Cass. civ., sez. V trib., sentenza 20/03/2023, n. 08001

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 20/03/2023, n. 08001
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 08001
Data del deposito : 20 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 16714‒2015R.G. proposto da: Cooperativa Sociale

NUOVA SAIR

Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, R R, rappresentat a e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. R L, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Fregene, n. 67, presso lo studio ACTA;
-ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 063633911001, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
-controricorrente - avverso la sentenza n. 1758/01/2015 della Commissione tributaria regionale delLAZIO, depositata in data 23/03/2015;
Oggetto: Tributi‒ cooperativa‒ mutualità prevalente e ONLUS ‒ agevolazioni fiscali udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 09/02/2023 dal Cons. L L;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generaledott. T B , che ha concluso chiedendo il rigettodel ricorso. Rilevato che:

1. In data 1° febbraio 2008 la G.d.F. di Roma iniziava una verifica fiscale nei confronti della Cooperativa sociale Nuova Sair Onlus conclusasi con la consegna del relativo p.v.c. in data 26 giugno 2008. Sulla scorta delle risultanze di tale verifica l’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della predetta cooperativaun avviso di accertamento con cui l’amministrazione finanziaria, per l’anno d’imposta 2007, disconosciut e le agevolazioni fiscali per insussistenza del requisito di mutualità prevalente e, r ilevata l’omessa dichiarazione di canoni di locazione, recuperava a tassazione maggiori importi ai fini IRES, IRAP ed IVA.

2. La società cooperativa impugnava l’atto impositivo dinanzi alla CTP di Roma che rigettava il ricorso e analoga sorte subiva l’appello proposto dalla predetta società che la CTR del Lazio rigettava con la sentenza impugnata, in cui, per le parti in questa sede ancora rilevanti, sosteneva che il superamento dei termini di permanenza dei verificatori presso la sede della contribuente fosse meramente ordinatorio e non incidesse sull’utilizzabilità delle prove raccolte e sulla legittimità degli atti di accertamento;
che non sussisteva la violazione del diritto al contraddittorio in quanto la fase accertativa si era svolta «attraverso l’emissione di verbali giornalieri e di un verbale finale di constatazione, tutti a piena conoscenza della società, e rispetto ai quali nessuna attività di contestazione era stata svolta»;
che la pretesa erariale era fondata in quanto la cooperativa aveva erogato «premi ai membri del consiglio di amministrazione di gran lunga superiori a quelli normalmente convenuti» nonché «premi di produzione del tutto anomali» e la società appellante, cui gravava l’onere di provare la sussistenza dei presupposti per beneficiare del regime agevolativo, non aveva fornito nessuna prova concreta, limitandosi a richiedere l’estensione al processo tributario delle risultanze favorevoli del procedimento penale instaurato nei confronti deicomponenti del consiglio di amministrazione, conclusosi con l’archiviazione disposta dal GIP del Tribunale di Roma.

3. Avverso la sentenza d’appello la società cooperativa propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi cui replical’intimata con controricorso.

Considerato che:

1. Il primo motivo di ricorso , con cui viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 5, della legge n. 212 del 2000, è incentrato sul «superamento del termine utile per espletare la verifica nei confronti della contribuente e la conseguente nullità degli atti consequenziali».

1.1. Più in particolare la ricorrente sostiene che i giudici di appello, nel ritenere che il termine di trenta giorni previsto dalla disposizione censurata andasse calcolata sulla base degli effettivi giorni di permanenza dei verificatori presso l’azienda, escludendosi i singoli contatti, ad esempio per notifica di atti, prelievo e riconsegna di documenti, con conseguente sospensione della verifica in tutti quei i casi in cui sorge la necessità «di effettuare eventuali controlli di coerenza esterna (controlli incrociati) o comunque altre attività», avrebbero violato il comma 5 dell’art. 12 citato che, nella versione applicabile ratione temporis, e quindi antecedente alla modifica apportata dall’art. 7 del d.l. n. 70 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 106 del 2011, prevedeva che si dovessero calcolare tutti i giorni lavorativi successivi al primo accesso e non solo quelli di effettiva permanenza nei locali della contribuente.

2. Con il secondo motivo di ricorso, dedotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod., viene censurata la statuizione d’appello che, sempre in violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 5, della legge n. 212 del 2000, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento nonostante fosse fondato su verifica fiscale protratta oltre i limiti temporali previsti dalla citata disposizione in assenza della prescritta autorizzazione.

2.1. Sostiene la ricorrente che nella specie la verifica si era protratta oltre il termine ordinario di trenta giorni previsto dalla prima parte del comma 5 del citato art. 12 in assenza di autorizzazione alla proroga e che, in ogni caso, anche a voler prescindere dalle modalità di calcolo dei giorni, dall’accertata violazione della norma i giudici di appello avrebbero dovuto far discendere la nullità degli atti consequenziali in quanto la mancata previsione espressa di una sanzione non avrebbe potuto consentire di avallare il comportamento illegittimo dell’amministrazione finanziaria di protrarre le verifiche per periodi interminabili, secondo la discrezionalità della stessa.

3. I motivi, la cui stretta connessione logica ne consentono l’esame congiunto, sono infondatied il primo è anche inammissibile.

4. Muovendo da tale ultimo profilo, osserva il Collegio che con il primo motivo il ricorrente non censura, come invece fa con il secondo motivo, l’autonoma ratio decidendi dell’impugnata sentenza sulla natura meramente ordinatoria dei termini previsti dalla disposizione censurata e l’irrilevanza del superamento degli stessi ai fini dell’utilizzabilità delle prove raccolte in sede di verifica e della legittimità degli atti di accertamento, essendosi limitata a contestare esclusivamente le modalità di calcolo di quei termini così come operata dai giudici di appello.

4.1. In ogni caso i due motivi sono infondati in quanto la statuizione impugnata si pone in linea con il consolidato orientamento di questa Corte in materia, di cui i giudici di appello danno atto in motivazione richiamando alcune pronunce di legittimità che ribadiscono che «in tema di verifiche tributarie, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, ne' la nullità di tali atti può ricavarsi dalla "ratio" delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell'Amministrazione» (Cass. n. 17002 del 2012 richiamata in Cass. n. 7606 del 2014, in motivazione;
v. anche Cass. n. 26732 del 2013, Cass. n. 7584 del 2015 e Cass. n. 2055 del 2017).

4.2. Il principio è stato ribadito recentemente da Cass. n. 6779 del 2022 secondo cui «In tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dall'art. 12, comma 5, della l. n. 212 del 2000, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l'invalidità degli atti compiuti o l'inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati».

5. Con il terzo motivodi ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere la CTR omesso di pronunciare sull’eccezione relativa all’assenza di autorizzazione ad estendere l’ambito oggettivo della verifica, in violazione del combinato disposto dagli artt. 33, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 52, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972. 5.1. Sostiene, al riguardo, di aver devoluto «all’attenzione del «Collegio regionale» l’eccezione relativa alla «mancanza di una preventiva autorizzazione da parte del Comandante del Reparto territorialmente competente ad estendere l’indagine» che nell’ordine di servizio esibito dai militari della G.d.F. riguardava l’anno d’imposta 2006 e solo le imposte dirette.

5.2. Il motivo è infondato perun duplice ordine di ragioni.

5.3. Innanzitutto, perché sull’eccezione, espressamente rigettata dai giudici di primo grado con motivazione riprodotta a pag. 15 del ricorso in esame, i giudici di appello si sono pronunciati affermando che «I giudici di primo grado hanno diffusamente dato conto delle posizioni delle parti e dell’iter in base al quale hanno formato il loro convincimento che peraltro ben può essere condiviso anche da questa commissione» (sentenza, pag. 3). E’ ben vero che la CTR ha poi sviluppato, più diffusamente nel corpo motivazionale della sentenza impugnata, le ragioni di non condivisione delle tesi di parte appellante su altre questioni, richiamando anche le argomentazioni della prima statuizione, ma il non aver spiegato compiutamente le ragioni del rigetto dell’eccezione in esame, se non con quella generica formula, poteva dar luogo a vizio (quello di nullità della sentenza per motivazione sul punto apparente) diverso da quello (di omessa pronuncia) dedotto con il motivo in esame.
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