Cass. civ., sez. II, sentenza 23/09/2004, n. 19138

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La censura, contenuta nel ricorso per Cassazione, di omessa valutazione di prove documentali, deve contenere, a pena di inammissibilità, non soltanto la trascrizione del testo integrale o della parte significativa del documento al fine di consentire il vaglio di decisività, ma deve contestualmente indicare, in relazione alla pretesa fatta valere, anche quali argomenti, deduzioni o istanze sono state formulate in sede di merito in base a tale documento, viceversa essendo irrilevante averlo prodotto senza mettere in condizioni la controparte di controdedurre, ciò comportando violazione del principio del contraddittorio, e comunque non determinando, per il giudice di merito, alcun onere di esame.

La censura contenuta nel ricorso per Cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente, oltre a trascrivere i capitoli di prova e ad indicare i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare - elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto - non alleghi e indichi la prova della tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione e la fase di merito a cui si riferisce, al fine di consentire "ex actis" alla Cassazione di verificare la veridicità dell'asserzione.

La domanda di annullamento di un contratto fondata sulla contestuale allegazione dei vizi di errore, dolo e violenza si rende inammissibile stante l'inconciliabilità dei rispettivi elementi costitutivi perché la falsa rappresentazione della realtà che ha indotto la parte alla conclusione e del contratto nell'errore è endogena, mentre nel caso di dolo è esogena. Nel caso poi di violenza psichica non sussiste alcuna falsa rappresentazione della realtà del dichiarante, il quale invece la percepisce correttamente nella sua effettività a lui sfavorevole, e tuttavia l'accetta sotto la pressione della minaccia; quindi l'elemento costitutivo di questo vizio della volontà esclude quello degli altri due.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 23/09/2004, n. 19138
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19138
Data del deposito : 23 settembre 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. S G - rel. Consigliere -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B G, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato A M, che lo difende unitamente agli avvocati G C, A F, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro
B M, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA DEI MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell'avvocato P C, che lo difende unitamente all'avvocato P T, giusta delega in atti;

- controricorrente -

e contro
B D;

- intimato -

a sul 2^ ricorso n. 20833/02 proposto da:
B D, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA DEI MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell'avvocato P C, che lo difende unitamente all'avvocato P T, giusta delega in atti;

- controricorrente a ricorrente incidentale -
contro
B G, elettivamente domiciliato in ROMA VIA F CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato A M, che lo difende unitamente agli avvocati G C, A F, giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 1687/01 della Corte d'Appello di MILANO, depositata il 22/06/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/07/04 dal Consigliere Dott. Giovanni SETTIMJ;

preliminarmente la Corte dispone la riunione dei due ricorsi separatamente proposti avverso la stessa sentenza;

udito l'Avvocato CELONA Giuseppe, difensore del ricorrente che si riporta agli atti depositati;

udito l'Avvocato Coletti Pierfilippo, difensore del resistente che si riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UCCELLA Fulvio che ha concluso per rigetto del ricorso principale, assorbito quello incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
G B, socio con il fratello M della Over S.r.l., gestrice in Meda (MI) d'un'impresa per la produzione di mobili, con contratto 9.2.96 si rendeva cessionario della quota del fratello;

successivamente, ritenendo che la reale situazione economica della società non gli fosse stata correttamente prospettata, addiveniva con il fratello ad una nuova regolamentazione del rapporto, risolvendo il precedente contratto e trasferendo egli all'altro, con contratto 5.7.96, la propria quota nonché, con ulteriore atto 12.7.96, conferendo ad un terzo, nella persona di D B, mandato speciale a provvedere alle attività necessarie per l'esecuzione di tale ulteriore accordo.
In seguito, con atto di citazione notificato, rispettivamente, in date 18 e 20.12.96, lo stesso G B - premesso che il contratto 5.7.96, le cui condizioni erano per lui particolarmente gravose e vessatorie, era stato stipulato in presenza d'uno stato di bi-sogno, determinato dall'esigenza d'evitare le conseguenze dannose del precedente contratto 9.2.96 ed il protesto degli assegni emessi dalla moglie, nonché in una situazione di violenza e minaccia, per effetto del dolo del fratello e per errore;
che, inoltre, dopo aver constatato l'inadempimento del fratello al contratto 5.7.96 e la prospettazione, da parte dello stesso, di dati non rispondenti al vero in occasione della stipulazione, con atto 13.9.96, notificato all'interessato, aveva anche revocato al B il mandato conferitogli - conveniva M B e D B innanzi al tribunale di Monza chiedendo, in via principale, l'annullamento del contratto 5.7.96 in quanto frutto di violenza e comunque dolo ed errore ed, in via subordinata, la rescissione dello stesso ex art. 1447 e/o 1448 ed ancora, in ulteriore subordine, la sua risoluzione per inadempimento della controparte con risarcimento dei danni;

chiedendo, inoltre, che fossero accertate l'inefficacia della procura 12.7.96 e l'intervenuta revoca del mandato effettuata per atto notar Dello Jacono rep. N. 14414, con riserva di procedere per gli eventuali danni che avesse subiti in corso d'esecuzione del mandato stesso.
Costituendosi, M B eccepiva il carattere generico ed indefinito delle circostanze che, in fatto ed in diritto, avrebbero dovuto sostenere le avverse pretese, in particolare evidenziando l'inammissibilità dell'azione d'annullamento per la mancata allegazione dei fatti specifici integranti il vizio del consenso, il difetto di prova del danno grave alla persona e dell'iniquità dell'accordo nonché dello stato di bisogno quanto all'azione di rescissione, l'incompatibilità logica e giuridica della domanda di risoluzione per inadempimento proposta in subordine ad una domanda d'annullamento;
in via riconvenzionale, chiedeva il risarcimento dei danni conseguenti al ritardo nella stipulazione della cessione definitiva in esecuzione della scrittura 5.7.96.
Costituendosi a sua volta, D B rilevava la contraddittorietà delle allegazioni e delle pretese della controparte, assumendo che il mandato non era stato eseguito proprio a causa dell'ostruzionismo dalla stessa posto in essere. Il tribunale respingeva tutte le domande proposte da G B ritenendo non provati i vizi della volontà dedotti e, quanto alla rescissione, non ravvisando lo stato di pericolo d'un danno grave alla persona neppure dedotto, mentre rilevava la contraddittorietà della domanda di risoluzione per inadempimento in ragione dell'effettuata revoca del mandato conferito al B;

quanto a quest'ultimo, dichiarava che il mandato conferitogli era stato revocato per atto notarile 13.9.96 ritualmente notificato;
in fine, respingeva le domande di risarcimento formulate in via riconvenzlonale da M B per carenza di prova in ordine alla loro quantificazione.
Avverso tale decisione G B proponeva gravame cui resistevano M B e D B, quest'ultimo proponendo anche gravame incidentale.
Delle impugnazioni decideva la corte d'appello di Milano respingendole entrambe, con sentenza 22.6.01, sulla considerazione:
quanto alla principale, del difetto di prova sia dei denunziati vizi della volontà rilevanti ai fini della domanda d'annullamento, sia degli elementi costitutivi della fattispecie rilevanti ai fini della domanda di rescissione e, per la domanda di risoluzione, anche della contraddittorietà di tale domanda con le altre e della sua incompatibilità con l'intervenuta revoca del mandato all'incaricato dell'esecuzione del contratto;
quanto all'incidentale, della novità e, quindi, dell'inammissibilità ex art. 345 C.P.C. della domanda volta alla declaratoria d'inefficacia della revoca del mandato proposta per la prima volta in appello.
Anche tale decisione veniva impugnata da G B, che la censurava con cinque motivi di ricorso per Cassazione. Resistevano con distinti controricorsi M B e D B, quest'ultimo contestualmente proponendo, a sua volta, ricorso incidentale.
Entrambe le parti depositavano memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente principale - denunziando omessa e contraddittoria motivazione sul punto dell'irrilevanza delle prove documentali prodotte e testimoniali dedotte;
violazione dell'art. 115/1 c.p.c. - si duole che la corte territoriale, decidendo sulla domanda d'annullamento del contratto per errore, abbia disatteso le prove documentali offertele e respinto l'istanza d'ammissione di quelle testimoniali senza fornire al riguardo adeguata motivazione. Con il secondo motivo, lo stesso - denunziando violazione dell'art. 1439 c.c. - si duole che la corte territoriale, decidendo sulla
domanda d'annullamento del contratto per dolo, abbia rilevato la mancata indicazione degli artifizi e raggiri, dell'agente cui attribuirli e dell'animus doli, pur in difetto di deposizioni testimoniali negative sul punto e nonostante egli, nell'introdurre la lite e nel dedurre le prove, avesse indicato nel fratello M e nella sua linea d'azione la dolosa predisposizione d'elementi idonei a trarlo in errore al fine di sottrargli la proprietà sotto minaccia di dissesto economico.
Nessuno dei riportati motivi - che, per connessione degli argomenti, possono essere congiuntamente trattati - merita accoglimento. È, infatti, anzi tutto da rilevare l'inottemperanza al disposto dell'art. 366 n. 4 c.p.c., dal quale si richiede, come più volte sottolineato da questa Corte, che, nei motivi posti a fondamento dell'invocata cassazione della decisione impugnata ex art. 360 n. 3 c.p.c., i vizi di violazione di legge e/o di principi di diritto
vengano dedotti, a pena d'inammissibilità comminata dalla citata disposizione, mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente s'assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità e/o dalla prevalente dottrina, diversamente non ponendosi la Corte regolatrice in condizione d'adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione;
ond'è che risulta inidoneamente formulata, ai fini dell'ammissibilità del motivo ex art. 360 n. 3 c.p.c., la critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito, nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata dal ricorrente non mediante puntuali contestazioni in diritto delle soluzioni stesse nell'ambito d'una valutazione comparativa con le diverse soluzioni, pure in diritto, prospettate nel motivo, bensì mediante la mera apodittica contrapposizione di queste ultime, tanto più se argomentate in fatto, a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.
Nella specie, denunziatasi con l'intestazione dei motivi la violazione d'una pluralità di norme e principi, non segue, poi, una trattazione puntuale nella quale, per le une e per gli altri, vengano sviluppati argomenti in diritto con i contenuti richiesti dal combinato disposto degli artt. 360 n. 3 e 366 n. 4 c.p.c. perché al motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'uno, possa essere riconosciuto il requisito della specificità, imposto dall'altro, che ne consente la valutazione ad opera di questa Corte;
parte ricorrente non ha, infatti, svolto

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