Cass. pen., sez. III, sentenza 02/04/2021, n. 12731
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: F S nato a FRIGNANO il 06/08/1956 B A nato a SAN CASCIANO IN VAL DI PESA il 02/05/1956 P P nato a SIENA il 29/.05/1966 P A nato a SIENA il 07/11/1963 avverso la sentenza del 04/05/2018 della CORTE APPELLO di FIRENZEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere GASTONE ANDREAZZA;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIANLUIGI PRATOLA che ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi;ricorso trattato ai sensi ex art 23, comma 8 del D.L. n. 137/2020. RITENUTO IN FATTO 1.F S, B A, P P e P A hanno proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello di Firenze del 4 maggio 2018 che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Siena in data 26/01/2016, ha dichiarato estinti per prescrizione i reati di cui ai capi b), d), e), f), g), i), e m) dell'imputazione, confermando la pronuncia di condanna quanto al reato di cui all'art.481 cod. pen. di cui al capo I) nonché la disposta confisca dei terreni e delle opere abusivamente realizzati 2. Con un primo motivo di ricorso F S deduce, quanto alla disposta confisca dei terreni e delle opere abusivamente realizzate (in relazione al reato di lottizzazione abusiva di cui al capo b) dell' imputazione), la violazione degli artt. 35, 39 e 57 del d.lgs. n. 231 del 2001 in relazione agli artt. 369-bis e 415-bis cod. proc. pen. e 44, comma 2, del d.P.R n. 380 del 2001 per non essere la "Immobiliare Palagetto S.r.l.", rappresentata dall'imputato, stata posta in grado di partecipare al procedimento, non avendo ricevuto alcun avviso e non potendo tale omissione essere supplita dalle notifiche all'imputato stante quanto previsto dall'art. 39 cit. secondo cui l'ente partecipa al procedimento con il proprio rappresentante, salvo che lo stesso sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo. Di qui la nullità assoluta e la illegittimità della disposta confisca applicata a persone non parti del procedimento in violazione dell'art.7 Convenzione edu, come anche ritenuto dalla Corte EDU nella pronuncia G.I.E.M. contro Italia. 2.1. Con un secondo motivo lamenta che la Corte d'appello, avendo erroneamente ritenuto che per il reato di cui sub b) sia stato condannato il solo Bartok Adriano, abbia omesso ogni motivazione sui motivi di appello proposto quanto a detto reato da F e Bartali quali legali rappresentanti della F Edil, prima, e Immobiliare Palagetto poi, proprietarie dei terreni e delle opere abusive, con conseguente nullità della sentenza limitatamente al reato di cui al capo b) e illegittimità della disposta confisca. 3. Con un primo motivo di ricorso B A lamenta la violazione dell'art.129 cod. proc. pen. e la manifesta illogicità e mancanza della motivazione circa la sussistenza dei presupposti di proscioglimento nel merito quanto ai reati sub e), g) e m) dell'imputazione, non avendo in particolare considerato i motivi di appello dedotti con riferimento ad ognuno di essi e in particolare incentrati sulla sua estraneità agli abusi edilizi (capi e) e g)) e sulla inesistenza del dovere di denuncia (capo m). 3.1. Con un secondo motivo, relativo al capo b), denuncia la violazione degli artt. 30 e 44 del dpr n. 380 del 2001 in relazione alla motivazione impiegata per dare conto, al di là della maturata prescrizione, della sussistenza nel merito del reato necessaria per potere disporre la confisca. In particolare la sentenza avrebbe valutato il solo profilo oggettivo del reato e non anche, come necessario alla luce della giurisprudenza ai fini di disporre la confisca, quello soggettivo, essendo stata dedotta con i motivi di appello la mancanza di colpa in chi si limiti ad attuare le norme urbanistiche deliberate dall'Amministrazione cui appartiene. 3.2. Con un terzo motivo, sempre relativo al capo b), deduce la violazione degli artt. 30 e 44 cit. e la manifesta illogicità e mancanza della motivazione quanto alla sussistenza del reato di lottizzazione;in particolare richiama i motivi di appello con cui si era dedotto che l'area oggetto dell'intervento apparteneva alla zona b) di cui al d.m. n. 1444 del 1968 per la quale l'art. 29 del regolamento urbanistico stabiliva l'attuazione secondo le schede allegate allo stesso con necessità invece dell'approvazione di un piano attuativo solo nel caso di soluzioni sostanzialmente diverse rispetto alle indicazioni grafiche nella planimetria, come ritenuto anche dalla relazione del capo del settore edilizia e urbanistica ing. G e dalla relazione del consulente tecnico della difesa, sicché il permesso di costruire era conforme alla disciplina urbanistica ammissiva dell'intervento diretto. A fronte di ciò la sentenza impugnata si sarebbe limitata a sostenere che la mera sussistenza del permesso a costruire non sarebbe stata di ostacolo alla configurazione del reato di lottizzazione. 3.3. Con un quarto motivo ha dedotto la violazione degli artt. 30 e 44 cit nonché dell'art. 41 quinquies I. n. 1150 del 1942 - in particolare avend-o la sentenza impugnata, come già lamentato con l'atto di appello, erroneamente considerato vigente tale ultima norma nonostante ad essa abbiano fatto seguito disposizioni regionali che hanno diversamente governato la materia e che devono ritenersi espressione del potere regionale di governo del territorio ex art. 117 Cost. In particolare, rileva come, alla stregua dell'art. 55 comma 4 della legge regionale n. 1 del 2005 (e dei correlati artt. 67 e 208), ai fini della necessità del piano attuativo, il criterio della densità urbanistica e dell'altezza di cui alla I. n. 1150 del 1942 sia stato sostituito da quello regionale della complessità e rilevanza degli interventi, con conseguente legittimità del PRG del Comune di Poggibonsi ammissivo dell'intervento edilizio diretto e applicato, correttamente, dall'imputato. 3.4. Con un ultimo motivo lamenta la disposta confisca nei confronti dalla proprietaria Immobiliare Palagetto, mai intervenuta nel procedimento penale in violazione dell'art. 7 Convenzione EDU. 4. Con un primo motivo comune ad entrambi i ricorrenti P P e P A deducono la violazione degli artt. 181 e 429 cod. proc. pen. per indeterminatezza dei capi di imputazione sub h), i) e I) nel decreto che ha disposto il giudizio di primo grado. In particolare, nel capo h) sarebbe stata menzionata la violazione della normativa sull'altezza massima dei fabbricati frontistanti in presenza di strade ma sarebbe stata descritta altra fattispecie regolamentare (C. 4.1 D.M. 1996), ingenerando confusione. Nel capo i) sarebbe stata parzialmente omessa la descrizione del contenuto della dichiarazione prestampata nel modulo di preavviso scritto di deposito progetto;infine, nel capo I), si sarebbe omessa l'indicazione della falsità sia con riferimento alla data della comunicazione di ultimazione lavori sia con riguardo al contenuto della certificazione di conformità, non essendo stato riportato quanto prestampato a tal fine nella modulistica in uso all'epoca. Aggiungono che a seguito della relativa eccezione il G.u.p. disponeva la correzione di quelli che venivano ritenuti errori materiali. Deducono infine che, riproposta l'eccezione con l'atto di appello, la motivazione della sentenza impugnata avrebbe omesso del tutto di rispondere quanto al capo h) relativo alla contravvenzione sismica mentre, quanto ai capi i) e I), avrebbe erroneamente ritenuta esaustiva l'indicazione degli atti che si contesta asseverino il falso ideologico : la mancata indicazione si risolve infatti in una lesione del diritto di difesa che può sottostimare fatti rilevanti da provare o eccedere invece con inutile dispendio di mezzi. 4.1. Con un secondo motivo riguardante il solo P P, deducono la violazione dell'art. 129 cod. proc. pen, per avere, in relazione al capo i), la sentenza dichiarato la prescrizione e non invecd assolto nel merito per il reato di falso necessariamente doloso;infatti, dall'esame della sentenza di primo grado era desumibile immediatamente la mancanza della prova del dolo nell'immutazione della verità dei fatti oggetto della asseverazione, di competenza e responsabilità certificativa, del progettista, laddove il dolo non sussiste quando il fatto non veritiero sia agevolmente rilevabile con una verifica tecnica e/o un riscontro degli elaborati progettuali, dovendo in tal caso versarsi in ipotesi di errore tecnico macroscopico non punibile. In particolare il progetto architettonico depositato in Comune e approvato dallo stesso con il rilascio del permesso di costruire prevedeva le distanze di matrice edilizio-urbanistica controllate e ritenute corrette dall'Autorità amministrativa a ciò preposta. E l'asseverazione in calce al deposito del Genio Civile dell'ottobre 2008 contestata all'imputato sarebbe stata frutto del legittimo affidamento riposto dal tecnico progettista strutturale sulla conformità del progetto architettonico, già assentito dal Comune ai fini urbanistici e di pianificazione territoriale, alla normativa urbanistica ed edilizia, come tale idoneo ad escludere la coscienza e volontà di rappresentare, attestare e certificare fatti non veri;si sarebbe trattato dunque per la Corte d'appello di limitarsi a constatare l'evidenza probatoria relativa. 4.2. Con un terzo motivo P A lamenta la inosservanza ed erronea applicazione, in relazione alla condanna per il reato di falso ex art. 481 cod. pen. sub capo I), degli artt. 15, 64 e 65 del d.P.R. 6/6/2001 n. 380 e degli artt. 106, 108 e 109 della legge regionale Toscana vigente all'epoca dei fatti, in relazione all'art. 481 cod. pen. per la condotta di falsa attestazione contenuta nella relazione di fine lavori e certificato di rispondenza. Infatti, la legislazione statale e regionale non impone che la relazione debba essere redatta ad ultimazione integrale di tutte le opere ricomprese in un intervento . progettuale assentito con atti autorizzativi e concessori della p.a. competente, ben potendo,come indicato anche dal dato normativo, essere predisposta anche con riferimento ad ultimazione di lavori relativi a "singole strutture" facenti parte di un complessivo intervento edificatorio. Nel caso di specie l'imputato avrebbe veritieramente attestato la conformità dell'opera strutturale ai requisiti richiesti dall'art. 64 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dall'art. 106 della legge regionale Toscana n. 1 del 2005 posto che la relazione avrebbe riguardato il solo "fine lavori parziale" e il "termine dei lavori strutturali dei blocchi 1 e 2", essendo pacifico, perché affermato dalla stessa sentenza, che i due edifici oggetto del permesso di costruire erano stati ultimati mentre il terzo era ancora in fase di realizzazione. Inoltre, atteso il profilo di responsabilità del direttore dei lavori come indicato dall'art. 64 cit., la falsa attestazione potrebbe riguardare le sole operazioni cui tale responsabilità si estenda.
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