Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/04/2012, n. 6328
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In tema di illeciti disciplinari riguardanti i magistrati, costituisce comportamento gravemente scorretto nei confronti dei colleghi, ai sensi dell'art. 2, comma primo, lett. d), del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, l'avere anticipato al difensore della parte interessata il prevedibile rigetto di un'istanza a causa dell'orientamento contrario degli altri componenti del collegio, attesa la (almeno potenziale) violazione del segreto della camera di consiglio, concretizzabile anche prima dell'adozione del provvedimento, e l'indebita attribuzione ai colleghi del previsto esito del procedimento.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Primo Presidente f.f. -
Dott. M C F - Presidente di sez. -
Dott. P L - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. T S - rel. Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. V R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CT. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA 2012 TERENZIO 1, presso lo studio dell'avvocato A G, che la rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 137/2011 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 12/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/02/2012 dal Consigliere Dott. S T;
udito l'Avvocato COMO SERGIO per delega ABBAMONTE;
udito il PM. in persona dell'avvocato Generale Dott. CICCOLO P P M, che ha concluso per l'inammissibilità o comunque rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 12 ottobre 2011, a seguito dell'udienza dell'8 aprile 2011, la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura dichiarava la responsabilità della dott. CT. , presidente di sezione del Tribunale di Napoli, relativamente agli illeciti disciplinari di cui era stata incolpata, con esclusione del riferimento ad alcuni degli episodi contestati, rispetto ai quali invece la assolveva, e infliggeva la sanzione disciplinare della censura.
L'incolpazione, consistente in sintesi nell'addebito di avere tenuto un comportamento abitualmente e gravemente scorretto, e in alcuni casi anche ingiurioso, nei confronti di altri magistrati della sezione e, in un caso, di un collaboratore dell'ufficio, era stata articolata nei seguenti due capi, con cui la C era stata incolpata:
A) dell'illecito disciplinare di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n.109, art. 1, comma 1, e art. 2, comma 1, lett. d), perché, in
violazione dei doveri generali di correttezza, riserbo ed equilibrio e di rispetto della dignità delle persone, nello svolgimento della funzione di presidente della 9^ sezione penale del Tribunale di Napoli, teneva un comportamento abitualmente e gravemente scorretto nei confronti di altri magistrati della medesima sezione e di collaboratori dell'ufficio;
in particolare: - 1) nel corso dell'udienza del 9 marzo 2010, nel contesto della discussione in merito a una misura cautelare reale, essendosi manifestato nel collegio un disaccordo sulla decisione da adottare, la dott.ssa C iniziava ad urlare, affermando che "non occorreva perdere tempo a fare le cose per bene" poiché "il sistema della giustizia non funziona ed è inutile impegnarsi";
quindi si rivolgeva alla dott.ssa PF. , giudice a latere, dicendole: "ma tu che cazzo
vuoi? Che cazzo devi leggere? Vuoi fare le cose alla perfezione?
Tanto qui finisce sempre tutto con dichiarazioni di prescrizione... mi avete abboffato le palle";
- 2) nel corso della medesima udienza del 9 marzo 2010, nel contesto della discussione di altro processo (n. 13034/09 RG), risultando in minoranza in merito alla decisione da adottare, la dott.ssa C preannunciava che si sarebbe auto- assegnata la stesura della motivazione (come poi in effetti avvenuto) e alludeva alla redazione di una motivazione "suicida", in modo da verificare se la decisione avrebbe "retto" nei gradi successivi, e, alle rimostranze dei colleghi componenti il collegio, replicava: "non preoccupatevi, la scriverò a regola d'arte, non come fate voi";
- 3) in occasione di altra udienza, nel corso della quale la dott.ssa G.M.P , giudice a latere, aveva espresso l'intenzione di rivolgere una domanda a un testimone che stava per essere licenziato, diceva: "E vabbè, questa vuole fare una domanda";
- 4) in altra circostanza, la dott.ssa C , rivolgendosi a un avvocato, manifestava pubblicamente le posizioni assunte dai componenti del collegio in un procedimento di esecuzione e, alludendo al due giudici a latere F..P e G..D.G. ,
affermava: "Avvocato, ma questi due non sono d'accordo";
- 5) in data 13 aprile 2010, in occasione della trattazione di un processo (c.d. "Calciopoli"), avendo le dott.sse M.P.G. e PF. , colleghe della sezione e componenti del
collegio, manifestato taluni dubbi in merito alle possibili conseguenze che il prossimo trasferimento delle stesse ad altri uffici avrebbe potuto determinare sul prosieguo del processo, la dott.ssa C , in presenza di altri magistrati dell'ufficio, replicava affermando che a lei non interessava nulla e aggiungeva:
"Tanto ve ne andate voi e arrivano altri due animali al posto vostro", poi puntualizzando che per animali intendeva esseri animati e che peraltro lei aveva grande considerazione per il mondo animale;
- 6) in data 27 ottobre 2009, in occasione della trattazione del suddetto processo, nel cui ambito era stata formulata nei suoi confronti una duplice istanza di ricusazione da parte della Procura della Repubblica, alla domanda della collega dott.ssa F..P che le chiedeva se avesse valutato la possibilità di una dichiarazione di astensione, la dott.ssa C ribatteva, con tono adirato e urlando, che non si doveva permettere di dire una cosa del genere, che la responsabilità della seconda ricusazione era della stessa dott.ssa P per avere sostenuto l'inammissibilità delle costituzioni di parte civile e che comunque erano fatti che non la riguardavano, aggiungendo che in Tribunale nessuno faceva niente, nessuno lavorava e i processi si prescrivevano;
quindi, alle rimostranze della dott.ssa Ro..C , presente, che le ricordava l'impegno dei colleghi, la dott.ssa C ribatteva intimandole di stare zitta;
- 7) ancora in data 27 ottobre 2009, dopo che la dott.ssa CRo. (in procinto di essere trasferita) aveva incaricato la sig.ra L.M.S. , ausiliario A1 in servizio presso la 9^ sezione penale, di contattare telefonicamente il Dott. Pi. , dirigente della Squadra Mobile di Napoli, per sollecitare una indagine urgente a lui affidata, in vista della definizione dei processi pendenti in tempo utile prima del trasferimento, la dott.ssa C , irritata per il ritardo del cancelliere in aula, giungendo nel corso della conversazione tra la Sig.ra L. e il dirigente di Polizia, si rivolgeva urlando verso la prima, intimandole di posare il telefono e, togliendole la cornetta del telefono, interrompeva la comunicazione;
a seguito dell'episodio, la Sig.ra L. - assente la dott.ssa C - aveva una crisi di pianto;
8) in altra circostanza, conversando con la dott.ssa CRo. , all'epoca giudice addetto alla 9^ sezione penale, avendo la stessa comunicato di avere formulato domanda per il trasferimento in Cassazione, la dott.ssa C ribatteva: "Ma sì, in Cassazione ci vanno cani e porci, ci puoi andare anche tu";
- 9) in data 2 marzo 2010, avendo precedentemente ricevuto per conoscenza, quale presidente titolare della sezione, una missiva datata 12 febbraio 2010 a firma dei collega della sezione dott. G.D.G. , indirizzata al dirigente della cancelleria e nella quale era segnalato un rilevante disguido relativo alla notifica di un estratto contumaciale di sentenza al difensore di un imputato nonché un successivo ritardo nell'inoltro al magistrato di una segnalazione del medesimo difensore, la dott.ssa C , rivolta al collega D.G. , disapprovando la nota di quest'ultimo, affermava:
"Io al posto tuo non avrei scritto", e, alle repliche del collega, in presenza di terzi, iniziava a inveire nei confronti dello stesso, affermando che la lettera l'aveva "cestinata senza leggerla" nonché, urlando, che "lui non poteva pretendere nulla da lei, non essendo presidente".
B) dell'illecito disciplinare di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n.109, art. 4, comma 1, lett. d), in relazione agli artt. 594 e 595 cod. pen., perché, con le condotte indicate nel capo A) che precede,
punti 1, 2, 5 e 8, offendeva la dignità e la reputazione professionale dei destinatari delle dichiarazioni da lei rese, quali sopra specificate, serbando un contegno idoneo a ledere la propria immagine di magistrato e tale da rendere obiettivamente impossibile il normale svolgimento dell'attività della sezione. L'assoluzione ha riguardato i fatti di cui ai punti 2), 6) e 9) del capo A) e il capo b) relativamente ai fatti di cui ai richiamati punti 1) e 2) del capo A).
Al riguardo la Sezione disciplinare in sintesi ha osservato che:
- non era rimasta, comprovata l'affermazione della incolpata sulla redazione da parte sua di una sentenza suicida e le espressioni usate dalla medesima nel corso dell'episodio non superavano la soglia della rilevanza disciplinare, anche per l'assenza di toni aggressivi e della interpretabilità delle parole usate nel senso di una battuta ironica priva di carattere offensivo (punto 2);
- la reazione dell'incolpata alla formulata ipotesi di una sua astensione dal processo era consistita in sostanza in un invito alla collega a non interferire sulla questione e la scortesia dei toni concitati non superava la soglia di rilevanza disciplinare, tenuta anche presente la situazione di stress conseguente alla presentazione di due istanze di ricusazione nei suoi confronti (punto 6);
- non era ravvisabile una grave scorrettezza nella posizione di non condivisione assunta relativamente alla nota del collega D.G. in merito ad alcune sviste della cancelleria, e l'eventuale sgradevolezza dei toni adoperati non poteva ritenersi offensiva, stante anche l'incertezza sulle parole effettivamente pronunciate (punto 9);
- le espressioni di cui al punto 1), pur gravemente scorrette, non erano dirette ad offendere la reputazione professionale della dott. P .
Sulla ritenuta responsabilità della dott. C riguardo alle altre parti delle incolpazioni, la Sezione disciplinare, dopo avere ricordato che tutte le dichiarazioni attribuite all'incolpata erano state inizialmente riportate in una relazione di servizio della dott. P e del dott. D.G. , rilevava che i fatti erano stati
confermati dagli