Cass. civ., SS.UU., ordinanza 08/04/2022, n. 11455

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 08/04/2022, n. 11455
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11455
Data del deposito : 8 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

iato la seguente ORDINANZA sul ricorso 22951-2020 proposto da:

SISTEMA ITALIA

93 S.R.L., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZALE DELLE BELLE ARTI

2, presso lo studio dell'avvocato L V, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato E P;

- ricorrente -

contro

AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 8386/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 09/12/2019. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/01/2022 dal Consigliere CATERINA MAROTTA;
lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale Aunto L S, il quale chiede che la Corte dichiari il ricorso inammissibile.

Fatti di causa

1. Con ricorso al

TAR

Lazio la società Sistema Italia 93 S.r.l. (già Sistema Italia S.p.A., in seguito Sistema Italia 93) impugnava il provvedimento dell'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato con cui le era stata irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 80.000 sul presupposto della scorrettezza della pratica di diffondere, tramite una rivista e siti web dedicati al franchising, alcuni messaggi pubblicitari volti a promuovere la stipulazione di contratti di affiliazione commerciale alla rete in franchising gestita dalla predetta società, attiva, sotto i marchi MBE e Mai! Boxes Etc., nel campo dei servizi postali, di comunicazione e di supporto alle attività di aziende e privati. In particolare, si contestava alla società un ingannevolezza per omissione in ragione del fatto che i diffusi messaggi pubblicitari non chiarivano che gli affiliati erano tenuti ad effettuare il c.d. farming, e quindi a sostenere una serie di costi aggiuntivi, circostanza che i potenziali affiliati (franchisee) avrebbero dovuto conoscere già in sede di primo contratto, che MBE non era un corriere e non effettuava direttamente la spedizione ma si avvaleva di corrieri convenzionati, cosicché sul fatturato prospettato incidevano anche i costi derivanti dalla esternalizzazione dell'attività di corriere a società terze convenzionate. Tutto ciò, restando all'oscuro del futuro franchisee all'atto della stipula del contratto, creava uno stato di '(colpevole) inconsapevolezza' in danno del predetto aspirante affiliato, impedendogli di valutare preventivamente la convenienza dell'adesione alla rete in sede di stipula del contratto. In sede di ricorso la ricorrente deduceva la non ingannevolezza dei messaggi (in considerazione del fatto che non si contestava la Ric. 2020 n. 22951 sez. SU - ud. 25-01-2022 -2- pubblicizzazione di dati non veri, che le omissioni informative relative al farming e alla circostanza che MBE non era un corriere erano inidonee ad incidere sulle scelte economiche del consumatore, trattandosi di informazioni del tutto ovvie anche per il consumatore meno avvertito, tali da non richiedere espresse indicazioni), la violazione del diritto di difesa, l'erroneità del rigetto dell'istanza di assunzione di impegni presentata dalla società nel corso del procedimento e l'erronea quantificazione della sanzione.

2. Il TAR, con sentenza 2/2/2016, n. 1437, accoglieva il ricorso. Osservava che, nel caso di specie, i messaggi sottoposti a scrutinio dall'Autorità non palesavano realmente una capacità ingannevole. Ciò in quanto, in particolare, "(...) la necessità di svolgere attività di farming rappresenterebbe un'informazione talmente 'ovvia' da non rendere necessaria neppure una sua espressa indicazione, ed in quanto la convenienza dell'attività di franchising promossa non sarebbe venuta meno per i costi dovuti al servizio di trasporto, comunque pacificamente spettanti all'affiliato anche in caso di non esternalizzazione". Evidenziava, inoltre, che i dati riportati erano veritieri e che le contestate omissioni erano comunque inidonee, alla stregua di un criterio di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità, ad incidere sulle decisioni di aspiranti futuri imprenditori in franchising.

2. La sentenza era appellata dall'AGCM. L'Autorità deduceva che il giudice di primo grado aveva scrutinato il ricorso proposto dalla società Sistema Italia 93 sulla base di un metodo erroneo, in quanto, nell'esaminare il procedimento sanzionatorio sviluppato dall'Autorità aveva finito con il sindacare nel merito lo stesso, in ordine al giudizio di ingannevolezza, violando dunque l'art. 134, comma 1, lett. c) cod. proc. amm. Inoltre, ad avviso dell'Autorità, la sentenza del TAR era errata anche con riferimento alla valutazione di non ingannevolezza del messaggio, perché fondata su una non corretta ricostruzione della pratica commerciale in esame, nonché dei parametri di valutazione rilevanti. In particolare, l'Autorità non condivideva le valutazioni del Tribunale amministrativo Ric. 2020 n. 22951 sez. SU - ud. 25-01-2022 -3- regionale in merito alla irrilevanza delle informazioni concernenti la necessità di effettuare l'attività di farming (prevista come obbligo contrattuale) al fine di ottenere il risultato economico prospettato nonché la mancata incidenza, per il raggiungimento del suddetto fatturato medio annuo, dei costi derivanti dall'esternalizzazione dell'attività di corriere. Posto che, nel corso dell'istruttoria del procedimento sanzionatorio, era emerso come tutti gli affiliati pagavano mensilmente un contributo per il marketing pari all'1,5% per il c.d. Fondo Marketing (destinato a finanziare i costi di tutte le iniziative prese dall'affiliante a livello nazionale volte a sviluppare la conoscenza del marchio, la crescita della rete MBE/Mail Boxes Etc., la conoscenza dei servizi e prodotti offerti dai punti vendita MBE, le attività di pubbliche relazioni e tutte le altre attività di marketing) oltre a corrispondere il contributo pubblicità pari a 2,5% per il Fondo Nazionale Media (destinato a finanziare l'attività pubblicitaria sui principali media nazionali e l'attività promozionale attraverso alcuni programmi di loyalty per diffondere la conoscenza della rete e dei relativi servizi offerti così come elaborate da Mai! Boxes), sosteneva l'appellante che il Tribunale amministrativo fosse incorso in errore allorquando, non attribuendo il giusto rilievo all'attività di farming e considerandola come mera "attività di marketing necessaria all'apertura di qualsiasi esercizio commerciale", per un verso aveva fatto coincidere quest'ultima con una normale attività di marketing, e, per altro verso, non aveva tenuto in debito conto che gli affiliati già pagavano alla casa madre specifici (e significativi) contributi sia per il marketing sia per la pubblicità, circostanze che correttamente l'Autorità aveva riscontrato nel corso dell'istruttoria procedimentale nel momento in cui era emerso che, "stante i contributi di pubblicità e di marketing già previsti quali oneri contrattuali, l'attività di farming deve necessariamente consistere in un'attività ulteriore, più specifica e onerosa di cui i franchisee avrebbero dovuto essere messi adeguatamente a conoscenza nelle comunicazioni commerciali oggetto di esame". Ne derivava che la ulteriore attività di farming, prevista come specifica obbligazione contrattuale, avrebbe dovuto essere espressamente indicata come attività Ric. 2020 n. 22951 sez. SU - ud. 25-01-2022 -4- ulteriore e necessaria alla realizzazione del fatturato medio annuo reclamizzato. Sotto altro profilo, l'Autorità ribadiva la ingannevolezza del messaggio circa la esternalizzazione dell'attività di corriere a terzi posto in essere dalla società Sistema Italia 93, in quanto si era dimostrata documentalmente la fondatezza della circostanza "che gli accordi quadro stipulati dal franchisor con i corrieri esterni non sarebbero stati né convenienti, né in linea con le offerte presenti nel mercato, tanto da indurli ad avvalersi delle offerte proposte direttamente sul mercato". La Sistema Italia 93 s.r.l. si costituiva in giudizio controdeducendo alle avverse pretese e riproponendo, inoltre, le censure non esaminate dal giudice di prime cure. La società, in particolare, sosteneva che la difesa dell'Autorità fosse incorsa in errore circa la corretta definizione dell'attività di farming. Quest'ultima, ad avviso dell'appellata, piuttosto che coincidere con l'attività di "reclutamento di nuovi affiliati" corrispondeva invece allo svolgimento di una mera attività di promozione a livello locale del punto vendita, obbligo che connota tutti i contratti della distribuzione. Con sentenza 9/12/2019, n. 8386 il Consiglio di Stato accoglieva l'appello. Il Collegio si riportava innanzitutto ad un orientamento della Sezione (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 10 dicembre 2014 n. 6050), secondo il quale "il giudice amministrativo - nella ricerca di un punto di equilibrio, da verificare di volta in volta in relazione alla fattispecie concreta, tra le esigenze di garantire la pienezza e l'effettività della tutela giurisdizionale e di evitare che il giudice possa esercitare egli stesso il potere amministrativo che compete all'Autorità - può sindacare con pienezza di cognizione i fatti oggetto dell'indagine ed il processo valutativo, mediante il quale l'Autorità applica al caso concreto la regola individuata, ma, ove ne accerti la legittimità sulla base di una corretta applicazione delle regole tecniche sottostanti, il suo sindacato deve arrestarsi, in quanto diversamente vi sarebbe un'indebita sostituzione del giudice all'amministrazione, titolare del potere esercitato". Ric. 2020 n. 22951 sez. SU - ud. 25-01-2022 -5- Riteneva, quanto alle valutazioni tecniche, che la tutela giurisdizionale, per essere effettiva, non può limitarsi ad un sindacato meramente estrinseco, ma deve consentire al giudice un controllo intrinseco, avvalendosi eventualmente anche di regole e conoscenze tecniche appartenenti alla medesima scienza specialistica applicata dall'Autorità. Assumeva che, anche nel delibare circa la legittimità dei provvedimenti sanzionatori adottati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (come deve avvenire anche nel caso di sindacato giurisdizionale riferito agli atti adottati dalle altre Autorità amministrative indipendenti), il giudice amministrativo ha un sindacato pieno e particolarmente penetrante che può estendersi sino al controllo dell'analisi (economica o di altro tipo) compiuta dall'Autorità, sindacato tendente ad un modello comune a livello eurounitario, in cui il principio di effettività della tutela giurisdizionale sia coniugato con la specificità di controversie, essendo attribuito al giudice il compito non di esercitare un potere in materia antitrust, ma di verificare - senza alcuna limitazione - se il potere a tal fine attribuito all'Autorità sia stato correttamente esercitato. Escludeva, perciò, che il giudice di primo grado avesse esorbitato dal perimetro di valutazione del provvedimento sanzionatorio, inflitto dall'Autorità. Tuttavia, considerava non condivisibili le ragioni indicate nella sentenza del TAR per ritenere non ingannevole il messaggio pubblicitario della società Sistema Italia 93. Evidenziava che nell'invito all'adesione non si riscontravano filtri o limitazioni circa la capacità professionale (comprovata o comprovabile) da parte di coloro che intendevano aderire all'accordo, sicché la più volte richiamata attività di farming come elemento (non banale ma) costituente un obbligo contrattuale per il franchisee, avrebbe dovuto essere portata a conoscenza dell'aspirante aderente con la opportuna ed adeguata valorizzazione informativa. Egualmente non condivideva l'affermazione del TAR secondo la quale l'omessa menzione della circostanza che il punto vendita MBE/Mail Boxes non effettuava 'direttamente' le spedizioni ma si avvaleva di corrieri Ric. 2020 n. 22951 sez. SU - ud. 25-01-2022 -6- convenzionati, con margini di guadagno da questa attività che inevitabilmente si riducevano in ragione dei costi da sostenere per la fornitura e la remunerazione del servizio di spedizione da parte dei suddetti corrieri esterni, non avrebbe costituito comportamento ingannevole e rilevava, al riguardo, che non era comprovata documentalmente la circostanza che i costi del servizio postale affidato a corrieri convenzionati non avrebbero finito per condizionare in negativo la redditività dell'adesione alla rete di franchising. Ad ogni modo l'aspirante aderente avrebbe dovuto essere puntualmente e preventivamente informato di tale configurazione finale del rapporto contrattuale, al fine di poter effettuare le proprie valutazioni circa la convenienza o meno dell'operazione. In conclusione, l'incertezza sui costi della esternalizzazione e l'impedimento di effettuare direttamente l'attività di servizio postale costituivano altrettanti elementi di criticità rispetto alle esigenze informative che potevano essere pretese all'atto dell'adesione alla rete e che non erano state soddisfatte dalla società appellata.
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