Cass. pen., sez. I, sentenza 08/07/2021, n. 25978
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da UR LI, nato a [...] il [...], avverso l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Trieste in data 8/10/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vincenzo Senatore, che ha concluso chiedendo il rigetto del primo e del secondo motivo di ricorso e la declaratoria di inammissibilità del terzo motivo di impugnazione. RITENUTO IN PATII) 1. Con ordinanza del 10/12/2015, il Magistrato di sorveglianza di Udine dispose, nei confronti di LI UR, internato in regime differenziato ai sensi dell'art. 41-bis Ord. peri. nella Casa circondariale di Tolmezzo, l'esecuzione della misura di sicurezza detentiva della casa di lavoro per la durata di tre anni.
1.1. Detta misura fu prorogata, per la durata di un ulteriore anno, con ordinanza emessa il 20/3/2019 dallo stesso Giudice, con termine al 16/1/2020. 1.2. Con successiva ordinanza in data 8/10/2019, il Tribunale di sorveglianza di Trieste ha rigettato l'appello proposto nell'interesse dell'internato, rilevando l'infondatezza sia della censura difensiva secondo cui l'ordinanza impugnata era illegittima in quanto intervenuta quando la misura era ormai scaduta, sia delle questioni relative alla attuale pericolosità sociale di UR, avuto riguardo ai gravi precedenti penali, all'assenza di adeguata revisione critica, alla perdurante vitalità dell'associazione di riferimento, anche tenuto conto della pervasività del rapporto associativo di tipo mafioso, saldamente impiantato nel contesto familiare. Nel frangente, il Tribunale ha, altresì, ritenuto non rilevante una questione di legittimità costituzionale prospettata dalla difesa con riferimento agli artt. 205, secondo comma, e 109, secondo comma, cod. pen., per contrasto con gli artt. 25 e 117 Cost., anche in rapporto agli artt. 5 e 7, Convenzione EDU.
2. L'avv. Michele Capano, difensore di fiducia di LI UR, ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento, deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso prospetta la nullità del provvedimento impugnato in ragione della tardività del riesame della pericolosità sociale, intervenuta dopo la scadenza del periodo di durata della casa di lavoro stabilito dall'ordinanza genetica e, in ogni caso, dopo la scadenza del termine minimo fissato in 1 anno dall'art. 217 cod. pen.;
ed evidenzia l'inapplicabilità della giurisprudenza di legittimità in relazione all'assenza di un termine di inefficacia delle misure di sicurezza detentive, pronunciate con riferimento alla libertà vigilata applicata ad un soggetto non imputabile. L'interpretazione accolta dal Tribunale, inoltre, porrebbe in conflitto gli artt. 207 e 208 cod. pen. con gli artt. 25, terzo comma, 27, terzo comma, 117 Cost. (quest'ultimo in relazione agli artt. 3 e 5 della Convenzione europea), atteso che essa consentirebbe la protrazione della misura detentiva senza un limite temporale, in violazione dei principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
2.2. Con il secondo motivo la difesa ripropone questione di legittimità costituzignale degli artt. 205, secondo e terzo comma e 109, secondo comma, cod. pen., relativi all'istituto della proroga della misura di sicurezza, per Violazione dell'art. 117 Cost. in relazione agli artt. 5, comma 1 e 7, comma 1, CEDU, atteso che secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo l'applicazione di una misura di sicurezza è legittima a condizione che tra il fatto oggetto della condanna e la privazione della libertà personale sussista un nesso causale, non bastando una mera successione cronologica tra la prima e la seconda, né il generico rischio di commissione di un nuovo reato. Nesso causale che, nel caso in esame, sarebbe venuto meno per effetto della proroga della misura di sicurezza.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell'art. 207 cod. pen., nonché la manifesta illogicità della motivazione per essersi l'ordinanza limitata a riepilogare í trascorsi criminali di LI UR, in assenza di procedimenti pendenti e benché la D.D.A. di PA abbia chiarito che dalle indagini relative alla famiglia mafiosa di provenienza non erano emersi elementi direttamente riconducibili a UR. Né sarebbe stato valorizzato il positivo comportamento carcerario e l'atteggiamento critico rispetto alla scelta mafiosa, non potendo, per converso, imporsi al soggetto la collaborazione con la giustizia, che la Corte EDU e la Corte costituzionale riterrebbero non indispensabile per superare la prognosi di pericolosità. Quanto alla mancata