Cass. civ., sez. I, sentenza 07/12/2022, n. 35960

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 07/12/2022, n. 35960
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 35960
Data del deposito : 7 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sul ricorso 22155/2015 proposto da: Italfondiario s.p.a., quale procuratrice di Castello Finance s.p.a., rappresentata e difesa dall'avvocato T C;
ricorrente

contro

Fallimento Porto Laconia s.p.a.;
intimato avverso il decreto n. 74/2015 del Tribunale di Verona depositato il giorno 23 luglio 2015. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17.5.2022 dal consigliere relatore dott. M F;
lette le conclusioni scritte, ex art. 23 comma 8-bis d.l.n. 137/2020 Sez. I — RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 convertito con modificazioni dalla legge n. 176/2020, il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. G B N che chiede il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. — Il Giudice delegato al fallimento di Porto Laconia s.r.I., dichiarato dal Tribunale di Verona il 22 marzo 2012, a seguito della risoluzione del concordato della società omologato il 29 gennaio 2002, ha respinto la domanda di ammissione allo stato passivo depositata il 20 maggio 2013 da Italfondiario s.p.a., quale procuratrice di Castello Finance s.p.a., per intervenuta prescrizione del credito insinuato, di euro 836.083,37, maturato a titolo di saldo debitore dei conti correnti a suo tempo intrattenuti dalla fallita con Intesa Gestione Crediti s.p.a. e da questa ceduto a Castello Finance con contratto — di cessione di rapporti giuridici in blocco — del 6 dicembre 2005. L'opposizione proposta da Italfondiario, nella qualità, contro il provvedimento del Giudice delegato è stata respinta dal Tribunale di Verona con decreto del 23 luglio 2015. Il Giudice del merito ha escluso che potesse trovare applicazione la sospensione della prescrizione di cui all'art. 2941, n. 6, c.c. con riferimento al periodo di tempo in cui risultava aperta la procedura di concordato preventivo nei confronti della società poi dichiarata fallita. Ha aggiunto che non poteva operare nemmeno la disciplina di cui all'art. 168, comma 2, I. fall., osservando che le prescrizioni sospese in forza della disposizione indicata sono solo quelle interrotte dagli atti vietati ai sensi del primo comma dello stesso articolo, mentre nella fattispecie non veniva in questione alcuna azione esecutiva. Infine ha negato assumessero rilievo, ai fini interruttivi della prescrizione, le richieste di pagamento indirizzate al liquidatore giudiziale, il quale non aveva alcun potere di riconoscere diritti altrui. 2. — Contro tale pronuncia ricorre per cassazione Italfondiario, Sez. I- RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 2 quale procuratrice di Castello Finance s.p.a.. Il ricorso è articolato in quattro motivi. Il fallimento intimato non ha svolto difese. Il Pubblico Ministero ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto respingersi il ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. — I motivi di ricorso si riassumono come segue. 1.1. — Il primo oppone l'omesso esame di fatto decisivo della controversia, oggetto di discussione tra le parti, e, inoltre, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 c.c., 168 I. fall., 111 Cost. e 1372 c.c.. Si rammenta che nell'atto introduttivo del giudizio erano state sollevate contestazioni ulteriori rispetto a quella incentrata sulla sospensione della prescrizione: questioni di cui il decreto impugnato non si sarebbe occupato;
si deduce, in particolare, essersi dibattuto della decorrenza del termine prescrizionale. L'istante ripropone tale tema;
a suo avviso «ritenere che il termine di prescrizione abbia intrapreso il proprio decorso solamente con la sentenza dichiarativa di fallimento appare l'unica conclusione conforme al canone di correttezza e buona fede e soprattutto all'art. 111 Cost.». Si osserva inoltre che la condotta del liquidatore giudiziale della società in concordato preventivo che non abbia mai contestato l'esistenza del credito assume un ruolo di assoluto rilievo ai fini dell'art. 2935 c.c., «manifestandosi, cioè, in un contegno che, quantomeno di fatto, ha inibito a tutti i creditori qualsivoglia iniziativa di recupero, sia essa di recupero coattivo che di cognizione». 1.2. — Il secondo motivo prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 168 I. fall. e 2941, n. 6, c.c.. Si deduce che la cessione dei beni del concordato liquidatorio si traduce nel conferimento di un mandato irrevocabile volto alla liquidazione e che i destinatari del trasferimento della facoltà di disposizione dei beni e dei connessi poteri di amministrazione risultano essere i creditori, i quali sono vincolati ad esercitare dette facoltà per il tramite del liquidatore nominato dal Sez. I - RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 3 giudice. In tal senso, il debitore è spogliato dell'amministrazione dei beni: con riferimento a questa situazione ricorrerebbe dunque la fattispecie di cui all'art. 2941, n. 6, c.c., nella quale i beni del debitore sono sottoposti per provvedimento del giudice all'amministrazione altrui. 1.3. — Col terzo motivo il decreto impugnato è censurato per violazione e falsa applicazione degli artt. 182 I. fall. e 2944 c.c.. Viene ricordato che con lettera del 15 aprile 2004 il liquidatore giudiziale aveva chiesto alla banca di «precisare l'ammontare del credito complessivamente vantato ad esito delle note fusioni di aziende bancarie, distinguendo le singole componenti riferibili alle originarie banche creditrici». Ad avviso della ricorrente, la richiesta di precisazione del solo ammontare del credito consentirebbe di attribuire alla dichiarazione il portato di un atto interruttivo della prescrizione, essendo nella fattispecie integrata l'ipotesi del riconoscimento dell'altrui diritto. 1.4. — Il quarto motivo oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 168 I. fall. e degli artt. 2935, 2941, n. 6, e 2944 c.c. in combinato disposto con l'art. 100 c.p.c.. Deduce la ricorrente che a fronte della costante mancata contestazione dell'esistenza e dell'entità del credito, la banca che ne era titolare non aveva alcun interesse ad agire per ottenere un titolo giudiziale al riguardo: il che avrebbe determinato la mancata decorrenza del termine prescrizionale. 2. — I motivi di ricorso pongono tre ordini di censure. Il primo e il quarto motivo sottopongono alla Corte il tema della decorrenza della prescrizione del diritto di credito nel caso sia pendente la procedura di concordato preventivo;
il secondo motivo affronta la questione della sospensione della prescrizione che maturi nel corso dell'indicata procedura;
il terzo prospetta il tema del valore ricognitivo — ai fini dell'interruzione della prescrizione — che andrebbe in ipotesi conferito a una dichiarazione del liquidatore, contenuta in una missiva da questi Sez. I- RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 4 indirizzata a Intesa Gestione Crediti. 3. — Quest'ultimo motivo è privo di fondamento. 3.1. — Il riconoscimento del diritto è idoneo ad interrompere la prescrizione, a norma dell'art. 2944 c.c., purché provenga da colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere e che ne abbia poteri dispositivi, e non già da un terzo che non sia stato autorizzato dal primo a rendere tale riconoscimento (Cass. 18 dicembre 2020, n. 29101;
Cass. 30 settembre 2015, n. 19529). In caso di concordato preventivo con cessione dei beni, poi, si determina in capo agli organi della procedura il trasferimento non già della proprietà dei beni e della titolarità dei crediti, ma esclusivamente dei poteri di gestione finalizzati alla liquidazione (Cass. 12 maggio 2010, n. 11520;
Cass. 13 aprile 2005, n. 7661). Non si vede, quindi, come il richiamato riconoscimento potesse essere efficacemente speso dal liquidatore, soggetto che non è subentrato nella titolarità del credito e che tanto meno può dirsi sia stato autorizzato a rendere una tale dichiarazione dal debitore (sull'assenza, in capo al commissario liquidatore, del potere di riconoscere i debiti concorsuali e sulla impossibilità di correlare a una ipotetica siffatta attività del detto organo l'interruzione della prescrizione, cfr. Cass. 20 novembre 2018, n.29982, non massimata in CED). 4. — I restanti motivi, che investono dalle angolazioni di cui si è parlato il tema della decorrenza della prescrizione nel corso della procedura concordataria, possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati nei termini che si vengono a esporre. 4.1. — Come è noto, all'interno dell'ordito normativo che il legislatore dedica al concordato preventivo non esistono disposizioni che espressamente regolino, in termini generali, il decorso della prescrizione: manca, in particolare, una norma come quella di cui all'art. 94 I. fall., per il quale la domanda di ammissione al passivo produce gli effetti della domanda giudiziale per tutto il corso del Sez. I - RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 5 fallimento (dal che discende che con la presentazione dell'istanza di insinuazione al passivo fallimentare si determina, ai sensi dell'art. 2945, comma 2, c.c., l'interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, e ciò anche nei confronti del condebitore solidale del fallito, ex art. 1310, comma 1, c.c.: Cass. 19 aprile 2018, n. 9638;
Cass. 39 agosto 2016, n. 17412). 4.2. — Della prescrizione dei crediti nella pendenza della procedura di concordato si occupa il solo art. 168 I. fall., il quale — dopo aver previsto, al primo comma, che dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore — dispone, al secondo comma, che «[l]e prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano». La norma è interpretata da questa Corte nell'unica direzione possibile, che è poi quella da tempo indicata dalla più autorevole dottrina: nel senso, cioè, che l'art. 168 I. fall., nel disporre la sospensione delle prescrizioni dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese, non prevede una sospensione generalizzata, riferita ai diritti di natura patrimoniale spettanti a tutti i creditori concordatari, ma limita l'effetto sospensivo in favore di coloro che hanno già intrapreso azioni esecutive e cautelari, che infatti, dalla stessa data, non possono più essere proseguite (Cass. 15 novembre 2021, n. 34437;
cfr. pure Cass. 5 agosto 2019, n. 20889, non massimata in CED). In altri termini, l'articolo, per come formulato, non consente di affermare che in assenza di un'azione esecutiva o cautelare la prescrizione del diritto di credito anteriore risulti sospesa. 4.3. — Una sospensione della prescrizione in pendenza del concordato non può d'altro canto argomentarsi dall'art. 2941, n. 6, c.c.. Sez. I - RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 6 Tale norma contempla l'effetto sospensivo «tra le persone i cui beni sono sottoposti per legge o per provvedimento del giudice all'amministrazione altrui e quelle da cui l'amministrazione è esercitata, finché non sia stato reso e approvato definitivamente il conto». Questa S.C., nel vigore della disciplina anteriore alla riforma del diritto fallimentare, già si è espressa sul punto giungendo alla conclusione dell'inapplicabilità della disposizione nei rapporti tra creditore e liquidatore giudiziale, nel caso di concordato con cessione dei beni. Si è affermato, al riguardo, che il concordato preventivo mediante cessione dei beni ai creditori comporta il trasferimento agli organi della procedura non della proprietà dei beni, ma dei soli poteri di gestione finalizzati alla liquidazione;
in conseguenza, è stato detto, l'art. 2941, n. 6, c.c. non è applicabile estensivamente ai rapporti tra debitore e creditori del concordato preventivo in questione, poiché la titolarità dell'amministrazione dei beni ceduti spetta esclusivamente al liquidatore, il quale la esercita non in nome o per conto dei creditori concordatari, ma nel rispetto delle direttive impartite dal tribunale (Cass. 26 febbraio 2019, n. 5663;
Cass. 10 febbraio 2009, n. 3270;
Cass. 3 agosto 2007, n. 17060). Tale approdo va confermato anche nella vigenza della nuova disciplina del concordato. L'art. 2941, n. 6 considera, infatti, il rapporto tra le persone i cui beni sono sottoposti all'amministrazione altrui e le persone da cui l'amministrazione è esercitata: e allora, la previsione in questione non si presta, già sul piano letterale, a comprendere i rapporti tra debitore e creditori concordatari, dato che amministratori del patrimonio del primo non sono i secondi, bensì il liquidatore;
e del resto, quel che crea l'ostacolo di fatto giustificativo della sospensione è la titolarità e l'esercizio dei poteri di amministrazione dei beni altrui, che nel concordato preventivo con cessione dei beni competono non ai creditori, ma, appunto, esclusivamente al liquidatore (così Cass. 3 agosto 2007, n. 17060 cit., in motivazione). Sez. I - RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 7 4.4. — Questa stessa Corte regolatrice ha altresì ritenuto priva di rilievo, con particolare riferimento alla questione del maturarsi della prescrizione nella pendenza del concordato liquidatorio, la regola, posta dall'art. 2935 c.c., che condiziona il decorso della prescrizione alla possibilità di far valere il diritto. Si è rammentato, in proposito, che l'impossibilità di far valere il diritto, quale fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione ex art. 2935 c.c., è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto: da qui l'affermazione per cui l'ammissione del debitore al concordato preventivo con cessione dei beni non impedisce il decorso della prescrizione, non essendovi alcun ostacolo per il creditore a formulare nei confronti del debitore ammesso alla procedura, istanze, solleciti ed atti cautelativi di costituzione in mora (Cass. 31 luglio 2019, n. 20642;
nel medesimo senso Cass. 26 febbraio 2019, n. 5667 cit., in motivazione). Reputa il Collegio che a quest'ultimo enunciato non possa darsi continuità. 4.5. — L'astratta possibilità, da parte del creditore, di porre in essere atti interruttivi della prescrizione non è in sé decisivo;
esso, inoltre, prova troppo. Non è decisivo in quanto l'art. 2935 c.c. valorizza la facoltà, in capo al titolare, di esercitare il diritto: ed è incontestabile che in pendenza del termine di adempimento dell'obbligazione assunta dal debitore col concordato tale facoltà sia insussistente, quand'anche il creditore sia in condizione di attivarsi nel senso indicato dall'art. 2943 c.c.. Prova troppo perché se fosse vero che il decorso della prescrizione dipende dalla semplice facoltà, in capo al creditore, di porre in essere atti di costituzione in mora, il disposto dell'art. 2935 c.c. risulterebbe privo di significato: infatti il titolare del diritto ha il potere di assumere le menzionate iniziative anche nel caso in cui il diritto stesso non possa essere fatto valere (come accade nel caso in cui il credito sia inesigibile Sez. I - RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 8 per previsione di legge). 4.6. — In realtà, il problema del decorso della prescrizione dei crediti preesistenti al concordato non può risolversi senza tener conto del disposto dell'art. 184, comma 1, I. fall. circa l'obbligatorietà del concordato omologato per tutti i creditori anteriori (anteriori alla pubblicazione del ricorso ex art. 161 I. fall. nel registro delle imprese, in base al testo della norma risultante dalla modifica apportata dall'art. 33, comma 1, lett. g), d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, nella I. n. 134/2012;
anteriori al decreto di apertura della procedura, in base alla versione originaria della norma, applicabile ratione temporis al presente giudizio). Nella sua pur diversa modulazione tale regola è all'evidenza preordinata ad assicurare la par condicio creditorum nella fase di esecuzione del concordato, successiva alla sua omologazione. 4.7. — Occorre a questo punto considerare che gli effetti del concordato possono essere di diversa natura e che tra essi rientra senz'altro quello che incide in senso dilatorio sul soddisfacimento della pretesa, rendendo temporaneamente inesigibile un credito non soggetto, in precedenza, a condizione o a termine. Come è stato sottolineato da questa Corte, l'art. 184 cit., nel prevedere che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, implica che non possa darsi l'ipotesi di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema (Cass. 12 gennaio 2007, n. 578). In linea di principio, dunque, il credito concorsuale va soddisfatto in conformità delle previsioni del piano, in ragione dei riparti che siano in esso contemplati. 4.8. — Deve credersi che il cit. art. 2935 c.c. reagisca con la condizione di temporanea inesigibilità del credito. Non è di intralcio alla conclusione il fatto che la prescrizione abbia già iniziato a decorrere al momento dell'omologazione del concordato. E' vero, infatti, che l'art. 2935 c.c. disciplina la fattispecie della prescrizione che «comincia a decorrere» e che, pertanto, la norma Sez. I- RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 9 sembrerebbe prendere in considerazione i soli ostacoli che si frappongono ab initio all'esercizio del diritto. La conclusione risulterebbe però inappagante, in quanto priverebbe di tutela il titolare nei casi in cui egli risulti impedito nell'esercizio del diritto da cause giuridiche sopravvenute (che insorgano, cioè, in una fase segnata dalla temporanea possibilità di far valere lo stesso). In realtà, l'art. 2935 c.c. trova applicazione anche in tale seconda ipotesi, e ciò è confermato dalla giurisprudenza di questa Corte, con riferimento a una fattispecie simile a quella qui in esame: si è infatti ritenuto, ad altri fini, che, in presenza di un ostacolo giuridico all'esercizio del diritto, quale il pactum de non petendo concluso tra creditore e debitore, la prescrizione cominci a decorrere allo scadere del termine fissato col patto stesso, senza che possa sommarsi il periodo decorso in precedenza (Cass. 9 dicembre 1974, n. 4128;
in tema cfr. pure: Cass. 27 marzo 1979, n. 1776;
Cass. 19 ottobre 1995, n. 10887;
Cass. 12 aprile 2006, n. 8606). 4.9. — La formulazione dell'art. 168 I. fall. conferma, in via indiretta, la centralità che assume la vincolatività del concordato sul piano del decorso della prescrizione. L'articolo non prende in considerazione gli atti posti in essere nel periodo successivo al passaggio in giudicato del decreto di omologa e nemmeno prevede alcunché con riguardo alla sospensione delle correlative prescrizioni che si collochino oltre tale spartiacque. Il silenzio del legislatore quanto al blocco delle azioni esecutive e cautelari nel periodo successivo al momento in cui diviene definitivo il decreto di omologa si spiega, a ben vedere, in quanto in tale segmento di tempo l'eventuale improponibilità delle azioni esecutive e cautelari trova il proprio autonomo fondamento nel disposto dell'art. 184, comma 1, I. fall. (norma che, come si è visto, vincola tutti i creditori anteriori alla pubblicazione della domanda di concordato o all'apertura della procedura). Correlativamente, il limite temporale segnato dalla Sez. I - RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 10 definitività del decreto non implica affatto che nel periodo successivo le prescrizioni di cui all'art. 168, comma 2, I. fall. riprendano a decorrere;
l'assenza di una disposizione specifica circa il protrarsi della sospensione della prescrizione nel periodo che segue il passaggio in giudicato del decreto di omologa dipende, anche qui, da una ragione precisa: i creditori anteriori subiscono le modifiche, in senso remissorio e dilatorio, dei propri diritti di credito e sono tenuti ad accettare le modalità di soddisfacimento previste dal piano;
in presenza di un termine dilatorio previsto nella proposta approvata e omologata, coloro che hanno intrapreso azioni esecutive e cautelari si avvalgono, dunque, del mancato decorso della prescrizione di cui all'art. 2935 c.c. in conseguenza di una condizione di temporanea inesigibilità del credito, che è per loro vincolante, giusta il più volte citato art. 184, comma 1, I. fall.. L'assenza di una disposizione sul decorso delle prescrizioni nel periodo in cui il decreto di omologa ha acquisito defìnitività discende, in altri termini, dall'inutilità di una regolamentazione ad hoc di tale fattispecie: fattispecie la cui disciplina si ricava, invece, dal sistema. Il legislatore ha ritenuto cioè superfluo intervenire sul punto in quanto il decreto di omologa passato in giudicato vincola i creditori anteriori e rende conseguentemente operante, in presenza di una rimodulazione dei termini di adempimento (siccome correlati alle attività di liquidazione e ai successivi riparti), il mancato decorso della prescrizione dei crediti che non possono essere ancora soddisfatti. In tal senso, la disciplina della decorrenza delle prescrizioni nel periodo che segue il prodursi della definitività del decreto di omologa è il medesimo per tutti i crediti anteriori alla pubblicazione della domanda di concordato o al decreto di apertura della procedura, e ciò indipendentemente dal fatto che per addivenire al loro soddisfacimento siano state o meno anteriormente intraprese azioni esecutive e cautelari. La prescrizione dei nominati crediti non decorre, dunque, fin tanto Sez. I - RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 11 che perduri la condizione di temporanea loro inesigibilità: condizione che viene meno solo con l'approntamento, da parte del liquidatore, del riparto o dei riparti che siano ad essi riferiti. 4.10. — Ha errato quindi il Tribunale nel disinteressarsi del profilo relativo al dies a quo del termine di prescrizione a seguito della pronuncia del detto provvedimento, su cui la ricorrente si era del resto intrattenuta (pagg. 9 ss. dell'opposizione: cfr. pag. 9 ss. del ricorso per cassazione) e a limitare il proprio esame ad altre questioni (l'inapplicabilità della sospensione di cui all'art. 2941, n. 6, c.c.;
la non operatività, nella fattispecie, della previsione di cui all'art. 168, comma 2, c.c.;
l'insussistenza del potere del liquidatore di operare un riconoscimento del diritto altrui rilevante ai fini dell'interruzione della prescrizione): questioni che, del resto, sono state correttamente risolte, come si è visto. 5. — In accoglimento dei motivi sopra indicati, il decreto impugnato è cassato. La causa è rinviata al Tribunale di Verona che, in diversa composizione, statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità. Il Tribunale dovrà conformarsi al seguente principio di diritto: «In tema di concordato preventivo, poiché secondo l'art. 184, comma 1, I. fall. il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura, in base all'originaria versione della norma, e a quelli anteriori alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso ex art. 161 I. fall., in base al testo della disposizione risultante dal d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, nella I. n. 134/2012, deve ritenersi che, avendo riguardo alle due discipline applicabili ratione temporis, la prescrizione del credito che risulti essere anteriore al detto decreto e, rispettivamente, alla detta pubblicazione, non decorra fintanto che, divenuto definitivo il decreto di omologazione del concordato, la condizione di temporanea inesigibilità del medesimo venga meno: il che accade, in caso di completamento della fase Sez. I- RG 22155/2015 udienza pubblica 17.5.2022 12 esecutiva del concordato, con la predisposizione, da parte del liquidatore, del riparto che contempli tale credito».
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