Cass. civ., sez. V trib., sentenza 12/08/2004, n. 15641

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Massime1

In tema di processo tributario, se è vero che la parte totalmente vittoriosa in primo grado non è tenuta a proporre appello incidentale avverso la sentenza impugnata dalla controparte, relativamente alle eccezioni disattese o rimaste assorbite (essendo sul punto carente di interesse), è altrettanto vero, tuttavia, che essa ha l'onere di riproporle, in base alla disposizione normativa di cui all'art.56 D.Lgs. 546/1992, la quale riproduce la norma dell'art.346 cod. proc. civ. dettata per il processo ordinario. Pertanto, l'omessa riproposizione in appello di tali eccezioni preclude il ricorso per cassazione avverso detta sentenza, che legittimamente non le ha prese in esame.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 12/08/2004, n. 15641
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15641
Data del deposito : 12 agosto 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S B - Presidente -
Dott. P E - Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. C M R - Consigliere -
Dott. D C S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

S
sul ricorso proposto da:
M A, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA SIACCI

38, presso lo studio dell'avvocato A C, difeso dall'avvocato A S, giusta procura in calce;



- ricorrente -


contro
COMUNE PORTO SANT'ELPIDIO;



- Intimato -


avverso la sentenza n. 56/01 della Commissione tributaria regionale di ANCONA, depositata il 10/12/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/05/04 dal Consigliere Dott. S D C;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. N V che ha concluso per il rigetto del ricorso SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Comune di Porto Sant'Elpidio rettificò la denuncia presentata da A M per gli anni dal 1990 al 1994 ai fini dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese arti e professioni (ICIAP), provvedendo alla liquidazione della somma dovuta a titolo di maggiore imposta, soprattasse e interessi, sul rilievo che l'attività denunciata di agente di assicurazione doveva essere inquadrata nel nono (anziché nel quinto) settore della tabella allegata al D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1989, n. 144.
Il Meconi impugnò con distinti ricorsi i relativi avvisi di accertamento, denunciandone carenza di motivazione e assumendo che l'agente di assicurazione è da considerare, al pari di ogni altro agente commerciale, a tutti gli effetti, un "intermediario del commercio" e che quest'ultima categoria rientra tra quelle specificamente previste dal quinto settore della tabella. L'adita Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, dopo averli riuniti, accolse i ricorsi, che invece furono respinti dalla Commissione tributaria regionale, la quale, sulla scorta dei principi affermati da questa Corte, osservò che, contrariamente a quanto sostenuto dai primi giudici, l'attività dell'agente di assicurazione, concretandosi nella prestazione di servizi, deve essere inquadrata, al fine dell'applicazione dell'ICIAP, nel nono settore di attività della tabella allegata al D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1989, n. 144.
A M ha chiesto la cassazione di tale sentenza con ricorso contenente due motivi.
Non resiste l'ente intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 4, commi 2 e 3, del D.L. 2 marzo 1989 n. 66, convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 1989 n. 144 e allegata tabella, censura la decisione impugnata per non avere la Commissione regionale rilevato la nullità degli avvisi di accertamento in quanto privi di motivazione.
Il motivo esprime una doglianza inammissibile.
È pacifico in atti - vedi narrativa della sentenza impugnata, coincidente con la sommaria esposizione della vicenda processuale contenuta nel ricorso - che la Commissione provinciale di Ascoli Piceno accolse i ricorsi del Meconi nella considerazione che l'attività di agente di assicurazione deve inquadrarsi nel quinto settore essendo un'attività ausiliaria all'impresa assicurativa secondo il disposto dell'art. 1753 c.c. e stante l'inequivocabile natura di intermediazione commerciale svolta da questa categoria cui peraltro, dal punto di vista contributivo, mutualistico pensionistico e tributario, viene riservato il medesimo trattamento dell'agente di commercio. Il motivo contenuto nei ricorsi introduttivi con cui il Meconi aveva pregiudizialmente eccepito la nullità degli avvisi di accertamento in quanto del tutto carenti di motivazione e tali pertanto da impedire una adeguata difesa in giudizio è stato, quindi, (almeno) implicitamente disatteso dal giudice di prime cure. In siffatto contesto, era onere del Meconi riproporre in appello la censura, ai sensi del combinato disposto degli artt. 346 c.p.c. e 56 D. Lgs. n. 546/1992, secondo cui "le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, si intendono rinunciate". Se è vero, infatti, che la parte totalmente vittoriosa non è tenuta a proporre appello incidentale avverso la sentenza impugnata dalla controparte, relativamente alle eccezioni disattese (essendo sul punto carente di interesse), è altrettanto vero, tuttavia, che ha l'onere di riproporre, in base alle disposizioni normative cennate, le questioni da essa proposte nel precedente grado di giudizio. Pertanto, l'omessa riproposizione in appello di tali eccezioni preclude il ricorso per Cassazione avverso detta sentenza, che legittimamente non le ha prese in esame. D'altra parte, è noto che i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili d'ufficio (Cass. nn. 4852/1999, 2905/1996, 5106/1994, 6428/1990). Ora, nella specie, la sentenza impugnata non ha premesso, in narrativa, alcun fatto da cui evincere che, in appello, la ricorrente avesse dedotto la questione su riportata (id est: la nullità degli avvisi di accertamento per carenza di motivazione) e lo stesso ricorrente, nel narrare le vicende processuali, non ha specificato in quale scritto difensivo o atto del processo d'appello ha incluso la (ri)proposizione della questione in discorso ai sensi dell'art. 56 D. Lgs. n. 546/1992 e neanche nell'esposizione dei motivi della presente impugnazione fornisce un qualsiasi ragguaglio in proposito, come era suo onere, ripetendo invece di averla proposta nei ricorsi introduttivi. Sarebbe stato quindi onere precipuo del ricorrente specificare in ricorso che nel processo d'appello, nella comparsa di costituzione o comunque prima della spedizione della causa a sentenza, egli, onde evitare la presunzione di rinuncia, ripropose espressamente ai sensi dell'art. 56 D. Lgs. n. 546/1992 l'eccezione in parola non accolta dal primo giudice, che rigettò la domanda nel merito. Difatti, qualora una determinata questione giuridica - che implichi un accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr., e multis, Cass. nn. 12025/2000, 7194/2000, 986171998, 12393/1997, 9941/1996). Non avendo il ricorrente minimamente assolto un tale onere, la doglianza va ritenuta siccome non riproposta in appello e quindi non più deducibile nella presente sede a causa dell'intervenuta preclusione derivante dal principio fissato dal combinato disposto degli artt. 346 c.p.c. e 56 D. Lgs. n. 546/1992, secondo cui le domande e le
eccezioni non accolte in primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.
Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia violazione dell'art. 12 delle disposizione sulla legge in generale e del D.L. 2 marzo 1989 n. 66, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1989 n. 144
e allegata tabella. Ad avviso del ricorrente, la sentenza impugnata non avrebbe considerato che l'assimilazione della figura dell'agente di assicurazione a quella dell'agente di commercio operata dall'art. 753 c.c. in tema di contratto di agenzia deve valere anche in sede
fiscale con conseguente inserimento nella classe 5^ tra gli intermediari del commercio e non nella 9^ tra i produttori di servizi vari. Per vero, l'attività svolta dagli agenti di assicurazione, lungi dal concretarsi nella prestazione di servizi, è attività di promozione della conclusione di contratti e non presenta, quindi, contenuti diversi da quella esercitata dagli altri intermediari del commercio e definita dagli articoli 1742 e ss. del codice civile. Del resto, la intrinseca natura dell'attività degli intermediari del commercio non muta quale che sia l'oggetto dell'attività di intermediazione. Proprio in ragione di tale circostanza, il legislatore disciplina in modo unitario la figura degli agenti di commercio nell'ambito civilistico e in quello tributario, collocandoli nel settore 5^ della tabella dalla cui inequivoca formulazione letterale si evince che non vi è alcuna volontà di discriminare la figura dell'agente di commercio da quella degli altri intermediari del commercio.
La censura è destituita di fondamento.
Sulla questione - consistente nell'individuale, fra le diverse attività menzionate in modo esplicito dalla tabella allegata al D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 1989, n. 144, quella che meglio potrebbe riferirsi anche alla
categoria degli agenti di assicurazione - questa Corte ha già avuto modo di esprimersi, affermando il principio che in tema di imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni (ICIAP), l'attività dell'agente di assicurazione deve essere inquadrata, ai fini dell'applicazione del tributo, nel nono settore di attività e, in particolare, nella categoria dei "servizi vari", atteso che gli altri settori sono, al riguardo, inconferenti e che quello indicato contiene tutti gli elementi propri dell'attività svolta dall'agente di assicurazione.
In proposito, dalle sentenze nn. 9601/2000 e 6621/2002, 239/2004, si è, tra l'altro, affermato che: a) la figura dell'agente di assicurazione rientra nel più ampio genere della categoria degli agenti di commercio, avendo la sua attività ad oggetto la promozione della conclusione di contratti nell'interesse di un altro soggetto (artt. 1742 c.c.) e, quindi, la produzione di un servizio che rimane sempre il medesimo, vuoi che il preponente sia, a sua volta, un produttore di servizi, come nel caso dell'impresa di assicurazioni, vuoi che il preponente operi, invece, quale intermediario di beni;
b) il trattamento tendenzialmente unitario riservato dal legislatore alla professione dell'agente di commercio non assume però rilievo ai fini dell'inquadramento nella tabella allegata al D.L. n. 66/1989, in quanto essa gradua la determinazione del tributo alla stregua di criteri che prescindono dalla natura dell'attività esercitata, quali il grado di utilizzazione dei servizi comunali e un indice di redditività avente come base di riferimento principale la dimensione dell'immobile utilizzato e un correttivo nel reddito effettivamente prodotto;
c) ciò spiega perché attività dello stesso genere, come quelle di "commercio al minuto", sono inserite in settori diversi (quinto, sesto e settimo) e perché attività differenti, come quelle di "commercio all'ingrosso" e "trasporti e comunicazioni", sono invece ricomprese in un medesimo settore (il quarto);
d) la comunanza di carattere con gli agenti operanti nel settore del commercio al minuto non può, pertanto, portare a inserire gli agenti di assicurazione nello stesso settore (il quinto) riservato ai primi, diversi essendo gli elementi presi in considerazione dal legislatore per la suddivisione delle singole attività ai fini della determinazione della misura del tributo in esame e riguardando, inoltre, il quinto settore la commercializzazione di alcuni "beni di consumo", le cui caratteristiche non sono certo rinvenibili nei servizi offerti dalle compagnie di assicurazione;
e) l'attività degli agenti di assicurazione presenta innegabili collegamenti con l'attività assicurativa, che ne giustificano la classificazione in un settore (il nono) contiguo a quello in cui essa è inquadrata, a nulla rilevando che il nono settore sia destinato alle attività dirette alla prestazione di "servizi", posto che l'attività dell'agente è sempre finalizzata alla produzione di un servizio, anche quando si svolga nel campo dell'intermediazione commerciale. A tali argomenti, da Cass. nn. 16990/2003, 187/2004, 190/2004, 356/2004, ne sono stati aggiunti altri, altrettanto condivisibili, ricavati dalla disciplina codicistica e dalla articolazione della tabella allegata al D.L. n. 66/1989. Sotto il primo profilo si è rilevato come lo stesso ordinamento positivo, nell'ambito della categoria degli agenti di commercio, tiene distinta la figura dell'agente di assicurazione in ragione della natura dell'attività da questi espletata. L'art. 1753 c.c. prevede, infatti, che "le disposizioni di questo capo" - il 9^, riguardante il contratto di agenzia - "sono applicabili anche agli agenti di assicurazione, in quanto non siano derogate dalle norme corporative o dagli usi e in quanto siano compatibili con la natura dell'attività assicurativa".
In dottrina si è ritenuto, in passato, che il contenuto di tale norma e la sua collocazione potrebbero far pensare, a prima vista, a un significativo, accostamento della disciplina dell'agente di assicurazione a quella dell'agente di commercio, nel senso della qualificazione del primo come sottospecie del secondo. Tuttavia, la dichiarazione di applicabilità all'agente di assicurazione della disciplina dettata per l'agente di commercio dagli artt. 1742 - 1752 c.c. è fortemente limitata dalla espressa previsione, contenuta
nell'art. 1753 c.c., di una possibile deroga in forza di usi di segno diverso. Di conseguenza, tutta la normativa disposta per l'agente di commercio acquista, in relazione agli agenti di assicurazione, carattere meramente dispositivo.
È indubbio, poi, che l'agente di assicurazione, pur rientrando nell'ambito della tipologia dell'agente di commercio, se ne differenzia per alcune peculiarità connesse alla natura dell'attività esercitata. Mentre, infatti, l'attività dell'agente di commercio si compie e si esaurisce normalmente nella promozione di affari - salvo il caso di attribuzione all'agente medesimo di precisi poteri di rappresentanza ex art. 1752 c.c. - l'agente di assicurazione, accanto all'obbligazione principale consistente nel favorire la conclusione di contratti in capo all'impresa assicuratrice, è tenuto a svolgere altre attività dirette a consolidare i risultati già raggiunti, costituenti il frutto non solo del suo impegno professionale, ma anche di quello di eventuali altri agenti che lo hanno preceduto. L'agente di assicurazione fornisce, infatti, tutta una serie di servizi che agevolano l'impresa nella distribuzione dei propri prodotti.
La complessità delle prestazioni cui è tenuto l'agente di assicurazione è stata evidenziata fin dall'accordo nazionale 10 ottobre 1951 divenuto efficace erga omnes per effetto del D.P.R. 18 marzo 1961, n. 387, che all'art. 2 individua l'agente di
assicurazione in colui al quale "viene conferito, direttamente e per iscritto, dalla direzione o dalla rappresentanza legale dell'impresa, il mandato di provvedere, a proprio rischio e spese, con compenso in tutto o in parte a provvigioni, alla gestione e allo sviluppo degli affari di un'agenzia di assicurazione, territorialmente definita, e che svolge i suoi rapporti direttamente con la direzione o con la rappresentanza legale dell'impresa. Il mandato ha per oggetto la produzione di affari di assicurazione per conto e nome dell'impresa, nonché la sorveglianza, la conservazione, lo sviluppo e l'amministrazione del portafoglio dell'agenzia, e può anche comprendere l'autorizzazione a concludere a nome e per conto dell'impresa".
Ma, come anticipato, l'impossibilità di inquadrare l'attività degli agenti di assicurazione nel quinto settore emerge anche, e soprattutto, dall'analisi della struttura e delle previsioni della tabella.
Tenuto conto dell'espressione utilizzata dal legislatore ("intermediazione del commercio") per definire i soggetti le cui attività sono da ricomprendere nella classe 5^ della tabella, sembra doversi escludere che si sia inteso fare riferimento alle figure degli agenti, dei rappresentanti e degli intermediari in genere, come comprese nell'insieme rappresentato dai cosiddetti ausiliari del commercio rientranti nella previsione dell'art. 2195, n. 5, c.c.. Per vero, dal legislatore non viene impiegato il termine "commerciale" per la descrizione del tipo di attività o, al fine
dell'identificazione dei soggetti, la locuzione "intermediari", ma viene adoperato il sintagma "intermediazione del commercio" immediatamente dopo una elencazione di beni di consumo, al cui scambio pertanto ed esclusivamente la intermediazione si riferisce. Se il legislatore si avvale del sostantivo "commercio" (e non del termine "commerciale", unico ad avere in diritto tributario la generale accezione di attività imprenditoriale in senso lato: vedi art. 51 TUIR), evidentemente ha inteso riferirsi all'attività di commercio in senso proprio, cioè all'attività che riguarda esclusivamente l'intermediazione nello scambio di beni, con esclusione quindi delle prestazioni di servizi, quale l'attività di assicurazione. Peraltro, ove il legislatore avesse voluto fare generico riferimento a tutte le possibili figure di agenti commerciali, non avrebbe avuto bisogno di ripetere la locuzione "intermediazione del commercio" nel quarto e nel quinto settore. L'avere invece ripetuto la locuzione, con la specificazione "con deposito", in particolare nel quarto settore concernente l'attività di commercio all'ingrosso, non può che confermare il convincimento che si sia inteso riferire agli agenti di commercio operanti negli specifici settori di attività contemplati nella 4^ e nella 5^ classe.
In diversi termini, ad avviso della Corte, la tabella ICIAP, che indica e raggruppa le singole attività in dieci settori e nell'ambito degli stessi stabilisce, in ordine crescente, misure fisse d'imposta in relazione alla classe di superficie utilizzata, fa riferimento specifico agli intermediari solo a proposito delle attività elencate nel quarto (commercio all'ingrosso) e nel quinto settore (commercio al minuto di alimenti, bevande ecc). Trattandosi di una previsione tassativa della normativa che regola l'applicazione dell'ICIAP, la figura dell'intermediario, ai fini del tributo medesimo può essere presa in considerazione, pertanto, soltanto in riferimento alle attività indicate nei due richiamati settori. In definitiva, ai fini della individuazione del relativo parametro di tassazione, l'attività degli agenti di assicurazione non può trovare collocazione tra quelle appartenenti al 5^ settore della tabella. Tale attività - non potendo d'altro canto, essere assorbita in quella indicata al settore 10^ sotto la voce "assicurazioni", poiché la stessa è posta in riferimento all'attività esercitata direttamente dalle compagnie di assicurazione - deve essere compresa, invece, nel settore 9^ della più volte menzionata tabella, in corrispondenza della voce "servizi vari". Infatti, non essendo previsto a tale specifico fine un particolare settore di riferimento e trattandosi comunque di una prestazione di servizio a favore delle compagnie innanzi citate, l'attività degli agenti di assicurazione, come del resto qualunque attività analoga non specificamente individuata dalla tabella, non può che confluire nel settore residuale appositamente previsto.
Il ricorso deve essere quindi rigettato.
Nessuna statuizione va emessa in punto spese, non avendo l'ente intimato svolto attività difensiva in questa sede.

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