Cass. civ., sez. III, sentenza 22/07/2005, n. 15422

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Ove una determinata questione giuridica - che implichi un accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa. (Nella specie, parte convenuta aveva sollevato, nel giudizio di primo grado, eccezione di prescrizione, non riproposta davanti al giudice di appello e da quest'ultimo ritenuta abbandonata).

Con riferimento all'eccezione di domanda nuova sollevata nel regime processuale anteriore all'entrata in vigore della legge n. 353 del 1990, è incensurabile la sentenza di merito che abbia ritenuto costituire mera precisazione, o comunque ammissibile "emendatio", e non già una non consentita "mutatio libelli", la indicazione del libretto bancario di cui si chiedeva la restituzione, come "quello di cui alla lettera allegata all'atto di citazione come documento 1", così correggendo l'identificazione nominale e della banca depositaria contenuta nel medesimo atto introduttivo, essendo rimasti immutati il bene della vita richiesto e i fatti posti a base della domanda.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 22/07/2005, n. 15422
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15422
Data del deposito : 22 luglio 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S F - Presidente -
Dott. P I - Consigliere -
Dott. P G B - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. V R - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

S
sul ricorso proposto da:
B M, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA POMPEO MAGNO

3, presso lo studio dell'avvocato G S, rappresentato e difeso dall'avvocato M F, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
B M &
L SNC, in liquidazione in persona del liquidatore Dott.ssa M F, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA E GIANTURCO

5, presso lo studio degli Avvocati C S E C G che unitamente all'Avvocato A F rappresentato e difeso dagli avvocati A F, C G, C S, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 1369/01 della Corte d'Appello di FIRENZE, SEZIONE SECONDA CIVILE emessa il 12/06/2001, depositata il 09/08/01;

RG. 1336/97;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/05/05 dal Consigliere Dott. R V;

udito l'Avvocato R V (per delega Avv. Sandro Carboni);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA

Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società B M. e L. di B Mauro e C. s.n.c., in persona della socia ed amministratrice M L L, conveniva in giudizio Mauro B assumendo che nel patrimonio sociale era ricompreso un libretto al portatore, aperto presso un istituto bancario di Follonica, contenente, al 16.5.1989, la somma complessiva di L. 29.000.000;
e che tale libretto era trattenuto da tempo da Mauro B, altro socio della società attrice che, pretestuosamente, giustificava il suo illegittimo comportamento affermandosi creditore della società stessa della somma di L. 33.163.217, credito, peraltro, non risultante dalla contabilità sociale.
Chiedeva, pertanto, al fine di tutelare la società rappresentata, la condanna del B "a restituire alla società attrice il libretto 'MN n. 10293/82', depositato presso la Cassa di Risparmio di Firenze, filiale di Follonica", nonché al pagamento di una somma, da determinarsi in corso di causa, "pari quantomeno all'applicazione del 'prime rate A.B.I.' al capitale di lire 29.000.000 portato dal libretto restituendo, a titolo di risarcimento danni per l'uso illegittimo".
Si costituiva il convenuto assumendo di essere anch'egli, come da atto costitutivo della società, socio ed amministratore della stessa;
che, ai sensi dell'atto costitutivo, per gli atti di straordinaria amministrazione occorreva la firma congiunta di entrambi gli amministratori, ed il giudizio nei suoi confronti proposto rappresentava un atto di straordinaria amministrazione;
che, pertanto, difettava la legittimazione in capo all'attrice;
che la procura alle liti non era valida, non essendo nella stessa indicata la qualità della Larini. Nel merito sosteneva che mancava la prova della titolarità in capo alla società attrice del libretto al portatore indicato nell'atto introduttivo del giudizio;
che, infatti, il libretto al portatore "M.N. n. 10293/82" non era di proprietà della società, ed era in possesso di M L L, come risultava da altro giudizio pendente fra le stesse parti. Concludeva per il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettava la domanda.
Avverso la sentenza proponeva appello la società B M. &
L. s.n.c., sempre in persona di M L L, ribadendo che nella lettera 16.5.1989 il B aveva confessato la detenzione di un libretto bancario di proprietà della società contenente, a tale data, la somma di L. 29.000.000, e che, dei pretesi crediti nei confronti della società, da opporre in compensazione, avrebbe dovuto dare prova il B stesso secondo i normali canoni probatori. Chiedeva, pertanto, la riforma della sentenza impugnata. Il B, viceversa, chiedeva il rigetto della proposta impugnazione.
La Corte d'Appello, con sentenza n. 1369 in data 9.8. 2001, in totale riforma della sentenza impugnata, condannava Mauro B alla restituzione, in favore della B M. &
L. s.n.c., del libretto bancario al portatore portante alla data del 16.5.1989, la somma di lire 29.000.000, oltre interessi.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione Mauro B affidandosi a dieci motivi.
Resiste con controricorso la società B M. &
L. s.n.c. in liquidazione, in persona del liquidatore.
Il ricorrente ha anche presentato memoria difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la "Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell'art. 360, n. 3 c.p.c., ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della
controversia ai sensi dell'art. 360, n. 5 c.p.c., in relazione agli articoli 2260, 2266, 2293 e 2298 del codice civile". Rileva a tal fine l'erroneità della sentenza di merito che ha ritenuto che "l'azione in oggetto deve qualificarsi di ordinaria amministrazione, in quanto rivolta alla conservazione del patrimonio sociale".
Così statuendo - secondo il ricorrente - il giudice del merito non ha considerato che, invece, si trattava di un atto di straordinaria amministrazione e che, quindi, l'amministratrice M L L non era da sola abilitata a promuovere l'azione intrapresa contro l'altro socio al 50%, nonché altro amministratore, Mauro B, ai sensi dell'art. 7 dello Statuto.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente ha, infatti, omesso di riprodurre nel ricorso per Cassazione il testo dell'art. 7 dello Statuto richiamato, in tal modo violando il principio di autosufficienza dello stesso ricorso (Cass. 10.8.2004 n. 15412). L'omessa riproduzione incide, poi, anche sotto l'altro profilo denunciato posto che:
"Ai sensi dell'art. 2298, primo comma, cod. civ., i poteri di rappresentanza attribuiti all'amministratore di società in nome collettivo vanno individuati con riferimento agli atti che rientrano nell'oggetto sociale, qualunque sia la loro rilevanza economica e natura giuridica, salve le specifiche limitazioni risultanti dall'atto costitutivo o dalla procura. All'interno di tali atti, pertanto, non si pone alcuna differenza, nemmeno in relazione al carattere dispositivo o conservativo dell'atto stesso, rilevando soltanto l'incidenza che l'atto abbia sugli elementi costitutivi dell'impresa e sulla possibilità di esistenza della stessa, sicché, qualora lo statuto sociale distingua tra atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazione, può ritenersi eccedente l'ordinaria amministrazione, in quanto estraneo all'oggetto sociale, l'atto dispositivo che sia suscettibile di modificare la struttura dell'ente e perciò sia con tale oggetto contrastante, essendo esteriormente riconoscibile come non rivolto a realizzare gli scopi economici della società, perché da essi esorbitante" (Cass.

5.5.2004 n. 8538
). La mancata riproduzione dell'atto costitutivo e dello statuto non consentono alcun esame in ordine alla censura relativa alla distinzione fra atto di ordinaria e straordinaria amministrazione. Con il secondo motivo denuncia la "Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'art. 360, n. 3 c.p.c., in relazione agli articoli 75 e 83 c.p.c.". Rileva l'erroneità della sentenza di merito che ha ritenuto che la sottoscrizione della procura alle liti a margine dell'atto di citazione in primo grado da parte di M L L deve intendersi nella veste di legale rappresentante della s.n.c. B M. &
L. di B Mauro &
C, con conseguente rigetto dell'eccezione relativa al mandato.
A tal fine rileva che, se è principio consolidato che per il conferimento del mandato ad litem non sono richieste espressioni formali, essendo sufficiente che dal contesto dell'atto sia desumibile la volontà di conferire al difensore i relativi poteri e facoltà procedurali, è anche vero che nel caso di specie la signora M L L non ha mai dichiarato nell'atto di citazione in primo grado di agire quale legale rappresentante della s.n.c. B M. &
L. di B Mauro &
C, ma ha dichiarato di agire in proprio.
L'invalidità della procura alle liti porta alla nullità dell'atto di citazione in primo grado e, di conseguenza, di tutto il processo. Il rilievo è infondato.
Il giudice del merito ha infatti a tal fine rilevato che "la sottoscrizione a margine dell'atto di citazione da parte di L M L deve intendersi nella veste di legale rappresentante della società, ove l'atto introduttivo del giudizio indica appunto la Barbesi M. e L. di B Mauro e C." in persona di M L L".
Dal contesto dell'atto si ricava, pertanto, anche in via di interpretazione - come ha puntualmente fatto la Corte di merito - la ritualità della procura conferita dalla Larini nella veste di legale rappresentante della società e non in proprio.
Con il terzo motivo denuncia la "Violazione o falsa applicazione di norme di diritto al sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. o insufficiente motivazione al sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., su un punto decisivo della controversia, in relazione agli artt, 183 e 184 (vecchio testo) del c.p.c.".
Rileva che erroneamente il giudice di merito ha respinto l'eccezione di domanda nuova (come tale inammissibile) proposta dall'attrice in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado, con la richiesta di condanna del convenuto a "restituire alla Società attrice il libretto di importo pari a L. 29.000.000 di cui alla lettera 16/5/1989 allegata all'atto di citazione, sub. 1...", modificando così la domanda dell'atto di citazione che era la seguente: "Voglia il Tribunale... condannare il signor B Mauro a restituire alla Società attrice il libretto 'MM n. 10293/82' depositato presso la cassa di risparmio di Firenze, filiale di Follonica".
In tal modo è cambiato l'oggetto mediato, cioè il bene giuridico, che l'attrice intendeva conseguire, bene giuridico che è rimasto alterato nella sua individualità ontologica, dando così luogo ad una trasformazione obiettiva della controversia, traducendosi la nuova domanda in una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria e tentando di introdurre nel processo un tema di indagine completamente nuovo, che ha determinato uno spostamento dei termini della controversia.
Con il quarto motivo denuncia la "Violazione o falsa applicazione di norme di diritto al sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all'art. 163, n. 3, e 164 (vecchio testo) c.p.c.".
Con riferimento a tale motivo rileva che, nell'ipotesi in cui la Suprema Corte non ravvisi l'ipotesi di mutatio libelli, di cui al motivo precedente, il giudice del merito avrebbe comunque violato la norma di cui all'art. 163, n.

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