Cass. civ., sez. III, sentenza 16/07/2003, n. 11144

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Nel caso in cui nell'intestazione di un atto giudiziario (nella specie, comparsa di risposta) sia indicata una determinata persona quale rappresentante legale della società cui l'atto è riferibile e la procura alle liti rilasciata a margine o in calce allo stesso risulta invece sottoscritta da un soggetto diverso, la discordanza configura un mero errore materiale, che non incide sulla validità dell'atto, qualora si accerti che la procura è stata rilasciata da colui che riveste la qualità di legale rappresentante della società.

In tema di divieto di cessione di crediti litigiosi a favore di soggetti esercenti determinate attività (nella specie, un avvocato), il dato testuale dell'art. 1261 cod. civ. (che fa espresso riferimento ad una "sorta controversia" avanti all'autorità giudiziaria), nonché la 'ratio' di detta norma (diretta ad impedire speculazione sulle liti da parte dei soggetti in essa contemplati) comportano che il divieto stesso non trova applicazione riguardo a crediti per i quali non sia ancora sorta una controversia giudiziaria.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 16/07/2003, n. 11144
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11144
Data del deposito : 16 luglio 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Presidente -
Dott. P L R - Consigliere -
Dott. L A - Consigliere -
Dott. D B - rel. Consigliere -
Dott. T A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SNTENZA
sul ricorso proposto da:
B F, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA PACUVIO

34, presso lo studio dell'avvocato G R, che lo difende anche disgiuntamente all'avvocato GUIDO D'APRILE, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
E BRT KG, SPORTWAGEN SPINDLER KG, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. H K, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA G GENTILE

22, presso lo studio dell'avvocato C T, che li difende anche disgiuntamente all'avvocato A G, giusta procura speciale tradotta per Notar P L di Wurzburg del 14/11/01 rep. n. 28771/01;



- controricorrenti -


avverso la sentenza n. 581/01 della Corte d'Appello di BRESCIA, Sezione 2^ Civile, emessa il 09/05/01 e depositata il 19/07/01 (R.G. 158/98);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/04/03 dal Consigliere Dott. B D;

uditi gli Avvocati Guido D'APRILE e G R;

udito l'Avvocato Carlo TESTORI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Santi CONSOLO che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Le società Eberhard Bergert KG e Sportwagen Spindler KG convenivano innanzi al tribunale di Brescia B Franco per ottenerne la condanna al pagamento della somma di DM 272.000.
Spiegavano di pretendere la somma quali cessionarie del credito vantato dalla ditta P automobile per la vendita di due costose autovetture.
Il convenuto, costituitosi in giudizio, eccepiva che aveva estinto il debito mediante il versamento di somma contante alla ditta cedente;

che la cessione era inefficace in quanto successiva al fallimento di tale ditta;
che egli non ne aveva, comunque, avuto conoscenza. Il tribunale accoglieva la domanda;
la corte di appello di Brescia con sentenza resa il 9.5.2001 rigettava il gravame del B. Sui punti ancora in discussione la corte ha considerato: 1) la divergenza fra il nome della persona (H K) che figura come rappresentante della società nell'intestazione della comparsa di risposta nel giudizio di appello ed il nome della persona (H V) che ha rilasciato la procura per tale giudizio è frutto di errore materiale;
2) è irrilevante che allorquando è stato notificato l'atto di citazione H K non avesse più la rappresentanza della società Bergert, atteso che la detta società ha sanato la situazione, costituendosi in appello a mezzo del suo rappresentante H V;
3) il B non ha provato che all'atto dell'introduzione del giudizio H K non avesse neppure la qualità di rappresentante della società Sportwagen Spindler;
4) è stata fornita prova dell'assoggettamento della ditta P automobile non già a fallimento, bensì ad una misura cautelare sconosciuta all'ordinamento italiano e collegata alla presentazione dell'istanza di fallimento;
misura in ordine alla quale non risulta intervenuta alcuna convenzione di efficacia tra stato italiano e tedesco;
5) la clausola secondo cui "la ditta P automobile permane autorizzata e obbligata a chiedere i crediti in nome proprio" non supporta la deduzione che la cessione è invalida a causa della natura litigiosa del credito ceduto. Avverso tale sentenza il B ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi illustrati con memoria;
le società intimate hanno resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia "violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia rilevabile di ufficio;
nullità dell'intero procedimento in relazione agli artt. 75, 83, 163, n. 2, 164 c.p.c.", sostiene che in sede di appello è stata eccepita l'inesistenza di valida procura delle società;
"è assai verosimile, per non parlare di certezza, che mai i rappresentanti legali delle società tedesche si sono recati nella circoscrizione del tribunale e della corte di appello di Brescia ai fini del rilascio della procura";

l'autenticazione del difensore postula che sia accertata l'identità della persona che sottoscrive, sicché non può essere condivisa l'affermazione della corte di merito, secondo la quale si è trattato di banale errore;
la situazione per quanto concerne la procura è in sostanza la seguente:
l'atto di citazione non reca il nome del rappresentante della società e la sottoscrizione della procura è illeggibile;
solo dopo la pronuncia della sentenza di primo grado è emerso che la procura apposta sull'atto di citazione reca la sottoscrizione di H K, il quale già prima della notifica di tale atto aveva perduto la rappresentanza sociale;
nella comparsa di risposta in sede di appello il K risulta indicato come rappresentante delle società, ma, come dichiarato a seguito della querela di falso, la procura è stata rilasciata da H V;
dai certificati della pretura di Wurzburg risulta che il rappresentante unico delle società è ancora altra persona e, cioè, Spindler K Monica;
la mancata indicazione del nome del rappresentante delle società e l'illeggibilità della sottoscrizione della procura comportano nullità della procura medesima nonché dell'intero giudizio. Il motivo pone fondamentalmente due questioni: la prima concerne la validità delle procure;
la seconda la provenienza delle stesse dai soggetti legittimati a rilasciarle.
Considerato che nessuna delle procure reca l'indicazione del luogo, nel quale è stata rilasciata, e tutte risultano autenticate da avvocato esercente in Italia, la prima questione va risolta nel senso della validità delle procure alla stregua della giurisprudenza, secondo la quale la circostanza che la parte sia residente all'estero non importa di per sè l'invalidità della procura speciale alle liti, che la parte medesima abbia rilasciato in calce o a margine degli atti indicati nell'art. 83 c.p.c., atteso che, quando l'autentica della sottoscrizione sia stata effettuata da un difensore esercente in Italia, il rilascio della procura e l'autentica della sottoscrizione debbono presumersi avvenuti in Italia, in difetto di prova contraria da parte di chi contesti la validità della procura (Cass. 16.11.1998, n. 11549;
Cass. 17.9.1991, n. 9662). Circa l'altra questione occorre distinguere la posizione delle due società.
Con riferimento alla società Sportwagen Spindler la corte di merito ha ritenuto che la procura è stata validamente rilasciata con unico atto per il giudizio di primo grado e per quello di appello da H K e che il B non ha dimostrato, come avrebbe dovuto, che alla data della citazione il predetto non rivestiva la qualità di rappresentante della società.
Ora la censura che concerne la procura non investe questo punto della sentenza impugnata;
ciò si desume dal fatto che il certificato della pretura di Wurzburg, posto a fondamento della censura, si riferisce unicamente alla società Bergert, come risulta dal suo esame diretto, possibile per la natura del vizio denunciato. Per quanto concerne la società Bergert la corte di merito ha ritenuto che a) H V è indicato come "procuratore" della società nel documento "prodotto dalle società appellate, cui ha fatto riferimento lo stesso appellante";
b) la divergenza tra il nome del soggetto indicato come rappresentante della società nella comparsa di risposta in sede di appello e quello del soggetto che ha sottoscritto la procura trova spiegazione in un errore materiale;
c) la costituzione in grado di appello di H V, rappresentante della società, ha reso irrilevante la circostanza che H K non rivestisse la qualità di rappresentante della società, sanando con effetto retroattivo qualsiasi irregolarità. Ora: a1) quand'anche la deduzione del ricorrente, secondo la quale dal certificato della pretura di Wurzburg risulta che il rappresentante unico della società era Spindler K Monica, valesse a rimettere in discussione quanto ritenuto dalla corte di merito, l'esame del certificato, reso possibile dalla natura del vizio denunciato, evidenzia che la procura di H V non è cessata e ha coesistito con quella della Spindler K;
b1) va ritenuto che, qualora in un atto giudiziario (nella specie la comparsa di risposta in sede di appello) sia indicata una persona come rappresentante di una società e la procura alle liti a margine dello stesso atto sia sottoscritta da persona diversa, occorre verificare se la procura sia sottoscritta dalla persona che rappresenta la società ed in caso affermativo bisogna accordare prevalenza alla procura e considerare dovuta ad errore l'indicazione riportata nell'atto;
c1) la corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio, secondo cui la costituzione in ogni stato e grado del giudizio del soggetto legittimato, che ratifichi l'attività processuale svolta, espressamente o tacitamente con il farla propria, sana con effetto retroattivo il difetto di legittimazione, salve le decadenze già verificatesi, sempre che il giudice non abbia rilevato il difetto del presupposto processuale e tratto le debite conseguenze in ordine all'ammissibilità della domanda (ex plurimis Cass. 18.5.1996, n. 4605;
Cass. 25.7.1996, n. 6720). In conclusione, il motivo non può ricevere accoglimento. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia "violazione o falsa applicazione delle norme di diritto nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia sia prospettato che rilevabile d'ufficio in relazione agli artt. 6, 14, 20, 23, 25, 65 L. 31.5.1995, n. 218";
lamenta che la corte di merito abbia ritenuto valida la cessione, ancorché sia stata compiuta dal P dopo essere stato assoggettato a procedura concorsuale, sul riflesso che fa difetto la condizione di reciprocità;
sostiene che il provvedimento dell'autorità giudiziaria straniera preparatorio della procedura fallimentare, incidendo sullo stato della persona, a norma dell'art. 65 L. 218/1995 ha efficacia in Italia a prescindere dalla reciprocità.
Neppure questo motivo può essere accolto.
La corte di merito ha ritenuto che la ditta P automobile "è stata assoggettata ad una sorta di misura cautelare - sconosciuta al nostro ordinamento in conseguenza della proposizione, nei confronti della stessa, di un'istanza di fallimento" e, pur senza esplicitarlo, ha correlativamente escluso che ne siano stati modificati capacità e stato, evidentemente desumendolo per via di interpretazione dal provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria straniera.
Il ricorrente, invece di censurare l'interpretazione del provvedimento, ha spiegato che esso "vietava al debitore P di disporre di ogni suo elemento patrimoniale", aggiungendo che qualsiasi provvedimento propedeutico, come quello "de quo", ad una procedura fallimentare incide sullo "status" personale. Tanto, però, o si pone in contrasto con il contenuto del provvedimento, individuato dalla corte di merito e confermato dal ricorrente, e rimane, perciò, privo di rilevanza o si risolve nella denuncia di erroneità del provvedimento sotto il profilo che il suo contenuto doveva essere diverso ed è improponibile innanzi all'autorità giudiziaria italiana.
Soltanto se il provvedimento avesse inciso per il suo contenuto sulla capacità, avrebbe dovuto stabilirsi, a prescindere dalla reciprocità, se la fattispecie fosse regolata dalla L. 218/1995 o dalla legge anteriore, tenendo, peraltro, presente che secondo questa ultima legge (art. 17 delle preleggi) lo stato e la capacità delle persone sono regolate dalle leggi dello stato di appartenenza, sicché debbono ricevere immediata applicazione nell'ordinamento italiano, senza bisogno di essere delibati, tutti gli atti anche di natura amministrativa di organi di quello stato che incidono sulla capacità e sullo stato anzidetti (Cass. 24.3.1981, n. 17179). Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando "violazione o falsa applicazione delle norme di diritto, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione agli artt. 100 c.p.c. nonché agli artt. 1260 e 1261 c.c." sostanzialmente censura la corte di merito per non
avere ravvisato nella specie cessione di credito litigioso, considerato che, oltre ad altre particolarità, le parti hanno previsto che solo il pagamento al legale può realizzare effetti liberatori.
La censura è priva di fondamento.
È assorbente al riguardo il rilievo che il dato testuale dell'art. 1261 c.c., che fa riferimento ad una controversia in atto, e la
"ratio legis" diretta ad impedire speculazioni sulla lite da parte dei pubblici ufficiali e degli esercenti un servizio di pubblica necessità, le cui funzioni hanno attinenza con gli uffici giudiziari delle rispettive sedi, oltre ad evitare che il prestigio e la fiducia dell'autonomia possano rimanere pregiudicati da atti di dubbia moralità, comportano che il divieto non trovi applicazione in relazione ai crediti per i quali non sia ancora sorta una controversia giudiziaria (Cass. 26.3.1953, n. 788;
Cass. 24.2.1984, n. 1319, con riferimento a lite definita). Il ricorso va, pertanto, rigettato con condanna del ricorrente alle spese.

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