effettivamente si trovava. Il giudice ha richiamato l'orientamento secondo il quale la misura richiesta è compatibile solo con la presenza e lo svolgimento della stessa nel territorio nazionale, ambito territoriale oltre il quale non può svolgersi la necessaria opera dell'Ufficio esecuzione penale esterna.
3. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di A J chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Con il primo motivo viene denunciata violazione di legge, in quanto, da una parte, l'ordinamento non stabilisce alcun divieto allo svolgimento di una misura alternativa al di fuori dal territorio nazionale e, dall'altra, l'autorità giudiziaria spagnola aveva manifestato consenso alla esecuzione della misura alternativa in Spagna. Con il secondo motivo viene denunciato difetto di motivazione in ordine al rigetto della richiesta della difesa di differimento dell'udienza, in modo da consentire al condannato il rientro in Italia.
4. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e va perciò disposto annullamento, con rinvio, dell'ordinanza impugnata.
1. La decisione impugnata ha motivato il rigetto della istanza di ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale sul rilievo che tale misura deve necessariamente svolgersi sul territorio nazionale, dove il condannato non ha residenza e dove non aveva nemmeno indicato un domicilio per lo svolgimento della misura. Si tratta di principio costantemente affermato dalla giurisprudenza, anche in tempi recenti (Sez. 7, 6.4.2018, n. 3026/19;
7, 13.12.2018, n. 40079/2019;
1, 22.2.2019, n. 28809;
7, 14.3.2019, n. 26831;
7, 9.5.2019, n. 43316;
7, 23.5.2019, n. 32101;
1, 12.12.2019, n. 13420/20), e fondato sul rilievo che l'esecuzione della misura comporta una serie di attività da parte dell'Ufficio esecuzione penale esterna evidentemente non attuabili ove il condannato si trovi in uno Stato estero. Il Collegio, innanzitutto, rileva che tale argomento giustifica il ricordato principio e quindi rende ragionevole la disparità di trattamento, che ne consegue, tra condannati residenti in Italia e all'estero (Corte costituzionale n.146/2001). Peraltro, si tratta di principio che, con riferimento ai casi in cui il condannato sia residente in uno Stato dell'Unione Europea, deve essere rivisto a fronte delle innovazioni normative intervenute in tale ambito negli ultimi anni, come la giurisprudenza ha già
lette le conclusioni del PG dott. F M che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con istanza depositata in data 14.3.2016 A J, tramite il difensore di fiducia, premesso di essere stato condannato con sentenza pronunciata in data 27.5.2011 dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Pistoia, irrevocabile dal 26.1.2016, alla pena di anni due e mesi due di reclusione e di essere residente in Spagna, dove svolgeva attività imprenditoriale, aveva chiesto al pubblico ministero incaricato dell'esecuzione di essere ammesso alla esecuzione della pena all'estero.
2. Con ordinanza depositata in data 19.6.2019 il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha dichiarato la inammissibilità della richiesta, presentata da A J, di ammissione alla detenzione domiciliare, mentre ha respinto l'ulteriore richiesta di ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale. Le istanze erano state presentate al Tribunale centrale penale di Madrid nell'ambito della procedura instaurata, a seguito dell'originaria istanza dell'A, per l'esecuzione della pena in Spagna. Il Tribunale di sorveglianza ha osservato che la misura della pena da scontare era ostativa alla concessione della detenzione domiciliare, la cui istanza era quindi inammissibile. La richiesta di affidamento al servizio sociale non poteva essere accolta risultando il condannato residente all'estero, dove effettivamente si trovava. Il giudice ha richiamato l'orientamento secondo il quale la misura richiesta è compatibile solo con la presenza e lo svolgimento della stessa nel territorio nazionale, ambito territoriale oltre il quale non può svolgersi la necessaria opera dell'Ufficio esecuzione penale esterna.
3. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di A J chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Con il primo motivo viene denunciata violazione di legge, in quanto, da una parte, l'ordinamento non stabilisce alcun divieto allo svolgimento di una misura alternativa al di fuori dal territorio nazionale e, dall'altra, l'autorità giudiziaria spagnola aveva manifestato consenso alla esecuzione della misura alternativa in Spagna. Con il secondo motivo viene denunciato difetto di motivazione in ordine al rigetto della richiesta della difesa di differimento dell'udienza, in modo da consentire al condannato il rientro in Italia.
4. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e va perciò disposto annullamento, con rinvio, dell'ordinanza impugnata.
1. La decisione impugnata ha motivato il rigetto della istanza di ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale sul rilievo che tale misura deve necessariamente svolgersi sul territorio nazionale, dove il condannato non ha residenza e dove non aveva nemmeno indicato un domicilio per lo svolgimento della misura. Si tratta di principio costantemente affermato dalla giurisprudenza, anche in tempi recenti (Sez. 7, 6.4.2018, n. 3026/19;
7, 13.12.2018, n. 40079/2019;
1, 22.2.2019, n. 28809;
7, 14.3.2019, n. 26831;
7, 9.5.2019, n. 43316;
7, 23.5.2019, n. 32101;
1, 12.12.2019, n. 13420/20), e fondato sul rilievo che l'esecuzione della misura comporta una serie di attività da parte dell'Ufficio esecuzione penale esterna evidentemente non attuabili ove il condannato si trovi in uno Stato estero. Il Collegio, innanzitutto, rileva che tale argomento giustifica il ricordato principio e quindi rende ragionevole la disparità di trattamento, che ne consegue, tra condannati residenti in Italia e all'estero (Corte costituzionale n.146/2001). Peraltro, si tratta di principio che, con riferimento ai casi in cui il condannato sia residente in uno Stato dell'Unione Europea, deve essere rivisto a fronte delle innovazioni normative intervenute in tale ambito negli ultimi anni, come la giurisprudenza ha già
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