Cass. pen., sez. IV, sentenza 14/02/2023, n. 06154
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: SCACCIA VINCENZO nato a MONTEMAGGIORE BELSITO il 25/11/1952 avverso la sentenza del 17/12/2020 della CORTE APPELLO di PALERMOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO PEZZELLA;
Lette le conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020 conv. dalla I. n. 176/2020, come prorogato ex art. 16 d.1. 228/21 conv. con modif. dalla 1.15/22 e successivamente ex art. 94, co. 2, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come sostituito dall'art.
5-duodecies della I. 30.12.2022, n. 199, di conversione in legge del d.l. n. 162/2022), del P.G., in persona del Sost. Proc. Gen. F C, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e dell'Avv. carmelo P per il ricorrente che ha insistito per l'accoglimento del ricorso chiedendo anche di valutarsi l'eventuale intervenuta prescrizione del reato. L
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Palermo, pronunciando sul gravame nel merito pro- posto dall'odierno ricorrente S V e dal responsabile civile HDI Assi- curazioni spa, con sentenza del'17/12/2020, ha confermato la sentenza con cui il 1/12/2019 il giudice monocratico del Tribunale di Termini Imerese, concessegli le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla contestata aggravante di cui all'art. 589 co. 2 cod. pen. aveva condannato l'imputato alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con sospensione della patente di guida, oltre, solido con il responsabile civile, al risarcimento del danno alle parti civili da liquidarsi in separato giudizio, con una provvisionale a loro favore di 20.000 euro ciascuna. Ciò in quanto ritenutolo responsabile del reato di cui all'ad 589 co. 2 cod. pen. perché, percorrendo la SS 120 all'altezza del Km 6,100, alla guida dell'autovettura Mercedes Classe A tg BX916MP, per negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché per colpa specifica, consistita nel tenere una velocità pari a circa 120 Km/h, lad- dove il limite imposto era pari a 90 km/h, e comunque mantenendo una velocità ed una condotta di guida del tutto inadeguate in relazione all'orario serale (ore 19 circa) ed allo stato dei luoghi (in considerazione dell'assenza di illuminazione pub- blica, della presenza di numerose curve e della presenza di abitazioni sul lato della strada stessa), il tutto in violazione, fra l'altro, degli artt. 140, 141, 142 d.lgs. 285/92 (Cod. Strada) cagionava la morte del pedone Dolce Calogera;
in partico- lare, mentre quest'ultima stava attraversando la strada al fine di raggiungere l'in- gresso della propria abitazione, lo Scaccia la investiva con violenza, proiettandola in avanti per circa 17,50 metri, non riuscendo ad evitarla in ragione della velocità sostenuta e comunque impedendo alla stessa Dolce di avvedersi del sopraggiun- gere dell'autovettura e di spostarsi per tempo dalla sede stradale. Con l'aggra- vante di aver commesso il fatto con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. In Termini Imerese 1'8/1/2014. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, lo Scaccia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. Con un unico motivo il ricorrente lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e "travisa- mento del fatto" (così in ricorso). Il ricorrente evidenzia che la Corte territoriale richiama più volte nella sua motivazione le dichiarazioni dell'imputato sulla velocità tenuta nel tratto di strada in cui si è verificato l'incidente ("l'imputato ha reso dichiarazioni confessorie... al momento dell'incidente teneva una velocità di 65/70 km orari..."). E nella sua motivazione ritiene tale dichiarazione addirittura prevalente su qualsiasi esame sull'opportunità di procedere ad un ulteriore accertamento della dinamica del sini- stro a mezzo di una perizia collegiale (richiesta espressamente dagli appellanti anche in tale grado di giudizio), pur ammettendo che le conclusioni alle quali sono pervenuti i periti contrastano tra loro, anche in ordine alla tenuta velocità al mo- mento dell'impatto. La Corte -ci si duole in ricorso- avrebbe del tutto travisato il tenore della di- chiarazione dell'imputato resa nel corso dell'esame. Secondo il ricorrente, com'è dato rilevare da un'attenta lettura dell'intera trascrizione, quella dell'imputato non è stata un'affermazione di verità, bensì una sua desunzione (quindi un convinci- mento) per altro fornita a distanza di cinque anni dal fatto. A conferma di ciò l'imputato ha anche aggiunto perché così ha risposto: "...in quel tratto di strada non si può andare più veloce". Ancora, visto il tempo trascorso, cosa diversa sarebbe stata se fosse stata assunta a sostegno della decisione (anche sotto forma di indizio) una dichiarazione resa dall'imputato nell'immediatezza dei fatti. Giuridicamente -si legge in ricorso- la confessione può essere qualificata tale solo se si riferisce ad un'azione specifica commessa dall'imputato ("... ho frenato. non ho frenato ... l'ho vista.., non l'ho vista..."), ma non ad una sua percezione. Cosa diversa se l'imputato avesse detto: il tachimetro della mia autovettura se- gnava 65\70 Km. Avrebbe errato la Corte territoriale perché, in ogni caso, la confessione nel processo penale deve essere valutata sempre alla stregua di un indizio e non di una prova vincolante, nel senso che essa deve trovare riscontro in altri elementi raccolti, come ad esempio le testimonianze di altre persone oppure gli oggetti sequestrati come corpo del reato, in quanto è assai rischiosa una condanna penale basata unicamente sulle dichiarazioni dell'imputato. Nel caso in specie la Corte del merito -ci si duole- non ha fornito alcuna cor- relazione di tale suo convincimento basato sulla presunta confessione dell'impu- tato rispetto: a. alla deposizione della moglie dell'imputato (passeggera che si trovava al suo fianco) che ha chiaramente riferito di una condotta moderata della velocità ed anche del suo mancato avvistamento della vittima (anzi non si accorse nemmeno lei dell'investimento);
b. alla deposizione della teste Cicero (unica che ha riferito della dinamica dell'investimento nei particolari perché seguiva l'attra- versamento della vittima) che non ha per nulla riferito di una velocità sostenuta dell'autovettura condotta dall'imputato;
c. alle diverse conclusioni sulla velocità tenuta dall'auto investitrice alle quali sono pervenuti i periti.La Corte territoriale sarebbe, altresì, caduta in errore (pag.10 della sentenza impugnata) nell'assumere ancora una volta a base della richiesta prudenza all'im- putato nella guida le due circostanze: a. la prima, che fosse un tratto di strada con diverse case di abitazione: circostanza questa che non si rileverebbe, in assoluto, da nessun accertamento;
anzi sarebbe proprio la deposizione della teste Cicero a confermare che accompagnò la vittima perché abitava in luogo isolato e fuori dal centro urbano;
b. la seconda, che i fari accesi dell'autovettura della Cicero avreb- bero dovuto allertare l'imputato. La prima avrebbe determinato una motivazione fondata su un fatto non ac- clarato in giudizio, oltre che non vero. La seconda, al contrario, valorizzerebbe la tesi dell'imputato che cioè non po- tesse essere in ogni caso avvistata in tempo la vittima che transitò dietro il fascio di luce dei fari e non davanti, evidenziando l'illogicità della motivazione assunta per la conferma della condanna. Avrebbe comunque errato la Corte territoriale a porre a fondamento della sua decisione le regole di comportamento di cui all'art. 141 cod. strada, posto che il mancato - o comunque impreciso - accertamento della velocità tenuta dall'auto dell'imputato: a. non consente di individuare il comportamento alternativo lecito cui si sarebbe dovuto attenere l'imputato;
b. non consente di stabilire se egli po- tesse o meno arrestare il suo veicolo in tempo per poter evitare l'impatto con la vittima, la quale, come univocamente emerso (e come riconosciuto dalla stessa Corte d'appello), eseguì l'attraversamento in maniera imprudente, repentina e al di fuori di un punto di attraversamento consentito (ad esempio strisce pedonali), sbucando da dietro un veicolo fermatosi in un punto (tra l'altro nemmeno accertato con esattezza) della corsia di marcia opposta a quella di pertinenza
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO PEZZELLA;
Lette le conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020 conv. dalla I. n. 176/2020, come prorogato ex art. 16 d.1. 228/21 conv. con modif. dalla 1.15/22 e successivamente ex art. 94, co. 2, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come sostituito dall'art.
5-duodecies della I. 30.12.2022, n. 199, di conversione in legge del d.l. n. 162/2022), del P.G., in persona del Sost. Proc. Gen. F C, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e dell'Avv. carmelo P per il ricorrente che ha insistito per l'accoglimento del ricorso chiedendo anche di valutarsi l'eventuale intervenuta prescrizione del reato. L
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Palermo, pronunciando sul gravame nel merito pro- posto dall'odierno ricorrente S V e dal responsabile civile HDI Assi- curazioni spa, con sentenza del'17/12/2020, ha confermato la sentenza con cui il 1/12/2019 il giudice monocratico del Tribunale di Termini Imerese, concessegli le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla contestata aggravante di cui all'art. 589 co. 2 cod. pen. aveva condannato l'imputato alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con sospensione della patente di guida, oltre, solido con il responsabile civile, al risarcimento del danno alle parti civili da liquidarsi in separato giudizio, con una provvisionale a loro favore di 20.000 euro ciascuna. Ciò in quanto ritenutolo responsabile del reato di cui all'ad 589 co. 2 cod. pen. perché, percorrendo la SS 120 all'altezza del Km 6,100, alla guida dell'autovettura Mercedes Classe A tg BX916MP, per negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché per colpa specifica, consistita nel tenere una velocità pari a circa 120 Km/h, lad- dove il limite imposto era pari a 90 km/h, e comunque mantenendo una velocità ed una condotta di guida del tutto inadeguate in relazione all'orario serale (ore 19 circa) ed allo stato dei luoghi (in considerazione dell'assenza di illuminazione pub- blica, della presenza di numerose curve e della presenza di abitazioni sul lato della strada stessa), il tutto in violazione, fra l'altro, degli artt. 140, 141, 142 d.lgs. 285/92 (Cod. Strada) cagionava la morte del pedone Dolce Calogera;
in partico- lare, mentre quest'ultima stava attraversando la strada al fine di raggiungere l'in- gresso della propria abitazione, lo Scaccia la investiva con violenza, proiettandola in avanti per circa 17,50 metri, non riuscendo ad evitarla in ragione della velocità sostenuta e comunque impedendo alla stessa Dolce di avvedersi del sopraggiun- gere dell'autovettura e di spostarsi per tempo dalla sede stradale. Con l'aggra- vante di aver commesso il fatto con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. In Termini Imerese 1'8/1/2014. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, lo Scaccia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. Con un unico motivo il ricorrente lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e "travisa- mento del fatto" (così in ricorso). Il ricorrente evidenzia che la Corte territoriale richiama più volte nella sua motivazione le dichiarazioni dell'imputato sulla velocità tenuta nel tratto di strada in cui si è verificato l'incidente ("l'imputato ha reso dichiarazioni confessorie... al momento dell'incidente teneva una velocità di 65/70 km orari..."). E nella sua motivazione ritiene tale dichiarazione addirittura prevalente su qualsiasi esame sull'opportunità di procedere ad un ulteriore accertamento della dinamica del sini- stro a mezzo di una perizia collegiale (richiesta espressamente dagli appellanti anche in tale grado di giudizio), pur ammettendo che le conclusioni alle quali sono pervenuti i periti contrastano tra loro, anche in ordine alla tenuta velocità al mo- mento dell'impatto. La Corte -ci si duole in ricorso- avrebbe del tutto travisato il tenore della di- chiarazione dell'imputato resa nel corso dell'esame. Secondo il ricorrente, com'è dato rilevare da un'attenta lettura dell'intera trascrizione, quella dell'imputato non è stata un'affermazione di verità, bensì una sua desunzione (quindi un convinci- mento) per altro fornita a distanza di cinque anni dal fatto. A conferma di ciò l'imputato ha anche aggiunto perché così ha risposto: "...in quel tratto di strada non si può andare più veloce". Ancora, visto il tempo trascorso, cosa diversa sarebbe stata se fosse stata assunta a sostegno della decisione (anche sotto forma di indizio) una dichiarazione resa dall'imputato nell'immediatezza dei fatti. Giuridicamente -si legge in ricorso- la confessione può essere qualificata tale solo se si riferisce ad un'azione specifica commessa dall'imputato ("... ho frenato. non ho frenato ... l'ho vista.., non l'ho vista..."), ma non ad una sua percezione. Cosa diversa se l'imputato avesse detto: il tachimetro della mia autovettura se- gnava 65\70 Km. Avrebbe errato la Corte territoriale perché, in ogni caso, la confessione nel processo penale deve essere valutata sempre alla stregua di un indizio e non di una prova vincolante, nel senso che essa deve trovare riscontro in altri elementi raccolti, come ad esempio le testimonianze di altre persone oppure gli oggetti sequestrati come corpo del reato, in quanto è assai rischiosa una condanna penale basata unicamente sulle dichiarazioni dell'imputato. Nel caso in specie la Corte del merito -ci si duole- non ha fornito alcuna cor- relazione di tale suo convincimento basato sulla presunta confessione dell'impu- tato rispetto: a. alla deposizione della moglie dell'imputato (passeggera che si trovava al suo fianco) che ha chiaramente riferito di una condotta moderata della velocità ed anche del suo mancato avvistamento della vittima (anzi non si accorse nemmeno lei dell'investimento);
b. alla deposizione della teste Cicero (unica che ha riferito della dinamica dell'investimento nei particolari perché seguiva l'attra- versamento della vittima) che non ha per nulla riferito di una velocità sostenuta dell'autovettura condotta dall'imputato;
c. alle diverse conclusioni sulla velocità tenuta dall'auto investitrice alle quali sono pervenuti i periti.La Corte territoriale sarebbe, altresì, caduta in errore (pag.10 della sentenza impugnata) nell'assumere ancora una volta a base della richiesta prudenza all'im- putato nella guida le due circostanze: a. la prima, che fosse un tratto di strada con diverse case di abitazione: circostanza questa che non si rileverebbe, in assoluto, da nessun accertamento;
anzi sarebbe proprio la deposizione della teste Cicero a confermare che accompagnò la vittima perché abitava in luogo isolato e fuori dal centro urbano;
b. la seconda, che i fari accesi dell'autovettura della Cicero avreb- bero dovuto allertare l'imputato. La prima avrebbe determinato una motivazione fondata su un fatto non ac- clarato in giudizio, oltre che non vero. La seconda, al contrario, valorizzerebbe la tesi dell'imputato che cioè non po- tesse essere in ogni caso avvistata in tempo la vittima che transitò dietro il fascio di luce dei fari e non davanti, evidenziando l'illogicità della motivazione assunta per la conferma della condanna. Avrebbe comunque errato la Corte territoriale a porre a fondamento della sua decisione le regole di comportamento di cui all'art. 141 cod. strada, posto che il mancato - o comunque impreciso - accertamento della velocità tenuta dall'auto dell'imputato: a. non consente di individuare il comportamento alternativo lecito cui si sarebbe dovuto attenere l'imputato;
b. non consente di stabilire se egli po- tesse o meno arrestare il suo veicolo in tempo per poter evitare l'impatto con la vittima, la quale, come univocamente emerso (e come riconosciuto dalla stessa Corte d'appello), eseguì l'attraversamento in maniera imprudente, repentina e al di fuori di un punto di attraversamento consentito (ad esempio strisce pedonali), sbucando da dietro un veicolo fermatosi in un punto (tra l'altro nemmeno accertato con esattezza) della corsia di marcia opposta a quella di pertinenza
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