Cass. pen., sez. I, sentenza 28/12/2018, n. 58478
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da LL PE, nato a [...] il [...] avverso l'ordinanza del 09/11/2017 della Corte di appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Francesco Centofanti;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gianluigi Pratola, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria, pronunciando quale giudice dell'esecuzione, rigettava la richiesta, avanzata nell'interesse del condannato PE LL, volta ad ottenere il riconoscimento della fungibilità tra la pena sofferta senza titolo - pari a due anni e ventisette giorni di reclusione, derivante dalla differenza tra quella espiata e quella rideterminata per effetto dell'avvenuta unificazione in continuazione dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, giudicati con le sentenze emesse dalla medesima Corte in data 11 luglio 2002, irrevocabile il 4 novembre 2003, e in data 6 luglio 2015, irrevocabile il 4 aprile 2016 - e la pena da scontare in forza della seconda sentenza. A fondamento della decisione rilevava come al riconoscimento della fungibilità ostasse il disposto dell'art. 657, comma 4, cod. proc. pen., in quanto il surplus era stato espiato anteriormente alla commissione del secondo delitto associativo.
2. Avverso tale decisione LL propone ricorso per cassazione, mediante atti distinti, entrambi sottoscritti dal difensore di fiducia, avvocato Luca Cianferoni.
2.1. Il primo atto è articolato su due motivi. Nel primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 81 cpv. cod. pen. e 657, comma 4, cod. proc. pen, assume che il divieto di fungibilità, richiamato dal giudice territoriale, non avrebbe ragione di applicarsi rispetto a LL, dovendosi considerare unico il reato associativo in relazione a cui l'espiazione era in corso. L'unicità deriverebbe dall'avvenuto riconoscimento della continuazione già in sede di cognizione, nel giudizio definito ad opera della seconda sentenza sopra citata. Una contraria interpretazione renderebbe inutile il riconoscimento della continuazione, e condurrebbe LL a scontare una pena maggiore di quella realmente inflitta. Nel secondo motivo il ricorrente - per l'ipotesi del mancato recepimento di una tale interpretazione - eccepisce l'illegittimità costituzionale della disciplina codicistica, per contrasto con svariati parametri della Carta repubblicana, e con l'art. 7 CEDU. Disconoscere nella specie l'unicità della pena espianda, e privare così l'istituto della continuazione di effetti pratici, sarebbe esito ermeneutico illogico e contraddittorio con la ratio dell'istituto, ingiustamente pregiudizievole per la libertà personale, nonché contrario ai principi di tassatività della fattispecie penale, di prevedibilità e irretroattività della risposta sanzionatoria e di finalizzazione della pena all'esigenza di risocializzazione.
2.2. Nel secondo atto il ricorrente deduce profili di contraddittorietà della motivazione. L'ordinanza impugnata avrebbe negato il presupposto della unicità di condotta, testualmente risultante dalla sentenza di riconoscimento della continuazione, e implicitamente desumibile dal provvedimento che, nelle more del relativo processo, aveva dichiarato la perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi dell'art. 300, comma 4, cod. proc. pen., dopo aver constatato che la pena come sopra unificata aveva ecceduto la detenzione complessiva, ricomprendente l'espiazione imputabile al primo titolo. Sarebbe inoltre violata la giurisprudenza di questa Corte, la quale affermerebbe che - ai fini dell'applicazione dell'art. 657, comma 4, cod. proc., onde stabilire se la fungibilità possa operare rispetto a pena riferibile a un reato associativo contestato senza espressa indicazione della data di cessazione della permanenza - il giudice dell'esecuzione debba verificare se realmente questa si sia protratta sino alla condanna di primo grado, o si sia arrestata antecedentemente ai periodi di custodia cautelare sofferta o di pena espiata senza titolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Emerge dagli atti che PE LL sia stato condannato: - con sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria 11 luglio 2002, irrevocabile il 4 novembre 2003, in