Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 26/04/2004, n. 7912

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Il diritto alla somministrazione dei farmaci è attributo agli utenti del servizio sanitario nazionale dall'art. 8, commi 9 e seguenti, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, con la mediazione del provvedimento, a carattere generale e conformativo (espressione di discrezionalità amministrativa e non meramente tecnica, considerata la valutazione del rapporto costi - benefici demandata all'amministrazione), dell'organo collegiale del Ministero della sanità (ora della salute) denominato Commissione unica del farmaco, competente alla formulazione del giudizio circa il carattere essenziale di un farmaco o la sua significativa efficacia terapeutica ai fini dell'inserimento nelle classi a) o b), comportante, rispettivamente, la somministrazione gratuita e il concorso dell'assistito alla metà della spesa, ovvero c), comportante, in linea generale e salva diversa previsione delle normative regionali, l'onere economico a carico dell'assistito. Pertanto, nel sistema delineato dalla legge - rispettoso del disposto dell'art. 32 Cost., nella parte in cui, imponendo alla Repubblica la tutela della salute anche garantendo cure gratuite agli indigenti, contempla un diritto fondamentale condizionato, ai fini della determinazione dei suoi contenuti, alle scelte del legislatore, rispettose del nucleo irriducibile del diritto alla salute - il provvedimento amministrativo a carattere generale può essere disapplicato, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, a tutela del diritto soggettivo alla prestazione dedotto in giudizio, ove risulti affetto da vizi di legittimità, restando preclusa alla giurisdizione, tanto ordinaria quanto amministrativa, la sostituzione delle valutazioni dell'amministrazione mediante un sindacato non circoscritto alla legittimità. Ne discende che l'errore tecnico, imputato alla Commissione unica del farmaco nell'esercizio del potere di classificazione, può essere fatto valere dall'interessato solo per il tramite di un vizio di legittimità dell'atto (per il cui accertamento, con particolare riguardo all'eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento di potere, ovvero sotto quello sintomatico, dell'esattezza materiale dei fatti, o dell'errore manifesto di valutazione, potrebbe rendersi indispensabile una consulenza tecnica d'ufficio), ma non direttamente, domandando al giudice che, eventualmente a mezzo di consulente tecnico, operi un sindacato di merito di tipo sostitutivo del giudizio espresso dalla Commissione unica del farmaco.

Ai sensi dell'art. 5 cod. proc. civ., nelle controversie introdotte anteriormente al 10 agosto 2000 (data di entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205) ed aventi ad oggetto la domanda di rimborso delle spese sostenute per l'acquisto di farmaci, non si pone alcuna questione in ordine alla sussistenza della giurisdizione ordinaria - con conseguente obbligo di rimessione alle sezioni unite ex art. 374, primo comma, cod. proc. civ. - pur in assenza della preclusione derivante da giudicato, stante la inapplicabilità sia della disciplina sulla giurisdizione dettata dall'art. 33 (e dall'art. 45, comma 18, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80), essendo tale disciplina stata dichiarata costituzionalmente illegittima, "in parte qua", dalla Corte costituzionale con sentenza n. 292 del 2000, sia della disciplina, sostitutiva di quella dichiarata illegittima, posta dall'art. 7 della citata legge n. 205 del 2000, essendo questa priva di efficacia retroattiva.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 26/04/2004, n. 7912
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 7912
Data del deposito : 26 aprile 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

AULA A 079 10/04 REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano LA CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro Oggetto: Lavoro R.G.N. 11190/02Composta dai magistrati: S S - Presidente L V - Consigliere F R Rep. Cron. 15262 8 66Pasquale Pne relatore M L T Ud. 12.11.2003 ha pronunziato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da L Aiciliato in Roma, via Mantegazza, n. 24, presso L G, difeso dall'avv. La n L con procura speciale apposta a margine del ricorso; -ricorrente- 5853 contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE

Le/1 di Lecce, in persona del direttore generale in carica; -intimata- per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Lecce n. 812 in data 20 giugno 2001 (R.G. 211/01); sentiti, nella pubblica udienza del 12.11.2003: il cons. Pasquale Pne che ha svolto la relazione della causa;
il Pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore generale U A che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo La Corte di appello di Lecce ha confermato, rigettando l'appello di A L, la ne sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva giudicato infondata - accogliendo l'opposizione a decreto ingiuntivo - la pretesa di ottenere dall'Azienda sanitaria locale LE/1 il rimborso della spesa sostenuta. nel periodo aprile 1995-ottobre 1996, per l'acquisto del farmaco tiklid, a base di ticlopidina, al fine di curare la grave forma di fibrillazione atriale cronica da cui era affetto. 卫 La Corte di Lecce ha accertato in fatto che, secondo le previsioni dell'art. 8 della legge n. 537 del 1993, la Commissione unica del farmaco, con provvedimento 30.12.1993 aveva inserito il farmaco in classe B (farmaci di rilevante interesse terapeutico, con partecipazione dell'assistito alla spesa per il 50%) “limitatamente all'indicazione di intolleranza all'acido acetilsalicilico";
con successivo provvedimento 2.9.1997 aveva esteso la classificazione alle indicazioni di "pseudoallergia all'acido acetilsalicilico e ai pazienti sottoposti a stenting coronario per un periodo di trattamento di trenta giorni”; per i soli pazienti indicati, infine, con provvedimento 3.12.1997, il farmaco era stato incluso in classe A (farmaci essenziali e farmaci per malattie croniche, a carico totale del servizio nazionale, salva la quota fissa di £ 5.000 per ricetta). 코 Ha, quindi rilevato che le certificazioni mediche prodotte non recavano indicazioni della M patologia e del trattamento terapeutico, mentre quello attestante la necessità di cura della fibrillazione atriale cronica in data 14 luglio 1999 non comprovava che il paziente avesse manifestato intolleranza al principio attivo dell'aspirina. Né vi erano elementi per considerare illegittime le determinazioni adottate dalla C.u.f. sulla base di adeguate 2 sperimentazioni e ricerche scientifiche, non superabili dai giudizi dei medici curanti, ovvero mediante una consulenza tecnica. La cassazione della sentenza è domandata da A L con ricorso per un unico motivo, Non ha svolto attività difensive l'intimata Azienda sanitaria locale LE/1. Motivi della decisione 1. L'unico motivo di ricorso denuncia nell'intestazione violazione della normativa in materia, ma anche, nello svolgimento delle argomentazioni, vizio di motivazione. In sostanza, mediante il richiamo di numerosi precedenti della giurisprudenza di questa Corte, si deduce che l'indispensabilità e l'insostituibilità di un farmaco attribuisce il diritto di ottenerlo a carico del servizio sanitario nazionale e che il giudice di merito, al fine di accertare tale presupposto, avrebbe dovuto disporre consulenza tecnica;
che la certificazione medica prodotta comprovava la patologia e l'indispensabilità e z insostituibilità del farmaco. 2. La Corte giudica il ricorso infondato. Va premesso che, trattandosi di controversia introdotta anteriormente al 10 agosto 2000 (data di entrata in vigore della 1. 21 luglio 2000, n. 205, ai sensi dell'art. 5 c.p.c. non è consentito porsi la questione della sussistenza della giurisdizione ordinaria (con conseguente obbligo di rimessione alle sezioni unite ai sensi dell'art. 374. primo comma, c.p.c.), pur in assenza della preclusione derivante dal giudicato, stante l'inapplicabilità della disciplina sulla giurisdizione dettata dall'art. 33 (e 45, comma 18) del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, dichiarata illegittima, in parte qua, dalla sentenza costituzionale n. 292 del 2000, nonché della disciplina, sostitutiva di quella dichiara illegittima, recata dall'art. 7 dell'indicata legge n. 205 del 2000, in quanto priva di d efficacia retroattiva (cfr., tra le tante, Cass., sez. un., 7160/2003). 3. La controversia ha ad oggetto l'erogazione di prestazioni del servizio sanitario nazionale, servizio fondamentalmente disciplinato dalla 1. 23 dicembre 1978, n. 833. Peraltro, la materia sanitaria è dominata, dal punto di vista costituzionale, dai principi di cui all'art. 32 comma primo, Cost., secondo cui "la Repubblica tutela la salute come 3 M fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti", onde le funzioni, anche amministrative in senso stretto come tali non suscettibili di essere svolte dagli organi di governo senza il supporto di apparati amministrativi veri e propri - attribuite ai poteri pubblici in materia sanitaria sono, almeno in parte, sicuramente da considerarsi come costituzionalmente necessarie (cfr. " C. cost. n. 17 del 1997). 4. La giurisprudenza delle sezioni unite della Corte, sia pure nell'ambito di pronunce dirette a regolare la giurisdizione, è da tempo consolidata nel ricondurre, in linea di massima e in base alla forza espansiva dell'art. 32 Cost., la pretesa a fruire di prestazioni del servizio sanitario nazionale alle situazioni soggettive garantite con la consistenza del diritto soggettivo, non ostandovi l'organizzazione del servizio in forma amministrativa e la fonte di diritto pubblico delle obbligazioni, con la precisazione che la tutela del diritto soggettivo è attuabile anche mediante la disapplicazione di atti amministrativi non conformi a legge, ai sensi dell'art. 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (cfr. Cass., sez. un., 12218/1990). Si riconosce, quindi, la possibilità che la legge conferisca veri e propri poteri agli organi amministrativi nella materia (in particolare, di determinazione dei vari livelli delle prestazioni, di autorizzazione ad avvalersi di forme di assistenza indiretta, ecc.);
che, di conseguenza, i relativi atti di esercizio siano annullabili dal giudice amministrativo a tutela degli interessi legittimi, ovvero disapplicabili dal giudice ordinario a tutela dei diritti soggettivi (cfr. Cass., sez. un., 837/1999). 1 5. Con riguardo all'istituto della disapplicazione degli atti amministrativi non conformi a legge, peraltro, la giurisprudenza della Corte non è stata sempre chiara nella sua esatta definizione, omettendo non di rado di chiarire la radicale differenza che intercorre tra la negazione dell'efficacia di un atto amministrativo che non trovi supporto nell'attribuzione del potere di regolare e disciplinare, con effetti immancabilmente costitutivi, la situazione giuridica e di comporre così i conflitti di interesse (disapplicazione in senso improprio e non tecnico), e la disapplicazione (in senso 4 proprio o tecnico) che consiste nel considerare tamquam non esset, ai soli fini del processo e della decisione di una questione di diritto soggettivo, un provvedimento autoritativo (che continua fuori del processo ad esplicare la sua efficacia tipica) che sia ritenuto non conforme a legge. Nella prima evenienza, infatti, il giudice conosce dell'atto verificando la cd. carenza di potere amministrativo nell'esercizio della sua competenza principale (l'atto amministrativo è ritenuto privo di effetti anche fuori del processo e con efficacia di giudicato);
di conseguenza, resta escluso ogni tipo di efficacia dell'atto e la situazione giuridica deve essere accertata direttamente, come disegnata in via originaria dall'ordinamento, senza la mediazione dell'atto. Nella seconda, al contrario, il giudice conosce dell'atto nell'esercizio di competenza meramente incidentale, quale mezzo al fine di tutelare il diritto soggettivo che subisce in qualche modo l'incidenza dell'efficacia tipica dell'atto medesimo (stante il principio della dissociazione tra legittimità ed efficacia degli atti amministrativi provvedimentali) e la disapplicazione consente di prescindere dai suoi effetti ai fini della decisione (effetti che persistono inalterati fuori del processo fino all'annullamento ad opera delle autorità competenti). Ne segue che, ai fini della disapplicazione dei provvedimenti amministrativi, il giudice ordinario non ha poteri di sindacato diversi e più ampi di quelli del giudice deputato istituzionalmente al controllo del potere pubblico (il giudice amministrativo) e ciò esprime chiaramente la giurisprudenza della Corte quando avverte che la disapplicazione può essere determinata da qualsiasi vizio di legittimità (compreso l'eccesso di potere), ma non certo da valutazioni di merito istituzionalmente riservate all'amministrazione (cfr. Cass., sez. un., 5705/1990;
Cass. 6001/1995;
232/2002). 6. Nella prospettiva della disapplicazione in senso ampio, cioè della carenza di potere amministrativo, si collocano le decisioni della Corte, secondo le quali, ove a fondamento della domanda di un assistito del servizio sanitario nazionale, rivolta a ottenere il rimborso delle spese per cure presso strutture private o estere, non preventivamente autorizzate secondo la regolamentazione del servizio, vengano dedotte 5 ragioni di urgenza - che comportano per l'assistito pericoli di vita o di aggravamento della malattia o di non adeguata guarigione,

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