Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 23/12/2020, n. 29455

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 23/12/2020, n. 29455
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 29455
Data del deposito : 23 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

e SENTENZA sul ricorso 16212-2019 proposto da: MINISTERO DELL' ISTRUZIONE, DELL UNIVERSITA' E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA,

ALLA VIA DEI PORTOGHESI

12;

- ricorrente -

contro

ESPOSITO IMMACOLATA, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE

9, presso lo studio dell'avvocato E L, rappresentata e difesa dall'avvocato A A;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 421/2019 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 12/03/2019 R.G.N. 5563/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2020 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE';
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato PAOLA DE NUNTIS.

FATTI DI CAUSA

1. I E, già docente a tempo determinato e poi transitata in ruolo, ha agito davanti al Tribunale di Torino per far accertare il diritto al corretto inquadramento di anzianità, secondo la cadenza temporale delle corrispondenti fasce retributive (0-2;
3-8;

9-14 etc.) preesistenti, rispetto alle modifiche apportate con il C.C.N.L. del 4.8.2011, con il quale è stata eliminata la prima fascia, modificandosi così la cadenza dell'anzianità (divenuta 0-8;

9-14 etc.). Il Tribunale di Torino, ritenuta la sussistenza dei relativi presupposti, ha impostato procedimento ex art. 64 d.p.r. 165/2001 coinvolgendo le parti sindacali ed ha quindi provveduto con sentenza non definitiva, dichiarando la nullità dell'art. 2, co. 2 e 3 del CCNL comparto scuola 4 agosto 2011 nella parte in cui prevedono il mantenimento delle fasce di anzianità preesistenti per il solo personale a tempo indeterminato e non per il personale a tempo determinato che abbia maturato la medesima anzianità di servizio. Il Tribunale ha ritenuto che tale conclusione fosse resa necessaria dall'osservanza della norma imperativa di cui all'art. 6 d. Igs. 368/2001, di derivazione eurounitaria, nonché dall'assenza di ragioni obiettive idonee a giustificare la disparità di trattamento.

2. Il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca (d'ora in poi: MIUR) ha proposto ricorso immediato ai sensi dell'art. 64 d. Igs. 165/2001 con due motivi, resistiti dalla controparte con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il MIUR adduce la violazione e/o falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell'art. 2, co. 2 e 3 C.C.N.L. comparto scuola del 4 agosto 2011, nonché degli artt. 1362, 1363 e 1364 c.c. Il secondo motivo denuncia invece, sempre ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione della clausola 4 dell'Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE, nonché degli artt. 485, 489 e 569 d. Igs. 297/1994 e dell'art. 2697 c.c. Il Ministero sostiene in sostanza, da diversi punti di vista, che la ragione obiettiva atta a giustificare il diverso trattamento è da individuare nel piano straordinario di assunzioni di docenti a tempo indeterminato, finanziariamente non sostenibile, se non riducendo l'incidenza dell'anzianità per i neoassunti. Il MIUR rimarca altresì come, in un'ottica di bilanciamento, diverso era da ritenere l'affidamento maturato dai docenti già di ruolo, con riguardo al mantenimento delle fasce preesistenti, rispetto al sacrificio richiesto ai docenti precari — consistente nella riduzione delle fasce stipendiali nei loro confronti — tanto più che tale sacrificio poteva considerarsi compensato dal suddetto piano straordinario di assunzioni.

2. Preliminarmente, va detto che la sentenza sulla (sola) questione pregiudiziale inerente alla contrattazione collettiva va certamente impugnata in via autonoma rispetto alla pronuncia sul merito. Al di là del fatto che si tratti di sentenza inerente soltanto ad una "questione", certamente non opera l'art. 360, co. 3, c.p.c. (secondo cui non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono «di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio»), essendo espressamente previsto dall'art. 64, co. 3, d. Igs. 165/2001 che la sentenza sull'accertamento pregiudiziale debba essere impugnata per cassazione con ricorso «immediato» ed entro «sessanta giorni dalla comunicazione» e che sia emessa sentenza sulla «sola» questione pregiudiziale, con disciplina palesemente speciale che non consente di ragionare in termini diversi da quelli di una, come detto doverosa, impugnazione immediata. Al punto che, per il caso contiguo di cui all'art. 420-bis c.p.c., si è ritenuto che la decisione del profilo pregiudiziale in una con il merito sia addirittura ostativo al ricorso per cassazione per saltum quale regolato in quella sede dall'art. 64, co. 3 cit. (Cass 24 settembre 2010, n. 20238).

3. Ciò posto, deve procedersi preliminarmente alla verifica in ordine alla pertinenza di quanto oggetto del giudizio rispetto alle fattispecie per le quali è consentito il ricorso allo speciale procedimento di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi nel pubblico impiego, ai sensi dell'art. 64 d.p.r. 165/2001. Per quanto in effetti il procedimento si apra sulla base di un'ordinanza che la norma definisce come "non impugnabile", ciò non esclude infatti che il menzionato controllo vada comunque svolto, in sede di legittimità ed anche d'ufficio. L'ordinanza è in effetti non impugnabile, ma solo all'interno del subprocedimento instaurato dal Tribunale. Viceversa, una volta che si giunga alla definizione con sentenza del profilo incerto (Cass. 20 gennaio 2006, n. 1076), quest'ultima, anche rispetto ai presupposti che consentono l'applicazione del procedimento speciale, è non solo impugnabile, ma anche controllabile in sede di legittimità, qualora in concreto una delle parti proponga ricorso per cassazione anche per altri motivi (per un caso sotto questo profilo analogo, v. Cass. 28 aprile 2014, n. 9343). Ciò è indubbiamente giustificato dalla efficacia rafforzata che deriva dalla decisione, allorquando essa promani dalla Suprema Corte, secondo quanto delineato dall'art. 64, co. 7, nel senso che, in altri giudizi tra altre parti, un nuovo subprocedimento accertativo secondo le modalità in esame può avere luogo non più in presenza soltanto di una seria e reale questione interpretativa (presupposti che, secondo Corte Cost. 7 giugno 2002, n. 233 e Corte Cost. 5 giugno 2003, n. 1999 stanno alla base del procedimento;
in senso analogo, v. Cass. 15 maggio 2008, n. 12328), ma soltanto qualora il giudice ritenga di non adeguarsi a quanto statuito in sede di legittimità, al punto che la pronuncia finale è stata intesa come tale da consentire di pervenire ad una sorta di «rimozione erga omnes della situazione di incertezza» (Corte Cost. 199/2003 cit.), o, secondo quanto più puntualmente precisato da questa Corte (Cass. 25 giugno 2014, n. 14356) rispetto al contiguo ambito dell'art. 420-bis c.p.c., come «strumento processuale volto a provocare una pronuncia tendenzialmente capace di "vincolare" - in realtà, di orientare - tutti i giudici investiti, anche in futuro, della medesima questione», mancando, in effetti, «per i giudici diversi da quello che ha pronunciato la sentenza .... un vero e proprio vincolo interpretativo, che del resto non sarebbe compatibile con il precetto dell'art. 101 Cost., comma 2, che vuole i giudici essere soggetti soltanto alla legge»). Procedendo quindi a tale doveroso controllo sui presupposti del procedimento, si rileva come essi consistano, per un verso, nel fatto che «sia necessario» (art. 64 cit., co. 1) risolvere la questione riguardante il contratto collettivo al fine di dirimere la controversia (requisito di rilevanza, di cui si dirà anche in prosieguo) e, per altro verso, che si tratti di questione relativa alla efficacia, validità o interpretazione di esso (presupposti della particolare fattispecie processuale). Per i fini appena enunciati è peraltro necessario ricostruire dapprima la portata della sentenza impugnata e, quindi, la fattispecie interessata ed il suo regime giuridico.
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