Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/07/2021, n. 20383

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In tema di illecito disciplinare degli avvocati, il regime più favorevole di prescrizione introdotto dall'art.56 della l. n. 247 del 2012, il quale prevede un termine massimo di prescrizione dell'azione disciplinare di sette anni e sei mesi, non trova applicazione con riguardo agli illeciti commessi prima della sua entrata in vigore; ciò in quanto le sanzioni disciplinari contenute nel codice deontologico forense hanno natura amministrativa sicché, per un verso, con riferimento alla disciplina della prescrizione, non trova applicazione lo "jus superveniens", ove più favorevole all'incolpato, restando limitata l'operatività del principio di retroattività della "lex mitior" alla fattispecie incriminatrice e alla pena, mentre, per altro verso, il momento di riferimento per l'individuazione del regime della prescrizione applicabile, nel caso di illecito punibile solo in sede disciplinare, rimane quello della commissione del fatto e non quello della incolpazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/07/2021, n. 20383
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20383
Data del deposito : 16 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

203831 2 1 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Oggetto - Presidente Aggiunto - DISCIPLINARE MARGHERITA CASSANO AVVOCATI - Presidente di Sezione - ADELAIDE AMENDOLA Ud. 08/06/2021 - Presidente di Sezione BIAGIO VIRGILIO U.P.cam. R.G.N. 25311/2020 Rel. Consigliere - GIACOMO M S - ALBERTO GIUSTI Rep.- Consigliere - MARCO MARULLI - Consigliere - نے FRANCESCO MARIA CIRILLO - Consigliere - FN ENZO VINCENTI - Consigliere - LOREDANA NAZZICONE - Consigliere - Ceau.20383 ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 25311-2020 proposto da: F L, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO 440, presso lo studio dell'avvocato R C, rappresentato e difeso da sé medesimo;
- ricorrente

contro

CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BOLOGNA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
-

- intimati -

avverso la sentenza n. 141/2020 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 27/07/2020. udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/06/2021 dal Consigliere GIACOMO M S;
lette le conclusioni scritte dell'Avvocato Generale F S, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione vogliano rigettare il ricorso. شر 249 1 य SS.UU. Civ. Ric.n.25311/21 rg. -Ud.dell'8 giugno 2021 IVCons Fatti rilevanti e ragioni della decisione. § 1.1 L'avv. Luca F del Foro di Bologna deduce, con ricorso notificato il 1^.10.2020, cinque motivi di cassazione della sentenza n. 141 del 27.7.2020, notificata il 31.7.2020, con la quale il Consiglio Nazionale Forense, in parziale riforma della sentenza 11.11.2016 del Consiglio Distrettuale di Disciplina di Bologna: lo ha prosciolto da uno dei due capi di incolpazione disciplinare dai quali era stato - raggiunto (capo B);
ha confermato la sua responsabilità per il capo A), così contestatogli ex artt. 5, 6, 20 e 22 del Codice Deontologico Forense in vigore all'epoca dei fatti: "perchè in data 20 aprile 2011, in attesa di accedere allo sportello della Cancelleria dei decreti ingiuntivi del Tribunale di Bologna, rivolgendosi ad un collega con le seguenti espressioni a voce alta e bestemmiando, affermava: 'la finisci di rompermi i coglioni, mi hai rotto i coglioni ', mi hai rotto i coglioni, sei un decerebrato ! hai capito? sei un decerebrato!";
ha confermato, per questo capo, la già irrogata sanzione della censura. - § 1.2 Più in particolare, e per quanto qui ancora rileva, con la sentenza impugnata il Consiglio Nazionale Forense ha osservato che: - il certificato medico sulla base del quale l'incolpato aveva chiesto un rinvio dell'udienza di discussione era generico ed inidoneo a comprovare un impedimento assoluto a comparire, facendo esso mero richiamo alla necessità di riposo domiciliare per tre giorni per una non meglio descritta sindrome influenzale;
diversamente da quanto eccepito dall'incolpato in appello, l'illecito disciplinare non poteva ritenersi prescritto, applicandosi nella specie non la disciplina estintiva di cui all'art. 65 1.247/12, ma quella dell'articolo 51 RDL 1578 del 1933, in quanto vigente all'epoca del fatto;
pur a fronte del venir meno della sua rilevanza penale (art. 594 cod. pen.) l'illecito - di cui al capo A), comprovato dagli esiti delle indagini preliminari in sede penale e legittimamente utilizzabili nella presente sede, manteneva rilevanza disciplinare, integrando la violazione dei doveri di dignità e decoro, con compromissione della reputazione professionale e dell'immagine della classe forense, oltre che dell'obbligo deontologico di mantenere sempre nei confronti dei colleghi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà;
il proscioglimento per il capo B) (con il quale era stato contestato all'avv. F di aver reso false dichiarazioni al Consiglio dell'Ordine di Bologna in sede di audizione informativa sul fatto di cui al capo A)) non era tale da determinare l'adozione di una 2 ست SS.UU. Civ. Ric.n.25311/21 rg. - Ud.dell'8 giugno 2021 Il Cons.Est. misura più mite della già inflitta censura, risultando quest'ultima comunque adeguata alla non trascurabile gravità del fatto. § 1.3 Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando che: correttamente il Consiglio Nazionale Forense aveva escluso che il certificato - medico prodotto attestasse un effettivo ed assoluto impedimento a comparire all'udienza;
il tenore testuale e la ratio delle previsioni deontologiche contestate (artt.5, 6, 20 e 22 CDF previg.) escludevano il vizio di sussunzione lamentato dal ricorrente, trattandosi di fatto oggettivamente lesivo dei doveri di decoro, dignità, lealtà e correttezza che devono connotare il comportamento dell'avvocato;
l'illecito disciplinare non poteva ritenersi prescritto, essendo qui applicabile la disciplina vigente al momento dell'illecito e non della incolpazione;
insindacabile in sede di legittimità, e comunque conforme alla gravità del fatto, era la decisione con la quale il Consiglio Nazionale Forense aveva confermato la sanzione della censura pur a seguito del proscioglimento per uno dei due capi in addebito. Il ricorrente ha depositato memoria. Fissato all'udienza pubblica dell' 8 giugno 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto art. 23, comma 8-bis, del decreto-legge n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020, senza l'intervento in presenza fisica del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale. § 2.1 Con il primo ed il secondo motivo di ricorso si deduce ex art.360, co. 1^ n.4, cod.proc.civ. nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa e dell'articolo - 132 cod. proc. civ.. Per avere il Consiglio Nazionale Forense apoditticamente escluso che il certificato medico allegato comprovasse un legittimo ed assoluto impedimento a comparire all' udienza di discussione, nonostante che esso attestasse, al contrario, la sussistenza di una sindrome influenzale cogente, perchè 'necessitante' di cura e riposo domiciliare per giorni tre. § 2.2 Questi due motivi di ricorso, unificabili per l'identità sostanziale della questione da essi posta, sono infondati. Per quanto riguarda l'affermata nullità per violazione del diritto di difesa, si ritiene sufficiente richiamare il consolidato indirizzo di legittimità (anche recentemente ribadito) sull'impedimento a partecipare all'udienza disciplinare, i cui passaggi fondamentali possono così riassumersi (v.Cass. SS.UU. civ. nn. 8777/21;
3 س SS.UU. Civ. Ric.n.25311/21 rg. - Ud.dell'8 giugno 2021 Il Cons.Est. 5596/20;
24377/20;
15607/01 ed altre;
nonché, in argomento, Cass. SSUU pen. n. 36635/05, Cass.pen.nn. 15407/20;
11460/18 ed innumerevoli altre): la partecipazione all'udienza costituisce una libera scelta dell'incolpato, mentre la - mancata partecipazione comporta una lesione del suo diritto di difesa solo se determinata da un impedimento a comparire dalle caratteristiche tali da non risolversi in una mera difficoltà di presenziare all'udienza nella data stabilita, bensì in una situazione impeditiva di natura cogente ed assoluta;
è vero che in applicazione della norma di riferimento qui applicabile - l'art.420 ter cod.proc.pen. il requisito legale dell' "assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento" non concerne soltanto la capacità di recarsi fisicamente in udienza, ma anche quella di parteciparvi dignitosamente ed attivamente per l'esercizio del diritto costituzionale di difesa;
cionondimeno, anche al fine di garantire il necessario bilanciamento con il principio di ragionevole durata del processo, la condizione ostativa così delineata non può derivare in via automatica dall'esistenza di una patologia più o meno

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