Cass. civ., SS.UU., sentenza 28/06/2006, n. 14854

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Verificatasi una causa d'interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, destinato a realizzarsi distinguendo il momento della rinnovata "edictio actionis" da quello della "vocatio in ius", il termine perentorio di sei mesi, previsto dall'art. 305 cod. proc. civ., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della "vocatio in ius". Ne consegue che il vizio da cui sia colpita la notifica dell'atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell'udienza non si comunica alla riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone al giudice, che rilevi la nullità, di ordinare la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell'art. 291 cod. proc. civ., entro un termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l'eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, ultimo comma, e del successivo art. 307, terzo comma.

Una volta depositate, in favore dell'Amministrazione, azioni a titolo di cauzione a garanzia dell'adempimento degli obblighi assunti dal privato nei confronti della stessa P.A., in conformità a quanto contemplato dalla normativa regionale (nella specie, la legge della Regione Sardegna 12 aprile 1957, n. 10, relativa alla facoltà di emettere azioni al portatore per le nuove industrie sarde) che ad un simile onere condiziona l'autorizzazione (nel regime anteriore alla legge statale sulla obbligatorietà del regime di nominatività dei titoli azionari) ad emettere titoli al portatore, spetta al giudice ordinario, e non al giudice amministrativo, la giurisdizione sulla controversia concernente la legittimità dell'esercizio, da parte del Presidente della Giunta regionale, del diritto di incamerare la cauzione. Difatti, il diritto soggettivo del privato sulle azioni depositate in cauzione non è suscettibile di ridursi ad interesse legittimo in conseguenza del provvedimento con cui la P.A. ne abbia disposto l'incameramento, essendo questo un provvedimento non condizionato da valutazioni discrezionali, bensì adottato unicamente nell'ambito di poteri di verifica e di controllo dell'adempimento degli obblighi in relazione ai quali il privato aveva proceduto a detto deposito cauzionale.

Il regime di nominatività obbligatoria dei titoli azionari, introdotto sull'intero territorio nazionale con il d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, emesso in attuazione della legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, ha reso impossibile, sin dal momento della sua entrata in vigore, l'emissione di nuove azioni al portatore, per ciò stesso escludendo ogni ulteriore vigenza della legge della Regione Sardegna 12 aprile 1957, n. 10, la quale, fino a quel momento, aveva consentito all'Amministrazione regionale di autorizzare l'emissione di titoli siffatti al fine di creare o gestire nuovi impianti industriali nel territorio della Regione. Il sopravvenuto regime di nominatività obbligatoria dei titoli azionari, tuttavia, non preclude all'Amministrazione regionale, la quale abbia ricevuto in epoca anteriore il deposito cauzionale di azioni al portatore a garanzia dell'adempimento degli obblighi imposti al privato in base alla predetta legge reg., di procedere, in presenza delle previste condizioni (come la non realizzazione delle opere e degli impianti progettati nel previsto termine), all'incameramento della cauzione, e ciò stante l'irrilevanza del sopravvenuto obbligo di conversione di tali titoli rispetto alla loro funzione cauzionale, considerato che le azioni al portatore costituivano (almeno sino alla scadenza del termine per la loro utile conversione in titoli nominativi) beni atti alla circolazione, dotati di valore economico, e quindi idonei a svolgere l'indicata funzione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 28/06/2006, n. 14854
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14854
Data del deposito : 28 giugno 2006
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto -
Dott. DUVA Vittorio - Presidente di sezione -
Dott. SENESE Salvatore - Presidente di sezione -
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere -
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Consigliere -
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Consigliere -
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

- ricorrente -

contro
TANCA GIUSEPPE, domiciliato in ROMA, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati SERRA SERGIO, MARIO ONANO, giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrente -

e contro
COSTA VERDE S.P.A. IN LIQUIDAZIONE;

- intimata -
e sul 2^ ricorso n. 21744/2003 proposto da:
COSTAVERDE S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro- tempore, domiciliata in ROMA, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato MARCIALIS LUIGI, giusta procura speciale del notaio dott. Ferdinando Cauli di Alassio, rep. 66893 del 18/07/2003, in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

- controricorrente al ricorso incidentale -
e contro
TANCA GIUSEPPE;

- intimato -

avverso la sentenza n. 68/2003 della Corte d'Appello di CAGLIARI, depositata il 10/03/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 25/05/2006 dal Consigliere Dott. Renato RORDORF;

udito l'Avvocato Roberta TORTORA dell'Avvocatura Generale dello Stato, Luigi MARCIALIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PALMIERI Raffaele che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione, del ricorso incidentale con dichiarazione di estinzione del giudizio di appello.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. PP CA e la società AV s.p.a., in liquidazione, con atto notificato il 21 febbraio 1978 citarono la Regione autonoma Sardegna in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari. Riferirono che, con un D.P.G.R. 28 marzo 1963, detta società era stata ammessa al beneficio dell'anonimato azionario, in forza di quanto previsto dalla L.R. 12 aprile 1957, n. 10, con autorizzazione ad emettere azioni al portatore sino a L.

1.000.000.000. Il sig. CA, in applicazione del disposto dell'art. 3 della citata legge, aveva depositato presso la tesoreria della Regione diecimila azioni, del valore nominale di L. 10.000 ciascuna:
duemila a titolo di cauzione riferita al capitale di costituzione della società, ammontante a complessive L. 200.000.000, ed altre ottomila quale cauzione in vista del programmato aumento del medesimo capitale sino all'importo di L.

1.000.000.000. Tale aumento di capitale non era stato poi però eseguito, ne' era stato possibile dar corso al previsto programma industriale. Era inoltre accaduto che, per effetto dell'entrata in vigore della L.S. 9 ottobre 1971, n. 825, e del conseguente D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, fosse divenuto obbligatorio il regime di nominatività dei titoli azionari;

il che aveva determinato l'abrogazione, in quanto incompatibile, della citata L.R. n. 10 del 1957 e l'obbligo di convertire in azioni nominative le azioni al portatore emesse in forza di detta legge. In conseguenza di tutto ciò - riferirono ancora gli attori - la Regione aveva consegnato alla società AV i titoli azionari a suo tempo depositati dal sig. CA, chiedendone l'intestazione entro i termini di legge a chi di dovere;
ma aveva poi avanzato richiesta di restituzione dei corrispondenti titoli nominativi, assumendo di aver diritto ad incamerarli.
Tanto premesso, gli attori chiesero al tribunale di accertare il diritto di proprietà del sig. CA sui titoli azionari di cui s'è detto e di condannare la Regione a risarcire il danno conseguente al ritardo cagionato alle operazioni di liquidazione della società, da quantificarsi in separato giudizio.
La Regione convenuta si costituì facendo presente che, con Decreto emesso in data 22 novembre 1974 dal presidente della giunta, essendo la società AV decaduta dal beneficio dell'anonimato azionario, era stato disposto l'incameramento delle azioni in precedenza depositate a titolo di cauzione dal sig. CA;
e che l'impugnazione tardivamente proposta dalla società avverso l'ulteriore D.P.R. 13 giugno 1975, con cui era stato respinto il reclamo formulato contro il primo provvedimento, era stata dichiarata inammissibile dal Tar della Sardegna, con sentenza in data 19 aprile 1977, passata in giudicato. Eccepì pertanto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e chiese, comunque, il rigetto delle domande proposte dagli attori.
Il tribunale, ritenuta la propria giurisdizione, accolse invece dette domande, dichiarando la proprietà del sig. CA sulle diecimila azioni a suo tempo depositate a titolo di cauzione e condannando la Regione al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio.
La Regione propose appello, cui resistettero il sig. CA e la società AV.
A seguito del decesso del difensore degli appellati, il processo fu interrotto. Fu poi riassunto dall'appellante e proseguì, nella dichiarata contumacia della società, dopo che il consigliere istruttore, rilevata la nullità della notifica dell'atto di riassunzione alla medesima società, ne aveva disposto la rinnovazione. Quindi, con sentenza depositata il 10 marzo 2003, la Corte d'appello di Cagliari rigettò il gravame. La corte sarda, previa reiezione dell'eccezione con cui la difesa dell'appellato sig. CA voleva fosse dichiarata l'estinzione del processo per intempestiva riassunzione dello stesso dopo l'interruzione dovuta alla morte del difensore della società AV, ritenne che sussistesse la giurisdizione del giudice ordinario e che le domande degli attori (poi appellati) fossero fondate: giacché il decreto con cui il presidente della giunta regionale aveva disposto l'incameramento delle azioni depositate a titolo di cauzione - decreto fondato sulla previsione di una legge regionale ormai abrogata - doveva considerarsi emesso in totale carenza di potere, ed era quindi inidoneo ad incidere sulla titolarità della partecipazione azionaria spettante al sig. CA. Donde il riconoscimento anche del diritto al risarcimento dei danni sofferti da quest'ultimo e dalla società AV, le cui operazioni di liquidazione erano state così indebitamente ostacolate, tenuto anche conto del fatto che le ottomila azioni consegnate dal sig. CA in vista dell'aumento di capitale poi non eseguito neppure potevano essere considerate come facenti parte della cauzione.
Avverso tale sentenza la Regione Sardegna ha proposto ricorso per Cassazione, articolato in cinque motivi.
Hanno resistito con separati controricorsi il sig. CA e la società AV, proponendo altresì ricorso incidentale (a quello del sig. CA non è stato attribuito un autonomo numero di ruolo), cui la Regione Sardegna ha a propria volta replicato con controricorso.
Il difensore della società AV ha depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi proposti avverso la medesima debbono preliminarmente essere riuniti, secondo quanto dispone l'art. 335 c.p.c.. 2. Dei cinque motivi in cui si articola il ricorso principale, il primo ed (in parte) il terzo attengono alla giurisdizione, gli altri (e la parte restante del terzo) al merito della controversia. I ricorsi incidentali (tra loro sovrapponibili) ripropongono invece il tema dell'eccepita estinzione del giudizio in grado d'appello perché non ritualmente riassunto dopo l'intervenuta interruzione. L'esame dei ricorsi incidentali si prospetta come logicamente preliminare.

3. Per intendere compiutamente i termini della questione processuale posta con detti ricorsi incidentali conviene anzitutto riassumere brevemente l'accaduto.

3.1. All'udienza del 23 novembre 1998, a seguito del decesso del difensore degli appellati, il giudizio di secondo grado fu interrotto. Il 15 aprile 1999 la difesa della Regione appellante depositò un ricorso per riassunzione, in calce al quale l'istruttore fissò per la prosecuzione del giudizio l'udienza del 22 novembre 1999, con termine sino al 30 giugno 1999 per la notifica alla controparte. L'atto di riassunzione fu notificato, entro il predetto termine, al sig. CA (che si costituì nuovamente in causa) ed alla società AV (che invece non si costituì);
ma la validità di tale ultima notifica - effettuata nella residenza del legale rappresentante della società, ai sensi dell'art. 140 c.p.c. - fu contestata dalla difesa del sig. CA, che chiese perciò la declaratoria di estinzione del giudizio. Dopo alcune udienze dedicate alla discussione di siffatta eccezione, l'istruttore, avendo ritenuto che l'anzidetta notifica fosse nulla, perché nella relazione dell'ufficiale giudiziario non era stata menzionata l'avvenuta affissione dell'avviso di deposito alla porta dell'abitazione del destinatario, come prescritto dal citato art. 140, ne dispose la rinnovazione, fissando a tal fine un nuovo termine. Nel rispetto di questo nuovo termine la notifica fui poi rinnovata e, non essendosi la società AV nemmeno questa volta costituita, ne fu dichiarata la contumacia.

3.2. chiamata a pronunciarsi sull'eccezione di estinzione del giudizio, la corte d'appello la ha disattesa, osservando: a) che entrambe le notifiche dell'atto di riassunzione alla società, non essendosi rinvenuto alcuno nella sede sociale, legittimamente erano state eseguite nella residenza del legale rappresentante, con le formalità previste dall'art. 140 c.p.c., in presenza delle

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