Cass. civ., SS.UU., sentenza 02/07/2004, n. 12137

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Massime3

In tema di devoluzione delle controversie di pubblico impiego al giudice ordinario, è manifestamente infondata, in riferimento all'art. 76 Cost. sotto il profilo dell'eccesso di delega, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 45, comma diciassettesimo, del D.Lgs. n. 80 del 1998 (ora, art. 69, comma settimo, del D.Lgs. n. 165 del 2001, che recepisce la disciplina introdotta con il D.Lgs. n. 29 del 1993) nella parte in cui, nel devolvere al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni con decorrenza dal 30 giugno 1998, mantiene ferma la giurisdizione del giudice amministrativo anche in relazione a situazioni giuridiche soggettive maturate prima della entrata in vigore del nuovo riparto, ma non ancora azionate. Infatti, la legge di delega n. 421 del 1992, in base alla quale è stato emanato il D.Lgs. n. 29 del 1993, nel fare riferimento alla futura attribuzione al giudice ordinario delle controversie in materia, aveva affidato alla discrezionalità del legislatore delegato l'individuazione dei tempi e delle modalità del trasferimento senza imporre un rigido criterio di corrispettività tra privatizzazione del rapporto di pubblico impiego e devoluzione delle controversie al giudice ordinario. E nello stesso senso va interpretato l'art. 11, comma quarto, della legge n. 59 del 1997, che, nel conferire la delega alla base del D.Lgs. n.80 del 1998, non si è limitato ad indicare nel 30 giugno 1998 la data del trasferimento di competenze, prevedendo altresì l'adozione di misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso. In tale contesto, deve ritenersi altresì intrinsecamente ragionevole, e quindi manifestamente rispettosa dell'art. 3 della Costituzione, nonché dell'art. 97 Cost., la scelta compiuta dal legislatore delegato, poiché essa, in quanto destinata ad operare, in punto di giurisdizione, solo su questioni attinenti a periodi più recenti, risponde a concrete esigenze di attenuazione del rischio di eccessivo incremento del numero delle controversie destinate a riversarsi sul nuovo giudice e perciò anche al generale principio di buon andamento delle funzioni pubbliche, ivi compresa quella giurisdizionale. Nè la determinazione di un preciso discrimine temporale fra quanto definitivamente conservato alla giurisdizione amministrativa, sia pure sotto comminatoria di decadenza, e quanto trasferito alla giurisdizione ordinaria, arreca "vulnus" al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., sotto il profilo della formale parità di trattamento, ne' ai principi di cui agli artt. 24 e 113 Cost., in quanto, come emerge dalla costante giurisprudenza costituzionale( v., tra le altre, sentt. n.500 del 1995, 238 del 1984, 55 del 1983, 113 del 1977), allorché venga in rilievo la variazione nel tempo delle forme della tutela processuale, da un lato è da riconoscersi che la successione delle leggi, purché rispondente a criteri di ragionevolezza, non può mai porsi come fonte di illegittime discriminazioni, costituendo di per sè il fluire del tempo un fattore di disomogeneità delle situazioni poste a confronto; dall'altro, la garanzia di azione in giudizio per ottenere protezione dei propri diritti o interessi non richiede necessariamente l'uniformità degli strumenti a tal fine apprestati dal legislatore.

La soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psico - fisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'Amministrazione, è strettamente subordinata all'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nel caso di controversia avente per oggetto una questione relativa al periodo del rapporto antecedente al 30 giugno 1998, mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Al fine di tale accertamento, non possono invocarsi come indizi decisivi della natura contrattuale dell'azione ne' la semplice prospettazione della inosservanza dell'art. 2087 cod. civ., ne' la lamentata violazione di più specifiche disposizioni strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro, allorché il richiamo all'uno o alle altre sia compiuto in funzione esclusivamente strumentale alla dimostrazione dell'elemento psicologico del reato di lesioni colpose e/o della configurabilità dell'illecito. Ma una siffatta irrilevanza di detto richiamo dipende da tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito, ossia da una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso; mentre, ove la condotta dell'amministrazione si presenti con caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto di impiego, la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio, poiché l'ingiustizia del danno non è altrimenti configurabile che come conseguenza delle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto medesimo si articola e si svolge. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con riguardo alla controversia promossa da alcuni lavoratori nei confronti della Gestione commissariale delle Ferrovie del Sud - Est, per ottenere il risarcimento dei danni provocati dal comportamento della predetta datrice di lavoro, che aveva loro impedito il godimento del riposo settimanale).

Il rapporto di lavoro degli addetti ad una ferrovia in concessione, in seguito alla revoca della concessione ed al suo affidamento ad una gestione governativa, integra un rapporto di pubblico impiego in quanto di nuovo riferibile allo Stato e non ad un'impresa distinta dalla sua organizzazione pubblicistica, senza che sulle conseguenti ricadute in tema di giurisdizione esplichi alcun effetto il nuovo quadro normativo offerto dall'art. 2 della legge n. 662 del 1996, atteso che l'azienda in gestione commissariale sopravvive all'affidamento della gestione del servizio alla SpA Ferrovie dello Stato e la titolarità dei rapporti di lavoro continua ad intercorrere tra la gestione governativa ed i suoi dipendenti, così mantenendosi la natura pubblicistica.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 02/07/2004, n. 12137
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12137
Data del deposito : 2 luglio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G A - Primo Presidente f.f. -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. P R - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. D N L F - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
Dott. E S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAPRARA NICOLA, MICOLI PIETRO, MICOLI COSIMO, D'ELIA PIETRO, MARANGI TOMMASO, MATARRESE ORONZO, SGOBBA ANDREA, ETTORRE GIACINTO, COLUCCIA MARIO, ETTORRE VITO, LANZILLOTTA GIORGIO, CHIALÀ GIOVANNI, MICOLI FRANCESCO, CARDONE GIORGIO, CONVERTINI GIOVANNI, CAPONE VITO, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE PASTEUR

70, presso lo studio dell'avvocato C T, rappresentati e difesi dagli avvocati BIAGIO DI PALMA, DOMENICO CASAMASSIMA, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrenti -


contro
FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE CARROZZE

3, presso lo studio dell'avvocato ANGELO R. SCHIANO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato LUCIO RICCARDI, giusta delega a margine del controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 254/02 della Corte d'Appello di BARI, depositata il 14/03/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/04 dal Consigliere Dott. Stefanomaria EVANGELISTA;

uditi gli Avvocati Biagio DI PALMA, Angelo R. SCHIANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PALMIERI

Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso con conferma del G.A..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I lavoratori in epigrafe menzionati, con ricorso depositato il 16 ottobre 1997 presso la cancelleria del Pretore di Bari, in funzione di giudice del lavoro, premesso che la Gestione delle Ferrovie del Sud - Est, datrice di lavoro, aveva loro impedito il godimento del riposo settimanale, la evocavano in giudizio chiedendone la condanna al risarcimento del danno provocato da tale illecito comportamento, nella misura di un trentesimo della retribuzione mensile per ogni giornata corrispondente alla mancata fruizione della suddetta pausa della loro prestazione, nell'arco del decennio precedente la proposizione del ricorso gerarchico di omologo contenuto. Si costituiva la Gestione commissariale governativa delle Ferrovie del Sud - Est e resisteva alla domanda, chiedendone il rigetto. Il giudice adito, ritenuto che, all'epoca dei fatti di causa, il rapporto di impiego dei suddetti lavoratori con la Gestione governativa dell'azienda già concessionaria del servizio aveva natura pubblicistica, dichiarava il difetto di giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria.
I lavoratori, senza porre in discussione la qualificazione pubblicistica del rapporto, proponevano gravame alla Corte d'appello di Bari, sul rilievo che l'azione esercitata aveva natura extracontrattuale, sicché rispetto ad essa il rapporto stesso aveva una funzione meramente occasionale e non causale, dovendosi il petitum sostanziale identificare nella responsabilità aquiliana e penale dell'azienda, colpevole dell'illecita condotta denunciata. L'appello era rigettato con sentenza depositata in cancelleria il 22 novembre 2001 e notificata il 1^ febbraio 2002, che ribadiva la natura contrattuale dell'azione risarcitoria proposta dai lavoratori. Questi ultimi ricorrono, ora, per la cassazione della sentenza, sulla base di due motivi, poi illustrati con memoria.
Resiste con controricorso la s.r.l. Ferrovie del Sud - Est e servizi automobilistici (nelle more subentrata alla cessata Gestione commissariale sopra indicata).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Entrambi i motivi di ricorso (sebbene solo il secondo faccia riferimento espresso al n. 1 dell'art. 360 cod. proc. civ.) sono funzionali all'assunto della sussistenza della giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria, sotto il profilo dell'identificazione di un petitum sostanziale cui sarebbe estraneo il rapporto di lavoro, di natura pubblicistica, intrattenuto con la Gestione governativa delle Ferrovie del Sud - Est.
Invero, il primo motivo denuncia l'errore in cui sarebbe incorso il giudice a quo nell'affermare che oggetto della controversia è l'inadempimento, da parte della datrice di lavoro, di un'obbligazione tipica del rapporto di lavoro subordinato, laddove la mancata concessione del riposo settimanale - in relazione alle norme che comminano al riguardo sanzioni penali, al precetto costituzionale che impone l'irrinunciabilità del riposo stesso ed alle esigenze di tutela dell'integrità psico - fisica del lavoratore - concreta un illecito extracontrattuale.
Il secondo motivo riprende, da altro angolo visuale, il medesimo tema, sottolineando che la pretesa dei lavoratori non si identifica nel diritto alla retribuzione del lavoro prestato nel settimo giorno, ma nel ristoro del pregiudizio subito a causa di tale prestazione, sicché rispetto ad essa il rapporto di lavoro non assume rilievo causale, ma soltanto occasionale, così come non rileva che il danno consegua ad una determinazione organizzativa di un soggetto con personalità di diritto pubblico, atteso che la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. non viene meno neanche nel caso in cui l'azione autoritativa di un ente siffatto abbia prodotto la lesione, non di un diritto soggettivo, ma di un interesse legittimo.
È, pertanto, agevole rilevare, in primo luogo, che i ricorrenti non pongono in discussione la suindicata natura del loro rapporto di lavoro, almeno per l'arco di tempo che rileva ai fini della presente controversia: l'accertamento al riguardo compiuto già dal primo giudice ed implicitamente confermato in appello, infatti, non è stato mai contestato, ne' in sede di gravame, ne' nella presente sede di legittimità, ed anzi ha sempre rappresentato il necessario presupposto del costante assunto difensivo teso ad identificare il fondamento della domanda nella responsabilità extracontrattuale della convenuta.
Del resto, della suddetta natura non è dato dubitare, giusta il costante orientamento espresso dalle Sezioni unite, le quali ne hanno fatto affermazione anche con specifico riguardo al lavoro prestato alle dipendenze della Gestione commissariale governativa delle Ferrovie del Sud - Est, in applicazione del principio generale per cui il rapporto di lavoro degli addetti ad una ferrovia in concessione, a seguito della revoca della concessione stessa ed al suo affidamento ad una gestione governativa, integra un rapporto di pubblico impiego in quanto di nuovo riferibile allo Stato e non ad un'impresa distinta dalla sua organizzazione pubblicistica, senza che sulle conseguenti ricadute in tema di giurisdizione esplichi alcun effetto il nuovo quadro normativo offerto dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, atteso che l'azienda in gestione commissariale
sopravvive all'affidamento della gestione del servizio alla S.P.A. Ferrovie dello Stato e la titolarità dei rapporti di lavoro continua ad intercorrere tra la gestione governativa ed i suoi dipendenti, così mantenendosi la natura pubblicistica (v., per tutte e da ultima, Cass., sez. un., 21 luglio 2001, n. 9969). La Corte rileva, poi, che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie in materia di pubblico impiego non trova deroga nei casi in cui la violazione della regola del rapporto venga dedotta a fini di pretese risarcitorie, allorché il rapporto stesso funzioni da momento genetico diretto ed immediato dei diritti che si assumono disconosciuti o lesi dall'ente pubblico in pregiudizio del dipendente (Cass., sez. un., 27 febbraio 2002, n. 2882;
Id., 11 luglio 2000, n. 471;
Id., 27 agosto 1998, n. 8501;
Id., 27 ottobre 1995, n. 11171 ecc.). Peraltro, aspetti peculiari presenta il tema dell'azione promossa da un dipendente nei confronti dell'ente pubblico suo datore di lavoro per il risarcimento del danno derivante dalla lesione di beni primari come quello dell'integrità psico - fisica, che sono oggetto di protezione generale, nei confronti di qualsiasi cittadino, a prescindere dall'attualità del suddetto rapporto di lavoro. Le Sezioni unite hanno da tempo elaborato il principio per cui deve essere accertata la natura giuridica dell'azione di responsabilità che in concreto è stata proposta, in quanto, se è stata fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - trattandosi di controversia avente per oggetto una questione relativa al periodo del rapporto antecedente al 30 giugno 1998: v. l'art. 69, settimo comma, D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 - mentre, se è stata dedotta la responsabilità
extracontrattuale, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario (Cass. Sez. Un. 28 luglio 1998 n. 7394 e Cass. Sez. Un. 4 novembre 1996 n. 9522). Ben vero, è stato aggiunto che, ai fini del suddetto accertamento, deve tenersi conto, da un lato, del rilievo autonomo e prioritario della tutela del diritto assoluto alla vita ed all'integrità fisica e, dall'altro lato, non possono invocarsi come indizi decisivi della natura contrattuale dell'azione ne' la semplice prospettazione dell'inosservanza dell'art. 2087 Cod. civ., ne' la lamentata violazione di più specifiche disposizioni strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro, allorché il richiamo all'uno od alle altre sia compiuto in funzione esclusivamente strumentale alla dimostrazione dell'elemento psicologico del reato di lesioni colpose e/o della configurabilità dell'illecito (cfr. tra le moltissime, Cass., SS.UU., 14 dicembre 1999, n. 900, 28 luglio 1998, n. 7394;
4 novembre 1996, n. 9522;
19 giugno 1996, n. 5626;
2 agosto 1995, n. 8459
: 10 novembre 1979, n. 5781). Ma si è, nondimeno, sempre precisato (sia da parte della giurisprudenza appena citata, sia da quella successiva, la quale continua fare eccezione per i casi di non equivoca scelta del danneggiato per l'azione di responsabilità contrattuale: v. Cass. sez. un. 27 giugno 2002, n. 9341;
Id. 21 dicembre 2000, n. 1324;
Id., 11 luglio 2000, n. 471) che una siffatta irrilevanza del richiamo dipende da tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito, ossia da una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente così nei confronti della generalità dei cittadini, come nei confronti dei propri dipendenti, essendo in tal caso palese che il rapporto di lavoro può non eccedere i limiti della mera occasione di un evento dannoso, il quale può ugualmente interessare soggetti estranei al rapporto stesso.
Viceversa, quante volte la condotta dell'amministrazione si presenti con caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati dal rapporto di impiego, la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio, poiché l'ingiustizia del danno non è altrimenti configurabile che come conseguenza della violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto medesimo si articola e si svolge.
Tale è il caso in cui il danno consegua a comportamenti che l'Amministrazione datrice di lavoro ponga in essere nell'esercizio del potere di supremazia gerarchica verso il lavoratore subordinato, impartendogli ordini, disposizioni e direttive ovvero assegnandogli compiti e posizioni nell'ambito della propria struttura organizzativa.
Ed in questo contesto, come è ormai evidente, si inserisce anche la presente vicenda litigiosa, assumendosi dai ricorrenti che il danno lamentato tu prodotto dalla soppressione del riposo settimanale, ossia da disposizioni organizzative destinate ad incidere esclusivamente sulla sfera giuridica dei lavoratori dipendenti, la cui qualità, alla stregua delle superiori osservazioni, costituiva, quindi, elemento essenziale della causazione del pregiudizio lamentato e non la mera occasione del medesimo.
A questi principi è del tutto conforme la sentenza impugnata, le cui statuizioni devono, pertanto, trovare integrale conferma. Del tutto inconferente è l'assunto dei ricorrenti in ordine alla rilevanza penale dell'illecito, atteso che la gravità della violazione nulla toglie alla natura contrattuale dell'obbligazione avente ad oggetto la concessione del riposo settimanale e semplicemente presidia, con un regime rafforzato, la garanzia di adempimento;
così come l'inderogabilità delle disposizioni di legge sul diritto del lavoratore alle pause della prestazione e la relativa protezione costituzionale non collocano affatto fuori del contratto l'area delle contrapposte situazioni giuridiche soggettive identificabili al riguardo, ma hanno la funzione di produrre, rispettivamente, la nullità di clausole contrattuali o l'illegittimità costituzionale di leggi difformi. Va, da ultimo, precisato, a completamento dell'iniziale accenno, che la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non è contestabile, relativamente alla presente controversia, con riguardo alla vicenda normativa inerente alla contrattualizzazione dell'impiego pubblico ed al conseguente trasferimento delle relative controversie alla giurisdizione ordinaria.
Orbene, l'art. 68 del d.lgs. n. 29 del 1993, come novellato dall'art. 29 d.lgs. n. 80 del 1998 (oggi art. 63 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche"), nel trasferire alla giurisdizione ordinaria le controversie in materia di impiego pubblico, non opera in modo indiscriminato ed immediato, ma esclude dal trasferimento quelle che, sebbene introdotte successivamente all'entrata in vigore del detto D.Lgs. n. 80 del 1998, abbiano ad oggetto questioni attinenti al periodo del rapporto di impiego pubblico anteriore al 30 giugno 1998, come espressamente stabilito dall'art. indicata dall'art. 45, comma 17^, dello stesso D.Lgs. n. 80 del 1998 (ed oggi dall'art. 69, settimo comma, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001).
Le Sezioni unite della S.C., interpretando questa disposizione, hanno rilevato (Cass., sez. un., 20 novembre 1999, n. 808;
Id., 5 febbraio 1999, n. 35;
Id., 26 agosto 1998, n. 8451;
Id., 30 dicembre 1998, n. 12908;
Id. 27 gennaio 1999, n. 4) che essa, facendo menzione di "di questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998" ovvero "anteriore a tale data", utilizza una locuzione volutamente generica e atecnica, sicché risulta inadeguata un'opzione ermeneutica che colleghi rigidamente il discrimine temporale del trasferimento delle controversie alla giurisdizione ordinaria ad elementi come la data del compimento, da parte dell'amministrazione, dell'atto di gestione del rapporto che abbia determinato l'insorgere della questione litigiosa, oppure l'arco temporale di riferimento degli effetti di tale atto o, infine, il momento di insorgenza della contestazione. Viceversa "l'accento va posto sul dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze - così come posti a base della pretesa avanzata -, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia".
Nel caso in esame, attesa la data dell'atto introduttivo del giudizio (ottobre 1997) e l'inequivoco riferimento del medesimo al comportamento tenuto dall'Amministrazione fra il 1986 ed il 1997, in quest'ultimo deve, secondo l'esposta nozione, deve individuarsi il fatto materiale cui attengono le questioni controverse, con conseguente operatività della norma transitoria di proroga della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Alla persistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nei limiti temporali suindicati, non è d'ostacolo la circostanza che la controversia è stata introdotta davanti al giudice ordinario e che è ormai scaduto il termine del 15 settembre 2000, posto dal legislatore, sotto pena di decadenza, per l'introduzione delle controversie transitoriamente conservate alla suddetta giurisdizione esclusiva: invero, per effetto di consolidata giurisprudenza delle Sezioni unite, è diritto vivente quello che prevede essere stata fissata la data ora indicata, non quale limite alla persistenza (relativamente alle questioni caratterizzate dagli esposti requisiti temporali) della giurisdizione suddetta, ma quale termine di decadenza per la proponibilità della domanda giudiziale, con conseguente attinenza di ogni questione sul punto ai limiti interni della giurisdizione, senza che rilevi la diversa formula usata dall'art. 69, settimo comma, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001 (... "qualora siano state proposte" ...), rispetto a quella già presente nell'art. 45, comma 17^, del d. lgs. n. 80 del 1998 (..."e debbono essere proposte" ...), trattandosi di una differenza semantica giustificata non da una nuova ratio della disciplina sopravvenuta, bensì soltanto dall'essere stata superata, al momento dell'emanazione del provvedimento normativo più recente, la data presa in considerazione (v., ex multis, Cass., sez. un., 4 luglio 2002, n. 9690;
Id., 17 giugno 2002, n. 8700;
Id., 4 giugno 2002, n. 8089). Il delineato regime della giurisdizione manifestamente non pone dubbi di incostituzionalità.
Le Sezioni unite hanno già avuto modo di rilevare (ord. 27 febbraio 2002, n. 2953) che la discrezionalità del legislatore delegato circa l'individuazione dei tempi e delle modalità di sottrazione al giudice amministrativo delle controversie in materia di pubblico impiego è stata esercitata in piena coerenza con la delega di cui alle leggi n. 421 del 1992 (che non impone alcun rigido ed assoluto "principio di contestualità" fra tale trasferimento e la privatizzazione dei rapporti in questione) e n. 59 del 1997, il cui art. 11, comma quarto, non si è limitato ad indicare nel 30 giugno 1998 la data entro la quale le dette controversie dovevano essere attribuite al giudice ordinario, ma ha previsto l'adozione di "misure organizzative e processuali anche di carattere generale, atte prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso", fra le quali ben possono annoverarsi quelle relative alla conservazione della giurisdizione amministrativa per le controversie su questioni comunque attinenti al periodo anteriore alla predetta data. In questo contesto, come si chiarisce il sostanziale rispetto dei principi della delega (art. 76 Cost.), così si giustifica l'affermazione dell'intrinseca ragionevolezza (art. 3 Cost.) della scelta compiuta dal legislatore delegato, poiché essa, in quanto destinata ad operare, in punto di giurisdizione, solo su questioni attinenti a periodi più recenti, risponde a concrete esigenze di attenuazione del rischio di eccessivo incremento del numero delle controversie destinate a riversarsi sul nuovo giudice e perciò anche al generale principio di buon andamento delle funzioni pubbliche, ivi compresa quella giurisdizionale (art. 97 Cost.). Va, inoltre, rilevato che la determinazione di un preciso discrimine temporale fra quanto definitivamente conservato alla giurisdizione amministrativa, sia pure sotto comminatoria di decadenza, e quanto trasferito alla giurisdizione ordinaria certamente non arreca vulnus allo stesso principio di uguaglianza, sub specie della formale partita di trattamento, ne' a quelli di cui agli artt. 24 e 113 Cost., in quanto, come emerge da constante giurisprudenza della Corte
costituzionale (v., ex multis, sentt. nn. 500 del 1995;
238 del 1984
;

55 del 1983;
113 del 1977), allorché venga in rilievo la variazione nel tempo delle forme della tutela processuale, da un lato è da riconoscersi che la successione delle leggi, purché risponda - come nel caso di specie - a crateri di ragionevolezza, non può mai porsi come fonte di illegittime discriminazioni, costituendo di per sè il fluire del tempo un fattore di disomogeneità delle situazioni poste a confronto;
e, dall'altro lato, che la garanzia di azione in giudizio per ottenere protezione dei propri diritti o interessi non richiede necessariamente l'uniformità degli strumenti a tal fine apprestati dal legislatore.
D'altra parte ed infine, una volta escluso che le esaminate norme di previsione suscitino dubbi di illegittimità nella parte in cui disciplinino direttamente il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo ed ordinario, diviene irrilevante, per difetto della necessaria pregiudizialità, ogni dubbio di incostituzionalità in ordine alle medesime, nella parte in cui attengono ai limiti interni della giurisdizione, poiché le relative questioni si caratterizzerebbero per la presenza di tale ineludibile requisito solo a condizione della loro proposizione davanti al giudice dotato della giurisdizione.
In conclusione, deve essere dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con conseguente rigetto del ricorso. La complessità delle questioni controverse, resa palese sia dal nutrito e variegato corso della giurisprudenza in materia, sia dai profondi mutamenti della disciplina del lavoro pubblico privatizzati e delle conseguenti ricadute in tema di giurisdizione, fa ritenere sussistenti giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

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