Cass. civ., SS.UU., sentenza 21/03/2013, n. 7042

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La previsione di cui all'art. 2, comma 1, lettera d), del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 - la quale dà rilievo come illecito disciplinare ai "comportamenti abitualmente e gravemente scorretti" tenuti nei confronti, tra i diversi soggetti menzionati, anche "di altri magistrati" - deve essere interpretata nel senso che tali comportamenti non debbono necessariamente essere frutto dell'esercizio delle funzioni attribuite al magistrato, potendo riferirsi anche ai rapporti personali tra colleghi all'interno dell'ufficio, atteso che la formulazione normativa appare prescindere del tutto dalla funzionalità della scorrettezza. (Nel caso di specie, è stato rigettato il ricorso avverso la condanna inflitta a carico di un magistrato autore di condotte, a danno di una collega, integranti gli estremi del reato di "atti persecutori" ex art. 612-bis cod. pen.).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 21/03/2013, n. 7042
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 7042
Data del deposito : 21 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P R - Primo Presidente Aggiunto -
Dott. L M G - Presidente di Sez. -
Dott. M M - Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. I A - Consigliere -
Dott. N V - Consigliere -
Dott. P S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.F. ((omesso) ), rappresentato e difeso per
procura speciale in atti, dall'Avvocato F B G, domiciliato presso la Cancelleria delle Sezioni Unite della Corte di cassazione;

- ricorrente -

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

- intimati -

per la cassazione della sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura n. 46 del 2012, depositata il 19 aprile 2012;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9 ottobre 2012 dal Consigliere relatore Dott. S P;

sentito l'Avvocato F B G;

sentito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. CICCOLO P P M, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Dott. F..M. , all'epoca dei fatti in servizio alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di XXXXXXX, quale sostituto procuratore, con sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura n. 46 del 2012, depositata il 19 aprile 2012, è stato ritenuto responsabile degli illeciti di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 4, lett. d), in relazione all'art. 612-bis cod. pen., e di cui al medesimo D.Lgs. n. 109, art. 2, comma 1, lett. d).
Entrambe le condotte contestate si riferivano a comportamenti tenuti dal Dott. M. nei confronti della collega Dott.ssa Ma.Ma.Pa. ;
in particolare, al M. era stato contestato, quanto alla prima incolpazione, il fatto di avere, tra il (omesso) e l'(omesso) , molestato la collega del medesimo ufficio assillandola con continue telefonate, messaggi telefonici, richieste di incontri, e ciò nonostante il netto rifiuto opposto dalla Dott.ssa Ma. , in tal modo arrecandole profondo turbamento alla vita personale e familiare, con lesione del prestigio della magistratura in considerazione della notorietà che dette condotte avevano ricevuto;
quanto al secondo illecito, il fatto di avere, con la condotta ossessiva di cui al primo, creato pregiudizio allo svolgimento del lavoro della collega, entrando continuamente nel suo ufficio per sollecitare incontri, trattenendovisi ogni volta a lungo nonostante le chiare manifestazioni di insofferenza oppostegli, nonché di avere inviato alla collega, a seguito del netto rifiuto dalla stessa oppostogli, una lettera con la quale segnalava la situazione di incompatibilità in cui la medesima collega si sarebbe trovata a causa dell'esercizio della professione legale da parte della sorella, e di avere poi segnalato la detta incompatibilità al Consiglio superiore della magistratura.
La Sezione disciplinare, dopo avere riferito il contenuto delle dichiarazioni della Dott.ssa Ma. e delle difese del Dott. M. , ha preso in esame le risultanze dell'indagine disciplinare e delle dichiarazioni rese dai testi nel corso dell'udienza disciplinare, giungendo alla conclusione che le condotte riferite dalla Ma. avevano trovato riscontro nelle risultanze istruttorie, e segnatamente nelle deposizioni dei testi C. , D.M. , P. e Z. . Ha quindi ritenuto che le condotte contestate integrassero il reato di cui all'art. 612-bis cod. pen., essendosi una parte della condotta e il momento finale della consumazione del reato, di natura abituale, verificatisi dopo l'entrata in vigore del D.L. n. 11 del 2009 (25 febbraio 2009), con conseguente assoggettamento delle
condotte stesse alla nuova fattispecie di reato. Quanto agli elementi costitutivi del reato, la Sezione riteneva provato che la condotta del M. aveva indotto nella Ma. una forma ansiosa evidente;

riteneva altresì integrato l'elemento soggettivo del reato, consistente nel dolo generico.
La Sezione disciplinare reputava poi provato anche il secondo illecito contestato, atteso che il comportamento del M. , oltre ad integrare la fattispecie di cui all'art. 612-bis cod. pen., costituiva un comportamento abitualmente e gravemente scorretto nei confronti di un altro magistrato;
condotta, questa, prevista dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. d). Escludeva invece la sussistenza di altri due illeciti contestati al M. . Quanto alla determinazione della sanzione, la Sezione, tenuto conto delle caratteristiche dei fatti contestati, della situazione di disagio complessivo provocato nell'ufficio di appartenenza e della grave lesione al prestigio dell'ordine giudiziario e della immagine del magistrato incolpato, riteneva che dovesse essere inflitta la sanzione della perdita di anzianità di mesi due, con applicazione della sanzione accessoria del trasferimento d'ufficio, confermando la destinazione del M. alla funzione di magistrato distrettuale requirente presso la Corte d'appello di Firenze.
Con ricorso depositato in data 1 giugno 2012 il Dott. M. ha chiesto la cassazione della predetta sentenza sulla base di dodici motivi;
gli intimati Ministero della Giustizia e Procuratore generale presso la Corte di cassazione, non hanno svolto difese. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Il ricorso, come detto, è affidato a dodici motivi. 1.1. - Con il primo motivo, rubricato "inosservanza ed erronea applicazione di norme di legge penale, e segnatamente dell'art. 612- bis c.p., sotto il profilo dell'offesa tipica", il ricorrente censura
la sentenza impugnata con riferimento alla prova dell'evento tipico previsto dalla citata disposizione. Premesso che l'art. 612-bis sanziona la condotta di minaccia e molestia reiterata che produca nella vittima, anche alternativamente, uno dei seguenti eventi: a) un perdurante e grave stato di ansia o paura;
b) un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona comunque affettivamente legata;
c) l'alterazione delle proprie abitudini di vita, il ricorrente rileva che, nella specie, la prova del terzo evento tipico - individuato nel mutamento del numero di telefono - è rimasto affidato esclusivamente alle dichiarazioni della vittima ed è rimasto sprovvisto di qualsivoglia riscontro in atti. Le condotte descritte non avrebbero poi provocato neanche l'evento del grave e perdurante stato di ansia, atteso che le circostanze riferite dai testi, delle quali la sentenza impugnata ha dato puntualmente atto, non sono riconducibili allo stato di ansia, che si caratterizza per essere una sofferenza patologica. Al contrario, i testi hanno riferito che la Dott.ssa Ma. appariva "scossa, sfinita, turbata" ovvero "alterata", che la medesima aveva dichiarato che "la misura era colma" e aveva lamentato "grave imbarazzo e turbamento" e "appariva visibilmente accorata e turbata".
Lo stato d'ansia, sostiene il ricorrente, deve avere un effetto destabilizzante dell'equilibrio psicologico della vittima;

condizione, questa, non ravvisabile nella situazione della Dott.ssa Ma. per come dalla stessa descritta e per come emersa dalle risultanze istruttorie, difettando i requisiti della perduranza e della gravità del detto stato.
1.2. - Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta "inosservanza ed erronea applicazione di norme di legge penale con riguardo: a) alla condotta tipica del delitto di atti persecutori;
b) al carattere abituale del reato di cui all'art. 612-bis c.p.;
c) al principio di irretroattività".
Premesso che la contestazione dell'illecito di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 4, lett. d), in relazione all'art. 612-bis cod. pen.,
era datata dal (omesso) , il ricorrente osserva che
la sentenza individua un solo atto specifico ritenuto persecutorio, successivo al (omesso) , data di entrata in vigore del D.L. n.11 del 2009, che ha introdotto l'art. 612 bis cod. pen., consistente
nella lettera del 6 luglio 2009. Da qui una triplice conseguenza: a) la lettera in questione non poteva essere ritenuta tipica, non avendo i connotati strutturali ne' della minaccia ne' della molestia, non prospettando nulla di ingiusto;
b) la sentenza non data le condotte di stalking, limitandosi ad una generica collocazione temporale, sicché l'unico comportamento datato risulterebbe inidoneo ad integrare la fattispecie contestata, essendo necessario almeno l'accertamento di due condotte;
c) ai fini della configurazione dell'abitualità della condotta, la Sezione disciplinare non avrebbe potuto dare efficacia a condotte svoltesi prima del (omesso) , senza incorrere in una violazione dell'art. 25 Cost., comma 2, che vieta l'applicazione retroattiva delle norme incriminatrici. 1.3. - Con il terzo motivo, il ricorrente deduce "inosservanza ed erronea applicazione di norme di legge processuale, in particolare dell'art. 521 c.p.p.. Difetto di correlazione tra accusa contestata e la sentenza". La Sezione disciplinare ha individuato quale atto persecutorio, sotto il profilo della condotta e dell'atteggiarsi del dolo, la lettera del (omesso) ;
ma tale lettera non risultava contestata nel primo capo di incolpazione, essendo menzionata solo nel secondo, avente ad oggetto la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. d);
in tal modo, il giudice
disciplinare avrebbe integrato, senza averne il potere, il primo capo di incolpazione aggiungendovi un fatto che l'accusa aveva invece inserito in un altro capo di incolpazione, in violazione dell'art.521 cod. proc. pen.. 1.4. - Con il quarto motivo il ricorrente denuncia "mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo e da altri atti del procedimento specificamente indicati. Travisamento delle risultanze processuali in ordine alla sussistenza del(l) grave e perdurante stato d'ansia". Premesso che le risultanze istruttorie avevano descritto la Dott.ssa Ma. come molto turbata, esasperata, non serena, in situazione di grande imbarazzo e insofferente, la Sezione disciplinare sarebbe

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