Cass. civ., SS.UU., sentenza 17/12/2008, n. 29420

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Qualora sia stata proposta un'azione revocatoria ordinaria per fare dichiarare inopponibile ad un singolo creditore un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore e, in pendenza del relativo giudizio, a seguito del sopravvenuto fallimento del debitore, il curatore subentri nell'azione in forza della legittimazione accordatagli dall'art. 66 legge fallimentare, accettando la causa nello stato in cui si trova, la legittimazione e l'interesse ad agire dell'attore originario vengono meno, onde la domanda da lui individualmente proposta diviene improcedibile ed egli non ha altro titolo per partecipare ulteriormente al giudizio.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 17/12/2008, n. 29420
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 29420
Data del deposito : 17 dicembre 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. S S - Presidente di sezione -
Dott. E A - Presidente di sezione -
Dott. M M R - Presidente di sezione -
Dott. F M - Consigliere -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. R R - rel. Consigliere -
Dott. C F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D'ADDMIO FELICE, SALUTARI MRSILIA, elettivamente domiciliati in ROM, PIAZZA GIUNONE REGINA 1, presso lo studio degli avvocati C A, COLOMBINI DVID, rappresentati e difesi dall'avvocato C D, per delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro
FALLIMENTO DELLA C. & C. S.N.C. DI CARROZZO ANTONIO E CORIGLIANO MRIA ANTONIETTA, nonché CARROZZO ANTONIO, CORIGLIANO MRIA ANTONIETTA in proprio, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROM, VIA PUCCINI 10, presso lo studio dell'avvocato F G, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato A S, per delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

e contro
MURTAS MRIO;

- intimato -

sul ricorso 4089-2004 proposto da:
MURTAS MURO, elettivamente domiciliato in ROM, PIAZZA SAN GIOVANNI IN LATERANO 26, presso lo studio dell'avvocato CUGINI LANFRANCO - studio DE CARO, rappresentato e difeso dall'avvocato LAMNNA ROSSANA, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
FALLIMENTO DELLA C. & C. S.N.C. DI CARROZZO ANTONIO E CORIGLIANO MRIA ANTONIETTA, nonché CARROZZO ANTONIO, CORIGLIANO MRIA ANTONIETTA in proprio, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROM, VIA PUCCINI 10, presso lo studio dell'avvocato FERRI GIANCARLO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato A S, per delega a margine del controricorso al ricorso incidentale;

- controricorrente al ricorso incidentale -
e contro
D'ADDNIO FELICE, SALUTARI MRSILIA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 797/2003 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 19/06/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/11/2008 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;

uditi gli avvocati Rossana LAMNNA, Giancarlo FERRI;

udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale r.g. n. 1152/04;
accoglimento del ricorso incidentale r.g. n. 4089/04. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza emessa il 5 marzo 2002 il Tribunale di Torino accolse la domanda con cui il sig. Mauro M, qualificandosi creditore dei coniugi Antonio Carrozzo e Maria Antonietta Corigliano, aveva chiesto gli fosse dichiarato inopponibile, a norma dell'art.2901 c.c., l'atto mediante il quale i debitori avevano alienato
l'unico immobile di loro appartenenza al sig. Felice D'A, che ne aveva acquistato la nuda proprietà, ed alla sig.ra S Marsilia, che aveva acquisito l'usufrutto.
I convenuti proposero appello e, nel giudizio di secondo grado, intervenne il curatore del sopravvenuto fallimento dei coniugi Carrozzo, il quale chiese la conferma della sentenza del tribunale, previo accertamento della propria esclusiva legittimazione a proseguire nell'azione intrapresa dal sig. M, con estromissione di quest'ultimo dal giudizio.
La Corte d'appello di Torino, con sentenza depositata il 19 giugno 2003, dichiarò improcedibile l'azione del sig. M, essendovi ormai legittimata unicamente la curatela del fallimento, e rigettò il gravame proposto dai sigg. D'A e S contro la decisione di primo grado, condannandoli alla rifusione delle spese processuali in favore tanto del fallimento quanto del sig. M;

compensò invece dette spese i tra queste ultime parti. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i sigg. D'A e S, prospettando due motivi di doglianza, ai quali la curatela del fallimento ha resistito con controricorso. Altro controricorso è stato depositato dal sig. M, il quale ha altresì proposto un motivo di ricorso incidentale, cui tanto i ricorrenti principali quanto la curatela del fallimento hanno replicato con distinti controricorsi.
La prima sezione civile di questa corte, con ordinanza del 23 gennaio 2008, n. 1375, dopo aver proceduto alla riunione dei sopradetti ricorsi, ne ha sollecitato la rimessione alle sezioni unite per dirimere un ravvisato contrasto di giurisprudenza in ordine alla questione se, sopravvenuto il fallimento del debitore in pendenza di azione revocatoria ordinaria proposta da un singolo creditore a norma dell'art. 2901 c.c., l'intervento in giudizio del curatore a tutela degli interessi della massa faccia venir meno la legittimazione e l'interesse dell'originario attore a stare in giudizio, o se invece le due azioni possano concorrere.
I ricorsi sono stati quindi discussi all'odierna udienza dinanzi alle sezioni unite di questa corte.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. L'esame del ricorso incidentale formulato dal sig. M, che pone una questione logicamente preliminare rispetto a quelle formanti oggetto del ricorso principale, solleva l'interrogativo se, in conseguenza del sopravvenuto fallimento del debitore nei cui riguardi il creditore abbia vittoriosamente esercitato in primo grado un'azione revocatoria ordinaria, a norma dell'art. 2901 c.c., sia o meno consentito al curatore di subentrare all'attore in grado d'appello invocando la disposizione della L. Fall., art. 66 (che legittima il curatore ad esercitare la medesima azione revocatoria ordinaria secondo le norme del codice civile), e se tale subentro comporti l'improcedibilità dell'azione originariamente proposta dal singolo creditore.
È appunto per rispondere a siffatto interrogativo che i ricorsi sono stati portati all'esame delle sezioni unite, giacché le soluzioni offerte al riguardo dalla giurisprudenza di questa corte, da ultimo, non sono apparse univoche.

1.1. In passato si è ripetutamente affermato che, in casi del genere di quello sopra descritto, la legittimazione alla prosecuzione del giudizio spetta esclusivamente al curatore, e si è escluso che la partecipazione di costui al giudizio debba realizzarsi nella forma dell'intervento di terzo, perché il curatore agisce quale sostituto processuale della massa dei creditori, ormai carenti d'interesse e privati della legittimazione a proseguire l'azione;
con la conseguenza che gli effetti dell'azione, consistenti nell'inefficacia dell'atto di disposizione patrimoniale, sono destinati a prodursi non più a vantaggio del singolo creditore attore, bensì di tutti i creditori del fallito (si vedano, tra le altre, con alcune sfumature di differenza, ma conformi nella sostanza, Cass. n. 17943 del 2005, Cass. n. 11760 del 2002, Cass. n. 10921 del 2002, Cass. n. 10547 del 2002, Cass. n. 7119 del 1998, e Cass. n. 3485 del 1977). Tuttavia, in un caso in cui l'iniziativa processuale era stata assunta sin da principio dal curatore fallimentare, è stato giudicato ammissibile l'intervento adesivo dipendente del singolo creditore nello stesso giudizio sul rilievo che, con questo tipo d'intervento, il creditore non fa valere un autonomo diritto, ma si limita a sostenere le ragioni di una delle parti e potrebbe subire l'efficacia riflessa della sentenza (Cass. n. 18147 del 2002). Alla pronuncia da ultimo citata se ne è più di recente aggiunta un'altra, che ha esplicitamente manifestato il proprio dissenso rispetto all'orientamento in precedenza consolidato. Il dissenso - giova sottolinearlo - non concerne la sopravvenuta legittimazione del curatore, in ipotesi di fallimento del debitore convenuto in revocatoria dal singolo creditore, bensì l'affermazione secondo cui verrebbe in tal caso meno la concorrente legittimazione di quest'ultimo, perché : a - si è sostenuto - le due azioni possono concorrere e quella del creditore può eventualmente raccordarsi a quella della massa (Cass. n. 11763 del 2006). A tale orientamento si poi è richiamata anche un'ulteriore pronuncia che, muovendo appunto dal presupposto secondo cui l'azione revocatoria ordinaria può essere validamente proseguita dal singolo creditore nonostante il fallimento del debitore sopravvenuto dopo la sentenza di primo grado, ha riconosciuto al medesimo creditore, in caso di mancata costituzione del curatore nel giudizio d'appello, la legittimazione ad ottenere la declaratoria d'inefficacia dell'atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore e la possibilità di soddisfare il proprio credito mediante l'espropriazione forzata del bene oggetto di quell'atto (Cass. n. 5272 del 2008).

2. Il contrasto va risolto in base alle considerazioni che seguono.

2.1. Com'è noto, l'azione revocatoria ordinaria, contemplata dall'art. 2901 c.c. e segg., mira a rendere inopponibili al creditore gli atti con cui il debitore, disponendo del proprio patrimonio, lo sottrae in tutto o in parte alla garanzia del creditore medesimo mettendo così in pericolo il soddisfacimento delle ragioni di costui. Essa non incide sulla validità di quegli atti, ma (in presenza delle condizioni soggettive richieste a tal fine dalla legge) ne sterilizza gli effetti nei confronti del creditore che si sia avvalso di tale rimedio, consentendo perciò a costui di aggredire poi esecutivamente i beni usciti dal patrimonio del debitore come se vi fossero ancora compresi.
Pur non essendo quindi, in senso proprio, un'azione esecutiva, può ben dirsi che essa è naturalmente orientata a finalità esecutive, come inequivocabilmente testimonia il disposto dell'art. 2902 c.c.. Quando, però, il debitore sia un imprenditore commerciale e l'atto di disposizione da lui compiuto ne abbia causato (o aggravato) l'insolvenza, onde ne è seguita la dichiarazione di fallimento, il pregiudizio che giustifica l'esercizio dell'azione revocatoria si riflette necessariamente sulla posizione dell'intera massa dei creditori, le cui ragioni devono essere soddisfatte secondo le regole del concorso. Si spiega, quindi, come mai la L. Fall., art. 66, in tal caso, attribuisca al curatore, nell'interesse della massa, la legittimazione all'esercizio dell'azione revocatoria ordinaria, quale prevista dal citato art. 2901 c.c. e segg., in aggiunta all'azione revocatoria fallimentare

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