Cass. pen., sez. I, sentenza 27/12/2022, n. 49297
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MOCCIA ANGELO nato a AFRAGOLA il 25/07/1957 avverso l'ordinanza del 19/05/2022 del TRIB. LIBERTA' di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere C R;
lette le conclusioni del PG FRANCA ZACCO, che conclude chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore avv. S SO che conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. t Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 19 maggio 2022 il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l'ordinanza cautelare di applicazione della custodia in carcere nei confronti di A M emessa dal g.i.p. del Tribunale di Napoli in relazione, per ciò che qui rileva, ai reati di cui all'art. 416-bis cod. pen. commesso dal 1995 al 2019. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l'indagato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi, di seguito esposti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto per il periodo tra il 1995 ed il 28 novembre 2000 vi sarebbe ne bis in idem con precedente pronuncia che precluderebbe l'ulteriore esercizio dell'azione penale, in quanto il ricorrente sarebbe già stato condannato per la medesima fattispecie dalla Corte di assise di Napoli con sentenza del 28 novembre 2000 in un procedimento in cui la contestazione era formulata in modo aperto;
inoltre per il periodo dal 28 novembre 2000 al 15 aprile 2015, in cui il ricorrente si trovava detenuto in carcere, vi sarebbe violazione di legge perché la motivazione sulla partecipazione all'associazione sarebbe ricavata da mere congetture. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto non sarebbe stato tenuto conto delle dichiarazioni liberatorie dei collaboratori di giustizia Z e D D che avrebbero riferito quanto FgeSto loro dallo stesso ricorrente in carcere, ovvero che con la malavita aveva chiuso, nonché delle intercettazioni con esito favorevole tra cui quelle da cui risulta che il ricorrente voleva effettuare investimenti economici in altre regioni per creare un futuro migliore per la propria famiglia. Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto per il periodo dal 2015 al 2019 l'ordinanza si limita a ricavare i gravi indizi del reato associativo dalle condotte contestate come reati- fine di riciclaggio e reimpiego. Con il quarto motivo deduce il vizio di motivazione nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto la ordinanza avrebbe utilizzato un elemento di prova risalente al 1990 (un asserito ruolo nella realizzazione di un omicidio riferito al ricorrente dal collaboratore di giustizia Missi) quindi in un periodo fuori contestazione. Con motivo nuovo depositato il 17 ottobre 2022 il ricorrente impugna l'ordinanza del Tribunale del riesame anche per aver confermato la gravità indiziaria con riferimento al delitto di autoriciclaggio fondandola soltanto sull'esistenza di una contabilità occulta collegata ad investimenti riservati negli appalti di RFI, indizio non univoco e quindi privo di capacità dimostrativa.
3. E' stata chiesta la discussione orale. Con requisitoria orale il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr.ssa F Z, ha chiesto il rigetto del ricorso. Il difensore dell'indagato, avv. S S, ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è infondato. In esso si contesta il vizio di motivazione nella valutazione dei gravi inglizi di v t 3 Io;
iv colpevolezza, in quanto per il periodo tra il 1995 ed il 28 novembre 2000rCon precedente condanna della Corte di assise di Napoli pronunciata con sentenza del 28 novembre 2000 in un procedimento in cui la contestazione era formulata in modo aperto;
inoltre per il periodo dal 28 novembre 2000 al 15 aprile 2015, in cui il ricorrente si trovava detenuto in carcere, vi sarebbe violazione di legge perché la motivazione sulla partecipazione del ricorrente all'associazione sarebbe ricavata da mere congetture e smentita da numerose sentenze passate in giudicato. Il primo argomento contenuto nel ricorso sul periodo 1995 - 28 novembre 2000 è corretto in diritto, ma non è idoneo ad incidere sulla motivazione del Tribunale in punto di gravi indizi di colpevolezza. In questo procedimento A M, infatti, è raggiunto dalla contestazione di partecipazione ad associazione mafiosa per un periodo di ben 24 anni, che vanno dal 1995 al 2019. La difesa osserva correttamente che M è già stato condannato per lo stesso reato - uguale anche in fatto perché si tratta della partecipazione, in ipotesi accusatoria senza soluzione di continuità, al medesimo clan camorristico - con sentenza emessa dalla Corte d'assise di Napoli il 28 novembre 2000 in un giudizio in cui la contestazione era formulata nel seguente modo: "reato accertato fino all'agosto 1994, con condotte tuttora perduranti". In base agli indirizzi della giurisprudenza di legittimità (cfr. per tutte Sez. 2, Sentenza n. 680 del 19/11/2019, dep. 2020, D'Alessandro, Rv. 277788: in tema di reato associativo, l'accertamento contenuto nella sentenza di condanna delimita la protrazione temporale della permanenza del reato con riferimento alla data finale cui si riferisce l'imputazione ovvero alla diversa data ritenuta in sentenza, o, nel caso di contestazione c.d. aperta, alla data della pronuncia di primo grado,
lette le conclusioni del PG FRANCA ZACCO, che conclude chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore avv. S SO che conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. t Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 19 maggio 2022 il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l'ordinanza cautelare di applicazione della custodia in carcere nei confronti di A M emessa dal g.i.p. del Tribunale di Napoli in relazione, per ciò che qui rileva, ai reati di cui all'art. 416-bis cod. pen. commesso dal 1995 al 2019. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l'indagato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi, di seguito esposti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto per il periodo tra il 1995 ed il 28 novembre 2000 vi sarebbe ne bis in idem con precedente pronuncia che precluderebbe l'ulteriore esercizio dell'azione penale, in quanto il ricorrente sarebbe già stato condannato per la medesima fattispecie dalla Corte di assise di Napoli con sentenza del 28 novembre 2000 in un procedimento in cui la contestazione era formulata in modo aperto;
inoltre per il periodo dal 28 novembre 2000 al 15 aprile 2015, in cui il ricorrente si trovava detenuto in carcere, vi sarebbe violazione di legge perché la motivazione sulla partecipazione all'associazione sarebbe ricavata da mere congetture. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto non sarebbe stato tenuto conto delle dichiarazioni liberatorie dei collaboratori di giustizia Z e D D che avrebbero riferito quanto FgeSto loro dallo stesso ricorrente in carcere, ovvero che con la malavita aveva chiuso, nonché delle intercettazioni con esito favorevole tra cui quelle da cui risulta che il ricorrente voleva effettuare investimenti economici in altre regioni per creare un futuro migliore per la propria famiglia. Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto per il periodo dal 2015 al 2019 l'ordinanza si limita a ricavare i gravi indizi del reato associativo dalle condotte contestate come reati- fine di riciclaggio e reimpiego. Con il quarto motivo deduce il vizio di motivazione nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto la ordinanza avrebbe utilizzato un elemento di prova risalente al 1990 (un asserito ruolo nella realizzazione di un omicidio riferito al ricorrente dal collaboratore di giustizia Missi) quindi in un periodo fuori contestazione. Con motivo nuovo depositato il 17 ottobre 2022 il ricorrente impugna l'ordinanza del Tribunale del riesame anche per aver confermato la gravità indiziaria con riferimento al delitto di autoriciclaggio fondandola soltanto sull'esistenza di una contabilità occulta collegata ad investimenti riservati negli appalti di RFI, indizio non univoco e quindi privo di capacità dimostrativa.
3. E' stata chiesta la discussione orale. Con requisitoria orale il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr.ssa F Z, ha chiesto il rigetto del ricorso. Il difensore dell'indagato, avv. S S, ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è infondato. In esso si contesta il vizio di motivazione nella valutazione dei gravi inglizi di v t 3 Io;
iv colpevolezza, in quanto per il periodo tra il 1995 ed il 28 novembre 2000rCon precedente condanna della Corte di assise di Napoli pronunciata con sentenza del 28 novembre 2000 in un procedimento in cui la contestazione era formulata in modo aperto;
inoltre per il periodo dal 28 novembre 2000 al 15 aprile 2015, in cui il ricorrente si trovava detenuto in carcere, vi sarebbe violazione di legge perché la motivazione sulla partecipazione del ricorrente all'associazione sarebbe ricavata da mere congetture e smentita da numerose sentenze passate in giudicato. Il primo argomento contenuto nel ricorso sul periodo 1995 - 28 novembre 2000 è corretto in diritto, ma non è idoneo ad incidere sulla motivazione del Tribunale in punto di gravi indizi di colpevolezza. In questo procedimento A M, infatti, è raggiunto dalla contestazione di partecipazione ad associazione mafiosa per un periodo di ben 24 anni, che vanno dal 1995 al 2019. La difesa osserva correttamente che M è già stato condannato per lo stesso reato - uguale anche in fatto perché si tratta della partecipazione, in ipotesi accusatoria senza soluzione di continuità, al medesimo clan camorristico - con sentenza emessa dalla Corte d'assise di Napoli il 28 novembre 2000 in un giudizio in cui la contestazione era formulata nel seguente modo: "reato accertato fino all'agosto 1994, con condotte tuttora perduranti". In base agli indirizzi della giurisprudenza di legittimità (cfr. per tutte Sez. 2, Sentenza n. 680 del 19/11/2019, dep. 2020, D'Alessandro, Rv. 277788: in tema di reato associativo, l'accertamento contenuto nella sentenza di condanna delimita la protrazione temporale della permanenza del reato con riferimento alla data finale cui si riferisce l'imputazione ovvero alla diversa data ritenuta in sentenza, o, nel caso di contestazione c.d. aperta, alla data della pronuncia di primo grado,
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